Architetture in Acciaio n° 42
La rivista italiana dell’architettura e delle costruzioni in acciaio
In questo numero
Abbracciare la storia e l’innovazione in architettura
Qualche tempo fa ho letto I pilastri della terra di Ken Follett. Approcciarsi a questa opera come architetto e progettista spinge a riflettere sul proprio modo di operare e sull’essenza stessa dell’architettura. Nel romanzo, la cattedrale diventa il punto di convergenza tra arte e scienza: un simbolo di ispirazione e fede, ma anche di ragionamento e calcolo. Questo equilibrio tra simbolismo spirituale e precisione ingegneristica è uno dei temi centrali del libro, con cui l’autore esplora il fascino duraturo delle cattedrali gotiche. Queste non sono solo costruzioni, ma microcosmi in cui ogni pietra rappresenta una decisione statica, estetica e filosofica. Ogni scelta progettuale assume un valore simbolico, riflettendo lo spirito dell’epoca e l’ambizione umana di creare qualcosa che trascenda il tempo. Parlare di “spirito del tempo” non è un esercizio retorico. Nella seconda metà del secolo scorso, infatti, abbiamo assistito a un progressivo scollamento tra forma e funzione, tra estetica e tecnologia, e a un crescente disinteresse verso quegli elementi intangibili che rendono il costruire un atto significativo.
Spesso ci si è dimenticati che spazio e luce non sono solo componenti tecniche, ma pilastri fondanti dell’architettura. Questi elementi, ben lungi dall’essere un semplice esercizio intellettuale, sono il cuore pulsante di opere capaci di emozionare e durare nel tempo. Pensiamo, per esempio, alle splendide stazioni londinesi come Paddington o King’s Cross, con le loro coperture in vetro e metallo che combinano leggerezza e monumentalità, o al Gran Palais di Parigi, che ci ha incantati durante le Olimpiadi della scorsa estate con la sua maestosità. Anche il movimento Bauhaus ha incarnato un’idea di armonia tra arte, artigianato e tecnologia, superando le distinzioni tradizionali tra le discipline. La sua filosofia vedeva nell’architettura e nel design un mezzo per migliorare la vita quotidiana, fondendo funzionalità e bellezza. Allo stesso tempo, l’Art Nouveau ha sfruttato le potenzialità dell’acciaio per esplorare nuovi orizzonti stilistici e strutturali. Non si tratta solo di ricercare uno stile come codice estetico, ma di riscoprire un approccio alla progettazione che unisca bellezza e valore, nel senso classico del termine greco kalokagathia, dove il bello coincide con il buono. Dobbiamo recuperare lo slancio gotico, la proporzione rinascimentale e l’ardimento del progresso industriale, utilizzando al meglio le innovazioni tecnologiche che oggi plasmano le nostre vite e professioni.
Nel progetto VP22 presentato in questo numero la trasparenza del piano terra e il senso di sospensione del fabbricato non sarebbero stati raggiunti senza la snellezza delle strutture in elevazione in acciaio, l’esile facciata vetrata a curtain wall della lobby, l’industrializzazione modulare della facciata. Tutte caratteristiche che si fondono in una composizione che mira a trasparenza, leggerezza e permeabilità visiva.
Ogni epoca ha raggiunto traguardi importanti che sono serviti come punto di partenza per nuove conquiste, e noi dobbiamo perseguire una sintesi tra tradizione e modernità, governando il processo creativo con maggiore consapevolezza, senza scorciatoie o soluzioni superficiali, abbracciando una visione del costruire che accolga il lavoro creativo senza mai perdere la coerenza.
Andrea Peschiera, Director and Partner Tectoo
Qualche tempo fa ho letto I pilastri della terra di Ken Follett. Approcciarsi a questa opera come architetto e progettista spinge a riflettere sul proprio modo di operare e sull’essenza stessa dell’architettura. Nel romanzo, la cattedrale diventa il punto di convergenza tra arte e scienza: un simbolo di ispirazione e fede, ma anche di ragionamento e calcolo. Questo equilibrio tra simbolismo spirituale e precisione ingegneristica è uno dei temi centrali del libro, con cui l’autore esplora il fascino duraturo delle cattedrali gotiche. Queste non sono solo costruzioni, ma microcosmi in cui ogni pietra rappresenta una decisione statica, estetica e filosofica. Ogni scelta progettuale assume un valore simbolico, riflettendo lo spirito dell’epoca e l’ambizione umana di creare qualcosa che trascenda il tempo. Parlare di “spirito del tempo” non è un esercizio retorico. Nella seconda metà del secolo scorso, infatti, abbiamo assistito a un progressivo scollamento tra forma e funzione, tra estetica e tecnologia, e a un crescente disinteresse verso quegli elementi intangibili che rendono il costruire un atto significativo.
Spesso ci si è dimenticati che spazio e luce non sono solo componenti tecniche, ma pilastri fondanti dell’architettura. Questi elementi, ben lungi dall’essere un semplice esercizio intellettuale, sono il cuore pulsante di opere capaci di emozionare e durare nel tempo. Pensiamo, per esempio, alle splendide stazioni londinesi come Paddington o King’s Cross, con le loro coperture in vetro e metallo che combinano leggerezza e monumentalità, o al Gran Palais di Parigi, che ci ha incantati durante le Olimpiadi della scorsa estate con la sua maestosità. Anche il movimento Bauhaus ha incarnato un’idea di armonia tra arte, artigianato e tecnologia, superando le distinzioni tradizionali tra le discipline. La sua filosofia vedeva nell’architettura e nel design un mezzo per migliorare la vita quotidiana, fondendo funzionalità e bellezza. Allo stesso tempo, l’Art Nouveau ha sfruttato le potenzialità dell’acciaio per esplorare nuovi orizzonti stilistici e strutturali. Non si tratta solo di ricercare uno stile come codice estetico, ma di riscoprire un approccio alla progettazione che unisca bellezza e valore, nel senso classico del termine greco kalokagathia, dove il bello coincide con il buono. Dobbiamo recuperare lo slancio gotico, la proporzione rinascimentale e l’ardimento del progresso industriale, utilizzando al meglio le innovazioni tecnologiche che oggi plasmano le nostre vite e professioni.
Nel progetto VP22 presentato in questo numero la trasparenza del piano terra e il senso di sospensione del fabbricato non sarebbero stati raggiunti senza la snellezza delle strutture in elevazione in acciaio, l’esile facciata vetrata a curtain wall della lobby, l’industrializzazione modulare della facciata. Tutte caratteristiche che si fondono in una composizione che mira a trasparenza, leggerezza e permeabilità visiva.
Ogni epoca ha raggiunto traguardi importanti che sono serviti come punto di partenza per nuove conquiste, e noi dobbiamo perseguire una sintesi tra tradizione e modernità, governando il processo creativo con maggiore consapevolezza, senza scorciatoie o soluzioni superficiali, abbracciando una visione del costruire che accolga il lavoro creativo senza mai perdere la coerenza.
Andrea Peschiera, Director and Partner Tectoo
Qualche tempo fa ho letto I pilastri della terra di Ken Follett. Approcciarsi a questa opera come architetto e progettista spinge a riflettere sul proprio modo di operare e sull’essenza stessa dell’architettura. Nel romanzo, la cattedrale diventa il punto di convergenza tra arte e scienza: un simbolo di ispirazione e fede, ma anche di ragionamento e calcolo. Questo equilibrio tra simbolismo spirituale e precisione ingegneristica è uno dei temi centrali del libro, con cui l’autore esplora il fascino duraturo delle cattedrali gotiche. Queste non sono solo costruzioni, ma microcosmi in cui ogni pietra rappresenta una decisione statica, estetica e filosofica. Ogni scelta progettuale assume un valore simbolico, riflettendo lo spirito dell’epoca e l’ambizione umana di creare qualcosa che trascenda il tempo. Parlare di “spirito del tempo” non è un esercizio retorico. Nella seconda metà del secolo scorso, infatti, abbiamo assistito a un progressivo scollamento tra forma e funzione, tra estetica e tecnologia, e a un crescente disinteresse verso quegli elementi intangibili che rendono il costruire un atto significativo.
Spesso ci si è dimenticati che spazio e luce non sono solo componenti tecniche, ma pilastri fondanti dell’architettura. Questi elementi, ben lungi dall’essere un semplice esercizio intellettuale, sono il cuore pulsante di opere capaci di emozionare e durare nel tempo. Pensiamo, per esempio, alle splendide stazioni londinesi come Paddington o King’s Cross, con le loro coperture in vetro e metallo che combinano leggerezza e monumentalità, o al Gran Palais di Parigi, che ci ha incantati durante le Olimpiadi della scorsa estate con la sua maestosità. Anche il movimento Bauhaus ha incarnato un’idea di armonia tra arte, artigianato e tecnologia, superando le distinzioni tradizionali tra le discipline. La sua filosofia vedeva nell’architettura e nel design un mezzo per migliorare la vita quotidiana, fondendo funzionalità e bellezza. Allo stesso tempo, l’Art Nouveau ha sfruttato le potenzialità dell’acciaio per esplorare nuovi orizzonti stilistici e strutturali. Non si tratta solo di ricercare uno stile come codice estetico, ma di riscoprire un approccio alla progettazione che unisca bellezza e valore, nel senso classico del termine greco kalokagathia, dove il bello coincide con il buono. Dobbiamo recuperare lo slancio gotico, la proporzione rinascimentale e l’ardimento del progresso industriale, utilizzando al meglio le innovazioni tecnologiche che oggi plasmano le nostre vite e professioni.
Nel progetto VP22 presentato in questo numero la trasparenza del piano terra e il senso di sospensione del fabbricato non sarebbero stati raggiunti senza la snellezza delle strutture in elevazione in acciaio, l’esile facciata vetrata a curtain wall della lobby, l’industrializzazione modulare della facciata. Tutte caratteristiche che si fondono in una composizione che mira a trasparenza, leggerezza e permeabilità visiva.
Ogni epoca ha raggiunto traguardi importanti che sono serviti come punto di partenza per nuove conquiste, e noi dobbiamo perseguire una sintesi tra tradizione e modernità, governando il processo creativo con maggiore consapevolezza, senza scorciatoie o soluzioni superficiali, abbracciando una visione del costruire che accolga il lavoro creativo senza mai perdere la coerenza.
Andrea Peschiera, Director and Partner Tectoo