Unità di Produzione – Ex Fabbrica Saviotti
La riqualificazione delle aree dismesse è un tema attuale che in particolare coinvolge le zone urbane periferiche, un tempo rappresentanti il cuore industriale di molte città.
Storiche zone milanesi come le ex aree Falck, Breda e Pirelli stanno oggi vivendo una fase di riconversione che le vede protagoniste della creatività milanese.
Credit:
- COMMITTENTE: Privato
- PROGETTO ARCHITETTONICO: Hypnos - Nicola Brembilla
- PROGETTO STRUTTURALE: Alberto Germani
- IMPRESA: Restauri Romeo
- IMMAGINI: Hypnos
Storiche zone milanesi come le ex aree Falck, Breda e Pirelli stanno oggi vivendo una fase di riconversione che le vede protagoniste della creatività milanese. È questo anche il caso anche dell’edificio dell’ex Fabbrica Saviotti, un’officina che all’inizio degli anni ’50 produceva forni industriali e che rimase abbandonata dopo la chiusura. Il fabbricato è stato inserito in un programma di riconversione atto a trasformarlo in un contenitore per spazi di coworking denominati “Unità di Produzione”. All’interno dell’ex capannone, il cui involucro è mantenuto invariato, sono stati innestati dei nuovi elementi architettonici in acciaio con l’intento di articolare la percezione dello spazio, regalandone una scoperta graduale scandita da quinte sceniche successive e progressive. Le operazioni di lavorazione che avvenivano in questa fabbrica, dove i forni erano issati nello spazio come elementi sospesi nel vuoto, hanno ispirato i progettisti nella loro reinterpretazione degli interni tanto da condurli a proporre dei soppalchi in ghisa, simili a delle scatole, appese a mezz’aria e che toccano terra solo in prossimità delle scale di accesso. Con lo stesso concetto è stato introdotto anche un secondo soppalco con il compito d’interrompere la continuità dell’intero capannone e proteggere la zona più interna degli uffici, senza nascondere la vista del carroponte originale ancora funzionante.
Una scala d’acciaio conduce al secondo soppalco e ne costituisce di fatto l’ingresso; quest’ultima è stata concepita come una soglia in cui lo spazio, ancora una volta, si racchiude per poi riaprirsi nella luminosa sala riunioni. La capriata industriale che sorregge la volta è segnata dalla scansione delle catene preesistenti che divengono l’elemento generatore di volumi modulari. Il capannone esistente era costituito integralmente da murature e volte laterizie, intonacate e mantenute nel progetto di riqualificazione, mentre per le parti ex novo la scelta è ricaduta su strutture in acciaio a telaio assemblate a secco. La maglia principale è formata da profili HEA 180, mentre quella secondaria è costituita da travi HEA 120 ed elementi scatolari in carpenteria metallica. Laddove possibile, la struttura è stata ancorata direttamente alle murature perimetrali, creando così l’effetto di sospensione dei mezzanini, un effetto rafforzato dalle balaustre e dai controsoffitti realizzati come placcature di lamiera occultanti: queste nascondono quanto c’è al loro interno e lasciano in evidenza solo i prismi nella loro interezza. Le vetrate sono opache ma al tempo stesso lucide da entrambi i lati, essendo retrolaccate di bianco su due lastre temperate da 8 mm.
I vetri alloggiano su profili a U in acciaio zincato, annegati nel pavimento. Infine, l’accesso al complesso è costituito da un alto portone in acciaio con movimento a bilico, affiancato da vetrate acidate.