Architetture in Acciaio n° 43
La rivista italiana dell’architettura e delle costruzioni in acciaio

In questo numero
Abbracciare la storia e l’innovazione in architettura
Parlando dei grandi architetti con cui aveva collaborato, Cecil Balmond (ARUP) diceva
“… I’m indebted … As with all creativity there are no boundaries and their architectural
imaginations influenced my own explorations” – Come non condividere!
L’essenza della partecipazione ad un progetto di architettura, ma anche l’essenza di ogni
progetto di strutture, il solo modo per uscire dall’angusto spazio del dimensionamento
è volere/sapere entrare nello spazio sconfinato della creatività.
Un viaggio in compagnia di una cultura che vada oltre le regole della disciplina,
per conoscere e trasmettere agli altri il valore dello structural conceptual design.
Per riprendere quella strada dei “bei tempi andati della scuola di ingegneria italiana”
(Casabella, 1986), quotidianamente dispersa in una ingegneria difensiva, preoccupata
solo di non contraddire norme scritte una volta per ogni costruzione, riproponendo
soluzioni standardizzate ereditate da esperienze che, quando furono fatte, rappresentavano
l’innovazione ed il coraggio.
Ripensare al senso ed al perché si possano/debbano creare strutture resistenti per forma
o strutture resistenti per inerzia, ripensare al modo con cui il “passeggero sforzo normale,
o momento di forza, o taglio…” attraversa i canali statici della costruzione; leggere
ed immaginare la tridimensionalità del comportamento della costruzione, non solo
della struttura: l’ingegneria può portare ciò dentro al progetto di architettura, partecipando
da protagonista alla formazione delle idee. Sarà allora naturale per tutti gli attori convergere
sul fatto che arte, scienza e tecnica sono la ricetta del valore della costruzione,
senza antagonismi, oltre ogni gerarchia.
Il progetto è ricerca e la sartorialità delle scelte è l’icona principe della creatività.
In parallelo, insieme, i progettisti scelgono il materiale, e quando, come nel caso
del Viola Park, i grandi sbalzi indirizzano al controllo della deformabilità molto più che non
a quello della resistenza, allora l’acciaio può giocare un ruolo fondamentale.
Prima c’è il “momento delle ideazioni”, e solo dopo viene quello delle “verifiche”;
abbandonare il primo per concentrarsi solo sul secondo, magari con lo strapotere
del software, vuol dire uscire dal protagonismo del progetto ed entrare nello scenario
“del servizio” nel senso deteriore del termine, anche quando questo veste i panni sfavillanti
delle più sofisticate modellazioni.
I grandi progetti di architettura, ma anche quelli più piccoli, sono fatti da “compagni di
viaggio” (Renzo Piano) che percorrono con coraggio, curiosità e cultura la strada della
creatività; chi avrà il primato dell’idea lo dirà il campo, fuori da competizioni tra progettisti
e professioni che hanno solo il sapore stucchevole della retroguardia.
Il progetto non vive aspettando il giorno dell’inaugurazione o della narrazione social:
l’inaugurazione è il giorno del Committente e di tutti gli altri, non è il giorno del progettista che
sta già pensando ad altro, magari nella solitudine che spesso accompagna le scelte più ardite.
Rispetto a quella che si sta inaugurando, pensa solo a ciò che non rifarebbe perché
“… nel necessario processo a ritroso per la verifica delle previsioni, s’afferma con
naturalezza la preziosa esigenza, terminato il lavoro, di riandare col pensiero alle cose fatte
di esaminare i risultati in controluce, ripensando alle ipotesi, alle semplificazioni ed al
significato fisico delle operazioni eseguite” (Piero Pozzati).
Giovanni Cardinale, Fonder GPA partners
Parlando dei grandi architetti con cui aveva collaborato, Cecil Balmond (ARUP) diceva
“… I’m indebted … As with all creativity there are no boundaries and their architectural
imaginations influenced my own explorations” – Come non condividere!
L’essenza della partecipazione ad un progetto di architettura, ma anche l’essenza di ogni
progetto di strutture, il solo modo per uscire dall’angusto spazio del dimensionamento
è volere/sapere entrare nello spazio sconfinato della creatività.
Un viaggio in compagnia di una cultura che vada oltre le regole della disciplina,
per conoscere e trasmettere agli altri il valore dello structural conceptual design.
Per riprendere quella strada dei “bei tempi andati della scuola di ingegneria italiana”
(Casabella, 1986), quotidianamente dispersa in una ingegneria difensiva, preoccupata
solo di non contraddire norme scritte una volta per ogni costruzione, riproponendo
soluzioni standardizzate ereditate da esperienze che, quando furono fatte, rappresentavano
l’innovazione ed il coraggio.
Ripensare al senso ed al perché si possano/debbano creare strutture resistenti per forma
o strutture resistenti per inerzia, ripensare al modo con cui il “passeggero sforzo normale,
o momento di forza, o taglio…” attraversa i canali statici della costruzione; leggere
ed immaginare la tridimensionalità del comportamento della costruzione, non solo
della struttura: l’ingegneria può portare ciò dentro al progetto di architettura, partecipando
da protagonista alla formazione delle idee. Sarà allora naturale per tutti gli attori convergere
sul fatto che arte, scienza e tecnica sono la ricetta del valore della costruzione,
senza antagonismi, oltre ogni gerarchia.
Il progetto è ricerca e la sartorialità delle scelte è l’icona principe della creatività.
In parallelo, insieme, i progettisti scelgono il materiale, e quando, come nel caso
del Viola Park, i grandi sbalzi indirizzano al controllo della deformabilità molto più che non
a quello della resistenza, allora l’acciaio può giocare un ruolo fondamentale.
Prima c’è il “momento delle ideazioni”, e solo dopo viene quello delle “verifiche”;
abbandonare il primo per concentrarsi solo sul secondo, magari con lo strapotere
del software, vuol dire uscire dal protagonismo del progetto ed entrare nello scenario
“del servizio” nel senso deteriore del termine, anche quando questo veste i panni sfavillanti
delle più sofisticate modellazioni.
I grandi progetti di architettura, ma anche quelli più piccoli, sono fatti da “compagni di
viaggio” (Renzo Piano) che percorrono con coraggio, curiosità e cultura la strada della
creatività; chi avrà il primato dell’idea lo dirà il campo, fuori da competizioni tra progettisti
e professioni che hanno solo il sapore stucchevole della retroguardia.
Il progetto non vive aspettando il giorno dell’inaugurazione o della narrazione social:
l’inaugurazione è il giorno del Committente e di tutti gli altri, non è il giorno del progettista che
sta già pensando ad altro, magari nella solitudine che spesso accompagna le scelte più ardite.
Rispetto a quella che si sta inaugurando, pensa solo a ciò che non rifarebbe perché
“… nel necessario processo a ritroso per la verifica delle previsioni, s’afferma con
naturalezza la preziosa esigenza, terminato il lavoro, di riandare col pensiero alle cose fatte
di esaminare i risultati in controluce, ripensando alle ipotesi, alle semplificazioni ed al
significato fisico delle operazioni eseguite” (Piero Pozzati).
Giovanni Cardinale, Fonder GPA partners
Parlando dei grandi architetti con cui aveva collaborato, Cecil Balmond (ARUP) diceva
“… I’m indebted … As with all creativity there are no boundaries and their architectural
imaginations influenced my own explorations” – Come non condividere!
L’essenza della partecipazione ad un progetto di architettura, ma anche l’essenza di ogni
progetto di strutture, il solo modo per uscire dall’angusto spazio del dimensionamento
è volere/sapere entrare nello spazio sconfinato della creatività.
Un viaggio in compagnia di una cultura che vada oltre le regole della disciplina,
per conoscere e trasmettere agli altri il valore dello structural conceptual design.
Per riprendere quella strada dei “bei tempi andati della scuola di ingegneria italiana”
(Casabella, 1986), quotidianamente dispersa in una ingegneria difensiva, preoccupata
solo di non contraddire norme scritte una volta per ogni costruzione, riproponendo
soluzioni standardizzate ereditate da esperienze che, quando furono fatte, rappresentavano
l’innovazione ed il coraggio.
Ripensare al senso ed al perché si possano/debbano creare strutture resistenti per forma
o strutture resistenti per inerzia, ripensare al modo con cui il “passeggero sforzo normale,
o momento di forza, o taglio…” attraversa i canali statici della costruzione; leggere
ed immaginare la tridimensionalità del comportamento della costruzione, non solo
della struttura: l’ingegneria può portare ciò dentro al progetto di architettura, partecipando
da protagonista alla formazione delle idee. Sarà allora naturale per tutti gli attori convergere
sul fatto che arte, scienza e tecnica sono la ricetta del valore della costruzione,
senza antagonismi, oltre ogni gerarchia.
Il progetto è ricerca e la sartorialità delle scelte è l’icona principe della creatività.
In parallelo, insieme, i progettisti scelgono il materiale, e quando, come nel caso
del Viola Park, i grandi sbalzi indirizzano al controllo della deformabilità molto più che non
a quello della resistenza, allora l’acciaio può giocare un ruolo fondamentale.
Prima c’è il “momento delle ideazioni”, e solo dopo viene quello delle “verifiche”;
abbandonare il primo per concentrarsi solo sul secondo, magari con lo strapotere
del software, vuol dire uscire dal protagonismo del progetto ed entrare nello scenario
“del servizio” nel senso deteriore del termine, anche quando questo veste i panni sfavillanti
delle più sofisticate modellazioni.
I grandi progetti di architettura, ma anche quelli più piccoli, sono fatti da “compagni di
viaggio” (Renzo Piano) che percorrono con coraggio, curiosità e cultura la strada della
creatività; chi avrà il primato dell’idea lo dirà il campo, fuori da competizioni tra progettisti
e professioni che hanno solo il sapore stucchevole della retroguardia.
Il progetto non vive aspettando il giorno dell’inaugurazione o della narrazione social:
l’inaugurazione è il giorno del Committente e di tutti gli altri, non è il giorno del progettista che
sta già pensando ad altro, magari nella solitudine che spesso accompagna le scelte più ardite.
Rispetto a quella che si sta inaugurando, pensa solo a ciò che non rifarebbe perché
“… nel necessario processo a ritroso per la verifica delle previsioni, s’afferma con
naturalezza la preziosa esigenza, terminato il lavoro, di riandare col pensiero alle cose fatte
di esaminare i risultati in controluce, ripensando alle ipotesi, alle semplificazioni ed al
significato fisico delle operazioni eseguite” (Piero Pozzati).
Giovanni Cardinale, Fonder GPA partners