Architetture in Acciaio n° 24
La rivista italiana dell’architettura e delle costruzioni in acciaio
In questo numero
L'Acciaio nei progetti di Zaha Hadid Architects
Un filo conduttore lega il MAXXI (2002-2009) e il recentemente concluso Morpheus Hotel (2013-2018). Nei primi progetti dello studio risuona ancora l’eco suprematista legato all’avanguardia figurativa del primo ‘900 usata da Zaha come strumento di rappresentazione architettonica.
Le visioni della città e dello spazio costruito sono profondamente legate alla forma astratta di rappresentazione che consente una visione contemporanea del progetto sotto diverse angolazioni e materialità: le linee dell’architettura di Zaha erano profondamente legate al modo in cui aveva scelto di rappresentare la sua architettura. Il MAXXI era pensato come un campo di forze dove i parametri di controllo della forma architettonica e della struttura, erano la direzione e intensità dei tanti vettori che orientano le gallerie nello spazio e danno direzione al sistema distributivo delle scale metalliche interne.
Si assiste, nello Studio, dal MAXXI in poi, ad una lenta svolta nell’architettura di ZHA, non mi riferisco qui all’evoluzione da forme più spigolose e dinamiche a superfici morbide e fluide, ma al passaggio da un’architettura mono-materica, che si esprimeva con l’uso dominante del cemento armato per lo più faccia-vista, controllata da pochi parametri, per lo più vettoriali, all’uso di algoritmi secondo una metodologia parametrica applicata a tecnologie leggere dell’acciaio e a rivestimenti vetrati.
L’uso del parametricismo ha incoraggiato l’uso di tecnologie più flessibili ed immediatamente rispondenti nell’ambito della produzione controllata in officina e della prefabbricazione, avvicinando la ricerca di Zaha Hadid Architects a quella del settore High-Tech, proponendosi quali nuovi soggetti trainanti del settore. Attraverso il disegno architettonico avanzato, lo Studio ha aperto all’uso delle tecnologie in acciaio, del curtain wall, e si spinge, così facendo, nuovamente a monte della catena progettuale e produttiva.
Nel Morpheus, la geometria assume un ruolo generativo. Il progetto è caratterizzato da un ordine interno, il sistema gestisce la complessità, il BIM diventa parametrico, non si investe più nella produzione di oggetti tutti uguali, ma, con uguale efficienza, nella personalizzazione dei componenti indirizzati a diverse condizioni spaziali.
Nel Morpheus l’edificio è scandito dalla maglia tridimensionale della struttura metallica, privata degli elementi orizzontali, che vengono arretrati all’interno dei solai con l’uso di controventi nel piano degli stessi, le colonne verticali si piegano rispetto alla zenitale generando il tipico pattern “diamond shape” e la facciata si adegua mollemente alla superfice a doppia curvatura, governata da algoritmi che coniugano le istanze del design a quelle tecnologiche e al processo di pre-fabbricazione e costruttivo dell’opera.
All’inizio della progettazione, sono stati esplorati altri materiali per la costruzione dell’esoscheletro, si valutò anche, come possibile alternativa, il cemento. Oltre all’immagine di leggerezza che volevamo ottenere per l’edificio, e per la quale l’acciaio sembrava essere la scelta più congruente, i vantaggi dell’acciaio in contrapposizione all’uso del cemento erano numerosi. Questi vanno letti confrontandosi con l’estrema complessità strutturale dell’opera e soprattutto con la sua geometria, le cui tolleranze di fabbricazione e costruttive dovevano dialogare strettamente con quelle dei rivestimenti della facciata: Zaha amava dire che esistono altri trecentocinquantanove gradi, perché limitarsi ad uno solo!
Paolo Matteuzzi, Senior Associate Architect Zaha Hadid Architects
L'Acciaio nei progetti di Zaha Hadid Architects
Un filo conduttore lega il MAXXI (2002-2009) e il recentemente concluso Morpheus Hotel (2013-2018). Nei primi progetti dello studio risuona ancora l’eco suprematista legato all’avanguardia figurativa del primo ‘900 usata da Zaha come strumento di rappresentazione architettonica.
Le visioni della città e dello spazio costruito sono profondamente legate alla forma astratta di rappresentazione che consente una visione contemporanea del progetto sotto diverse angolazioni e materialità: le linee dell’architettura di Zaha erano profondamente legate al modo in cui aveva scelto di rappresentare la sua architettura. Il MAXXI era pensato come un campo di forze dove i parametri di controllo della forma architettonica e della struttura, erano la direzione e intensità dei tanti vettori che orientano le gallerie nello spazio e danno direzione al sistema distributivo delle scale metalliche interne.
Si assiste, nello Studio, dal MAXXI in poi, ad una lenta svolta nell’architettura di ZHA, non mi riferisco qui all’evoluzione da forme più spigolose e dinamiche a superfici morbide e fluide, ma al passaggio da un’architettura mono-materica, che si esprimeva con l’uso dominante del cemento armato per lo più faccia-vista, controllata da pochi parametri, per lo più vettoriali, all’uso di algoritmi secondo una metodologia parametrica applicata a tecnologie leggere dell’acciaio e a rivestimenti vetrati.
L’uso del parametricismo ha incoraggiato l’uso di tecnologie più flessibili ed immediatamente rispondenti nell’ambito della produzione controllata in officina e della prefabbricazione, avvicinando la ricerca di Zaha Hadid Architects a quella del settore High-Tech, proponendosi quali nuovi soggetti trainanti del settore. Attraverso il disegno architettonico avanzato, lo Studio ha aperto all’uso delle tecnologie in acciaio, del curtain wall, e si spinge, così facendo, nuovamente a monte della catena progettuale e produttiva.
Nel Morpheus, la geometria assume un ruolo generativo. Il progetto è caratterizzato da un ordine interno, il sistema gestisce la complessità, il BIM diventa parametrico, non si investe più nella produzione di oggetti tutti uguali, ma, con uguale efficienza, nella personalizzazione dei componenti indirizzati a diverse condizioni spaziali.
Nel Morpheus l’edificio è scandito dalla maglia tridimensionale della struttura metallica, privata degli elementi orizzontali, che vengono arretrati all’interno dei solai con l’uso di controventi nel piano degli stessi, le colonne verticali si piegano rispetto alla zenitale generando il tipico pattern “diamond shape” e la facciata si adegua mollemente alla superfice a doppia curvatura, governata da algoritmi che coniugano le istanze del design a quelle tecnologiche e al processo di pre-fabbricazione e costruttivo dell’opera.
All’inizio della progettazione, sono stati esplorati altri materiali per la costruzione dell’esoscheletro, si valutò anche, come possibile alternativa, il cemento. Oltre all’immagine di leggerezza che volevamo ottenere per l’edificio, e per la quale l’acciaio sembrava essere la scelta più congruente, i vantaggi dell’acciaio in contrapposizione all’uso del cemento erano numerosi. Questi vanno letti confrontandosi con l’estrema complessità strutturale dell’opera e soprattutto con la sua geometria, le cui tolleranze di fabbricazione e costruttive dovevano dialogare strettamente con quelle dei rivestimenti della facciata: Zaha amava dire che esistono altri trecentocinquantanove gradi, perché limitarsi ad uno solo!
Paolo Matteuzzi, Senior Associate Architect Zaha Hadid Architects
Un filo conduttore lega il MAXXI (2002-2009) e il recentemente concluso Morpheus Hotel (2013-2018). Nei primi progetti dello studio risuona ancora l’eco suprematista legato all’avanguardia figurativa del primo ‘900 usata da Zaha come strumento di rappresentazione architettonica.
Le visioni della città e dello spazio costruito sono profondamente legate alla forma astratta di rappresentazione che consente una visione contemporanea del progetto sotto diverse angolazioni e materialità: le linee dell’architettura di Zaha erano profondamente legate al modo in cui aveva scelto di rappresentare la sua architettura. Il MAXXI era pensato come un campo di forze dove i parametri di controllo della forma architettonica e della struttura, erano la direzione e intensità dei tanti vettori che orientano le gallerie nello spazio e danno direzione al sistema distributivo delle scale metalliche interne.
Si assiste, nello Studio, dal MAXXI in poi, ad una lenta svolta nell’architettura di ZHA, non mi riferisco qui all’evoluzione da forme più spigolose e dinamiche a superfici morbide e fluide, ma al passaggio da un’architettura mono-materica, che si esprimeva con l’uso dominante del cemento armato per lo più faccia-vista, controllata da pochi parametri, per lo più vettoriali, all’uso di algoritmi secondo una metodologia parametrica applicata a tecnologie leggere dell’acciaio e a rivestimenti vetrati.
L’uso del parametricismo ha incoraggiato l’uso di tecnologie più flessibili ed immediatamente rispondenti nell’ambito della produzione controllata in officina e della prefabbricazione, avvicinando la ricerca di Zaha Hadid Architects a quella del settore High-Tech, proponendosi quali nuovi soggetti trainanti del settore. Attraverso il disegno architettonico avanzato, lo Studio ha aperto all’uso delle tecnologie in acciaio, del curtain wall, e si spinge, così facendo, nuovamente a monte della catena progettuale e produttiva.
Nel Morpheus, la geometria assume un ruolo generativo. Il progetto è caratterizzato da un ordine interno, il sistema gestisce la complessità, il BIM diventa parametrico, non si investe più nella produzione di oggetti tutti uguali, ma, con uguale efficienza, nella personalizzazione dei componenti indirizzati a diverse condizioni spaziali.
Nel Morpheus l’edificio è scandito dalla maglia tridimensionale della struttura metallica, privata degli elementi orizzontali, che vengono arretrati all’interno dei solai con l’uso di controventi nel piano degli stessi, le colonne verticali si piegano rispetto alla zenitale generando il tipico pattern “diamond shape” e la facciata si adegua mollemente alla superfice a doppia curvatura, governata da algoritmi che coniugano le istanze del design a quelle tecnologiche e al processo di pre-fabbricazione e costruttivo dell’opera.
All’inizio della progettazione, sono stati esplorati altri materiali per la costruzione dell’esoscheletro, si valutò anche, come possibile alternativa, il cemento. Oltre all’immagine di leggerezza che volevamo ottenere per l’edificio, e per la quale l’acciaio sembrava essere la scelta più congruente, i vantaggi dell’acciaio in contrapposizione all’uso del cemento erano numerosi. Questi vanno letti confrontandosi con l’estrema complessità strutturale dell’opera e soprattutto con la sua geometria, le cui tolleranze di fabbricazione e costruttive dovevano dialogare strettamente con quelle dei rivestimenti della facciata: Zaha amava dire che esistono altri trecentocinquantanove gradi, perché limitarsi ad uno solo!
Paolo Matteuzzi, Senior Associate Architect Zaha Hadid Architects