Ristrutturazione ex scuola di Erto-Casso
Il comune di Erto e Casso ha avuto una tragica notorietà a partire da 1963 a causa del disastro del Vajont. Ancora oggi se ne ritrovano i segni, visibili anche nell’ex scuola di Casso, fortemente danneggiata dall’onda di risalita provocata dalla frana del monte Toc.
Credit:
- COMMITTENTE: Comune di Erto e Casso (PN)
- PROGETTO: Valentino Stella
- COLLABORATORI: Maurizio Olivier (progetto strutturale), Pietro Canton, SETEC di C. Barp e T. De Col, Paolo Pesce, Luca Brancher, Oscar Pivetti
- IMPRESE: Bellotto Impianti srl, Concordia Sagittaria (affidataria ed esecutrice)
- FOTOGRAFIE: Valentino Stella, Giacomo De Dona, Dolomiti contemporanee
Dopo cinquant’anni l’edificio riapre le porte al pubblico, in seguito ad un intervento di restauro, volto alla valorizzazione del legame passato-presente. Il progetto ha visto il recupero dell’ex edificio abbandonato attraverso un intervento a consumo di suolo zero, che ha portato al mantenimento dell’involucro esterno, di cui non vengono volutamente mascherati i segni del disastro nel rispetto della memoria collettiva.
L’edificio preesistente ha subito interventi di consolidamento delle murature, oltre alla realizzazione di un nuovo scheletro in cemento armato e dei solai, mentre le superfici controterra sono state sottoposte a opera di bonifica. È stata poi progettata una sopraelevazione in acciaio, un nuovo volume arricchito dalla presenza di un balcone panoramico per osservare da un punto privilegiato la diga e il panorama.
L’edificio ora ha nel complesso una superficie di 921 mq lordi e una volumetria pari a 3.150 mc. Al piano terra, ampliato verso il monte, sono situati l’ingresso e il presidio saltuario del medico di base. Il primo e il secondo piano sono spazi aperti dedicati a mostre ed esposizioni. In copertura, invece, spicca il balcone panoramico lungo in totale circa 16,5 metri e aggettante, rispetto al filo di facciata, di 4 metri. Sul tetto dell’edificio, oltre ad essere alloggiati i vani tecnici, è presente anche un impianto fotovoltaico a moduli monocristallini con potenza di 6,9 kWp.
Per realizzare la sopraelevazione il progettista ha optato per una struttura portante in acciaio, caratterizzata da una maggiore leggerezza rispetto a una soluzione tradizionale, allo scopo di evitare di appesantire i carichi sull’edificio esistente.
L’ultimo piano è costituito da pilastri HEA 160 incastrati ai solai e travi in acciaio di identica sezione che formano l’orditura della copertura; i nodi sono di tipo imbullonato (con bulloni di tipo 8.8 di classe M16). Il corpo che si protende a sbalzo è costituito da travi aperte in acciaio e da profili tubolari rettangolari metallici zincati a caldo con parapetti grigliati.
La riqualificazione in acciaio coinvolge anche la scala interna Ingombro e peso ridotto hanno fatto propendere nuovamente per questo materiale. A livello strutturale, la scala poggia su montanti continui imbullonati di dimensioni 100x200x5,4 mm e su una trave di sostegno (100x200x5,4 mm). I corrimani sono anch’essi metallici e a sezione rettangolare.
L’intervento è caratterizzato da un forte valore simbolico per la comunità e si manifesta attraverso i segni tangibili della storia: l’utilizzo dell’acciaio va proprio in questo senso e ha reso possibile l’insediamento di nuove funzioni oltre che l’inserimento di una nuova forma riconoscibile rispetto all’edificio esistente.