Recenti novità normative nella resistenza al fuoco delle strutture in acciaio

Nel corso degli anni 2013 e 2014 la Direzione Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica (DCPST) ha emanato sei circolari informative ed esplicative nel settore della resistenza al fuoco, a testimonianza dell’attenzione che i Vigili del Fuoco rivolgono verso questo settore molto specialistico ed in continua evoluzione sia da un punto di vista tecnico che normativo.
Nel presente documento ci si prefigge l’obiettivo di effettuare un excursus sui documenti emessi con l’obiettivo di commentarne i contenuti e di fornire le motivazioni che ne hanno portato alla stesura.

 

La disamina normativa non può non iniziare che con la circolare 05/04/2013 avente per oggetto la pubblicazione degli Annessi Nazionali degli Eurocodici a seguito dell’entrata in vigore, ad aprile del 2013, del decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti 31/07/2012. Tale pubblicazione riveste, nel settore della resistenza al fuoco, un’importanza particolare, in quanto con tale atto si “mandano in pensione” le norme UNI 9502, 9503 e 9504 e si affida alla guida esclusiva delle parti fuoco degli Eurocodici la progettazione analitica strutturale a caldo. Nel campo della progettazione delle strutture in acciaio, in particolare, il passaggio dalla norma UNI 9503 all’Eurocodice EN 1993 1-2 segna la possibilità di adottare un metodo analitico perfettamente simbiotico con il metodo sperimentale, costituito dalle norme europee della serie EN 13381 a cui rimanda l’Eurocodice stesso. A tale proposito, si ricorda che il decreto del Ministero dell’Interno 16/02/2007 consente, per la verifica al fuoco delle strutture in acciaio, l’impiego dei soli metodi analitico e sperimentale abrogando, già dal 25 settembre del 2010, la possibilità di impiego delle pertinenti tabelle riportate nell’allegato D. Di fatto, a meno di casi particolari, la resistenza al fuoco delle strutture in acciaio si calcola con la parte fuoco dell’Eurocodice 3: il progettista determina il valore della temperatura critica (o di collasso) degli elementi in acciaio e, se necessario, progetta il rivestimento più idoneo per le strutture, in base alle caratteristiche dei protettivi in commercio. Gli attuali test a caldo sui protettivi dell’acciaio seguono le norme EN 13381-4, EN 13381-8, EN 13381-9 e EN 13381-10, mentre per le strutture miste acciaio-cls è necessario ricorrere alle norme EN 13381-5 e EN 13381-6, tutte pensate per il calcolo strutturale effettuato in base agli Eurocodici.

 

In merito alla qualificazione dei protettivi dell’acciaio, sia di tipo reattivo (es. pitture) che passivo (es. intonaci), la circolare DCPST n. 17381 del 27/12/2013 ha l’obiettivo di fare chiarezza in un settore in continua evoluzione. La prima norma europea impiegabile per i protettivi dell’acciaio è stata la ENV 13381-4:2002. Detta norma, valida sia per i passivi che per i reattivi, fu sin da subito giudicata insufficiente e troppo onerosa per i rivestimenti del secondo tipo e per tale motivo il CEN predispose la norma EN 13381-8:2013. Il “periodo di coesistenza” delle due norme citate è terminato il 30 novembre del 2013 grazie alla pubblicazione delle norme EN 13381-4:2013 per i rivestimenti ti tipo passivo e la EN 13381-8:2013 per i reattivi. A decorrere da tale data, vi è netta distinzione tra le due norme, mentre per i periodi precedenti vi è la doppia possibilità normativa per i soli protettivi di tipo reattivo.

 

Per venire incontro alle richieste di chiarimento in materia di impiego prodotti e di sistemi protettivi per la protezione dal fuoco di strutture nel settore petrolchimico, è stata emanata la circolare DCPST n. 9709 del 05/07/2013. Questa circolare va a disciplinare il settore specialistico degli stabilimenti petrolchimici, non completamente coperto dal decreto del Ministero dell’Interno 16/02/2007. In sostanza, in stabilimenti dove si trattano o stoccano idrocarburi, gli scenari di incendio possono essere molto differenti da quelli del settore civile e, per questo, devono essere adottati prodotti e sistemi protettivi per la resistenza al fuoco appositamente pensati per detti scenari e per le effettive condizioni di impiego. Il progettista, dunque, deve abbinare alla valutazione del rischio di incendio ed agli scenari ad essa conseguenti, anche le condizioni ambientali di impiego dei prodotti, spesso sottoposti ad atmosfere particolarmente aggressive, scegliendo quelli testati in base a standard ritenuti validi a livello internazionale da laboratori all’uopo riconosciuti. Il principio stabilito dalla circolare è quello di preferire soluzioni pensate per problematiche specialistiche a soluzioni di carattere più generale, non sempre rispondenti alle esigenze di effettivo impiego.

 

A circa sei mesi di distanza dalla data di entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo per i prodotti da costruzione (CPR), la DCPST ha emanato la circolare n. 643 del 21/01/2014. Questo documento ricorda che il sistema di attestazione della conformità dei prodotti da costruzione è cambiato nel passaggio dalla Direttiva CPD al CPR: dall’attestazione indiretta della performance dei prodotti consegnati all’utente finale, conseguita mediante controlli sulla produzione, si è passati alla dichiarazione esplicita dei requisiti degli stessi mediante la cosiddetta “dichiarazione di prestazione” o DoP. La DoP costituisce un documento che affianca la marcatura CE del prodotto e che deve essere messa a disposizione di eventuali controlli di prevenzione incendi presso il fascicolo da custodire a cura del titolare delle attività soggette ai controlli dei Vigili del Fuoco. Il riferimento a ciascuna DoP dei prodotti impiegati deve essere riportato nel modello DICH.PROD nella sezione “altro” del pertinente allegato. Nel campo della protezione di elementi in acciaio, la DoP accompagna al momento esclusivamente i protettivi marcati CE attraverso la linea guida europea ETAG 018.

 

Per quanto concerne la modulistica da impiegare nel settore della resistenza al fuoco per le attività soggette ai controlli VVF, la circolare DCPST 1681 del 11/02/2014 prima e quella DCPREV n. 6542 del 16/05/2019, di trasmissione del decreto DCPST n. 72, ha l’obiettivo di chiarire quali modelli debbano essere utilizzati per le certificazioni. Il documento ribadisce il principio che il modello CERT.REI rappresenta la certificazione di settore principale e che può essere sostituito dal DICH.PROD solo nei casi in cui la resistenza al fuoco di un prodotto (o il contributo che esso fornisce alla resistenza a caldo) si possa sostanziare in una dichiarazione di corretta posa in opera. Una tabella esplicativa fornisce quindi, per ciascun elemento protettivo, sistema, prodotto o elemento costruttivo richiamato dal D.M. 16/02/2007, la tipologia di modello da presentare al Comando Provinciale VVF competente per territorio, anche in funzione del metodo di classificazione prescelto (tabellare, analitico o sperimentale). Indicazioni sono fornite anche per quei prodotti “borderline” tra il settore impiantistico e quello della resistenza al fuoco, affidandosi al modello DICH.PROD ed alla dichiarazione di impianto nei casi degli impianti di ventilazione ed alla sola dichiarazione di impianto per i componenti degli altri impianti (elettrici e di controllo dei fumi e del calore). Si ricorda, a tale proposito, che il cosiddetto “decreto impianti” del Ministero dell’Interno del 20/12/2012 indica quali certificazioni debbano accompagnare gli impianti nei casi di attività soggette ai controlli dei Vigili del Fuoco. Nel caso specifico degli elementi di acciaio protetti, si fa osservare che i protettivi devono essere accompagnati da modello DICH.PROD e che va comunque predisposto il modello CERT.REI per la classificazione analitica di resistenza al fuoco degli elementi strutturali protetti.

A completamento del panorama delle circolari emesse dalla DCPST negli anni 2013 e 2014, va citata la nota n. 465 del 16/01/2014. Detto documento fornisce indicazioni applicative del D.M. 16/02/2007 in merito alla classificazione di controsoffitti resistenti al fuoco. Il complesso quadro di norme impiegabili per detti prodotti vede la possibilità di utilizzo di tre tipologie controsoffitti:

  • I controsoffitti privi di resistenza al fuoco intrinseca.
  • I controsoffitti con resistenza al fuoco intrinseca (altrimenti detti “a membrana”).
  • Le membrane protettive orizzontali.

I controsoffitti della prima tipologia sono testati in base alla norma EN 1365-2. Essi non hanno una propria classificazione di resistenza al fuoco, in quanto la performance è riferita al complesso “struttura protetta + controsoffitto”.

I controsoffitti a membrana, testati in base alla norma EN 1364-2, sono caratterizzati da una classificazione EI estendibile alla sovrastruttura protetta e quindi godono del vantaggio di offrire una soluzione di resistenza al fuoco certa in tutti i casi in cui si hanno problemi di classificazione delle strutture sovrastanti per effetto di difficoltà di modellazione o per impossibilità di interventi di adeguamento strutturali. La prerogativa dei controsoffitti a membrana è garantita dalla tenuta e dal notevole isolamento termico che essi offrono nei confronti dell’incendio.

Le membrane protettive orizzontali sono testate in base alla norma EN 13381-1. Pur non godendo di una classificazione propria di resistenza al fuoco, sono abbinabili al calcolo strutturale effettuato con le parti fuoco degli Eurocodici e quindi consentono di calibrarne la performance necessaria a seconda delle esigenze. Nel caso di elementi in acciaio, detta norma fornisce i tempi necessari affinché la membrana protettiva orizzontale renda le strutture sovrastanti sufficientemente “fredde” e quindi in grado di portare i carichi presenti in condizioni di incendio. In alternativa, è possibile verificare la struttura protetta adottando come cimento termico la funzione temperatura – tempo dell’intercapedine fornita nel rapporto di valutazione del controsoffitto.

 

Atteso il panorama normativo delineato dalle circolari citate, per il settore della resistenza al fuoco sono comunque possibili ulteriori sviluppi futuri sempre più orientati verso un approccio cosiddetto “performance based”. In sostanza, sarà in futuro possibile progettare la resistenza al fuoco delle strutture con metodologie che dimostrino che gli obiettivi di sicurezza per gli occupanti e per i beni possano essere garantiti in modo esplicito e non solo in modo implicito come invece presuppone un approccio prescrittivo quale quello attualmente in vigore. Questo nuovo approccio ai problemi, più “ingegneristico”, consentirà soluzioni tecnologiche innovative e semplificherà la progettazione antincendio, imponendo nel contempo ai progettisti una maggiore specializzazione, preparazione, consapevolezza e responsabilizzazione.

Tali indicazioni sono state di fatto recepite nel D.M. 03.08.2015 e s.m.i., che hanno reso ordinari i seguenti metodi per la progettazione della sicurezza antincendio per la verifica delle soluzioni alternative e quella del livello di prestazione (punto G.2.7, tabella G.2-1):

  • Applicazione di norme o documenti tecnici;
  • Soluzioni progettuali che prevedono l’impiego di prodotti o tecnologie di tipo innovativo;
  • Ingegneria della sicurezza antincendio;
  • Prove sperimentali.

I metodi avanzati presuppongono maggiori competenze professionali e maggiore etica, consentendo di risolvere principalmente problematiche legate alla salvaguardia della vita umana e alla resistenza al fuoco. In tal senso, con riferimento a quest’ultima, si esprime la nota DCPREV n. 9962 del 24/07/2020, con la quale vengono forniti indirizzi e chiarimenti in merito all’implementazione delle soluzioni alternative per la misura S.2 del D.M. 03.08.2015 e s.m.i., ossia la resistenza al fuoco delle strutture.

Recenti novità normative nella resistenza al fuoco delle strutture in acciaio

Nel corso degli anni 2013 e 2014 la Direzione Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica (DCPST) ha emanato sei circolari informative ed esplicative nel settore della resistenza al fuoco, a testimonianza dell’attenzione che i Vigili del Fuoco rivolgono verso questo settore molto specialistico ed in continua evoluzione sia da un punto di vista tecnico che normativo.
Nel presente documento ci si prefigge l’obiettivo di effettuare un excursus sui documenti emessi con l’obiettivo di commentarne i contenuti e di fornire le motivazioni che ne hanno portato alla stesura.

 

La disamina normativa non può non iniziare che con la circolare 05/04/2013 avente per oggetto la pubblicazione degli Annessi Nazionali degli Eurocodici a seguito dell’entrata in vigore, ad aprile del 2013, del decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti 31/07/2012. Tale pubblicazione riveste, nel settore della resistenza al fuoco, un’importanza particolare, in quanto con tale atto si “mandano in pensione” le norme UNI 9502, 9503 e 9504 e si affida alla guida esclusiva delle parti fuoco degli Eurocodici la progettazione analitica strutturale a caldo. Nel campo della progettazione delle strutture in acciaio, in particolare, il passaggio dalla norma UNI 9503 all’Eurocodice EN 1993 1-2 segna la possibilità di adottare un metodo analitico perfettamente simbiotico con il metodo sperimentale, costituito dalle norme europee della serie EN 13381 a cui rimanda l’Eurocodice stesso. A tale proposito, si ricorda che il decreto del Ministero dell’Interno 16/02/2007 consente, per la verifica al fuoco delle strutture in acciaio, l’impiego dei soli metodi analitico e sperimentale abrogando, già dal 25 settembre del 2010, la possibilità di impiego delle pertinenti tabelle riportate nell’allegato D. Di fatto, a meno di casi particolari, la resistenza al fuoco delle strutture in acciaio si calcola con la parte fuoco dell’Eurocodice 3: il progettista determina il valore della temperatura critica (o di collasso) degli elementi in acciaio e, se necessario, progetta il rivestimento più idoneo per le strutture, in base alle caratteristiche dei protettivi in commercio. Gli attuali test a caldo sui protettivi dell’acciaio seguono le norme EN 13381-4, EN 13381-8, EN 13381-9 e EN 13381-10, mentre per le strutture miste acciaio-cls è necessario ricorrere alle norme EN 13381-5 e EN 13381-6, tutte pensate per il calcolo strutturale effettuato in base agli Eurocodici.

 

In merito alla qualificazione dei protettivi dell’acciaio, sia di tipo reattivo (es. pitture) che passivo (es. intonaci), la circolare DCPST n. 17381 del 27/12/2013 ha l’obiettivo di fare chiarezza in un settore in continua evoluzione. La prima norma europea impiegabile per i protettivi dell’acciaio è stata la ENV 13381-4:2002. Detta norma, valida sia per i passivi che per i reattivi, fu sin da subito giudicata insufficiente e troppo onerosa per i rivestimenti del secondo tipo e per tale motivo il CEN predispose la norma EN 13381-8:2013. Il “periodo di coesistenza” delle due norme citate è terminato il 30 novembre del 2013 grazie alla pubblicazione delle norme EN 13381-4:2013 per i rivestimenti ti tipo passivo e la EN 13381-8:2013 per i reattivi. A decorrere da tale data, vi è netta distinzione tra le due norme, mentre per i periodi precedenti vi è la doppia possibilità normativa per i soli protettivi di tipo reattivo.

 

Per venire incontro alle richieste di chiarimento in materia di impiego prodotti e di sistemi protettivi per la protezione dal fuoco di strutture nel settore petrolchimico, è stata emanata la circolare DCPST n. 9709 del 05/07/2013. Questa circolare va a disciplinare il settore specialistico degli stabilimenti petrolchimici, non completamente coperto dal decreto del Ministero dell’Interno 16/02/2007. In sostanza, in stabilimenti dove si trattano o stoccano idrocarburi, gli scenari di incendio possono essere molto differenti da quelli del settore civile e, per questo, devono essere adottati prodotti e sistemi protettivi per la resistenza al fuoco appositamente pensati per detti scenari e per le effettive condizioni di impiego. Il progettista, dunque, deve abbinare alla valutazione del rischio di incendio ed agli scenari ad essa conseguenti, anche le condizioni ambientali di impiego dei prodotti, spesso sottoposti ad atmosfere particolarmente aggressive, scegliendo quelli testati in base a standard ritenuti validi a livello internazionale da laboratori all’uopo riconosciuti. Il principio stabilito dalla circolare è quello di preferire soluzioni pensate per problematiche specialistiche a soluzioni di carattere più generale, non sempre rispondenti alle esigenze di effettivo impiego.

 

A circa sei mesi di distanza dalla data di entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo per i prodotti da costruzione (CPR), la DCPST ha emanato la circolare n. 643 del 21/01/2014. Questo documento ricorda che il sistema di attestazione della conformità dei prodotti da costruzione è cambiato nel passaggio dalla Direttiva CPD al CPR: dall’attestazione indiretta della performance dei prodotti consegnati all’utente finale, conseguita mediante controlli sulla produzione, si è passati alla dichiarazione esplicita dei requisiti degli stessi mediante la cosiddetta “dichiarazione di prestazione” o DoP. La DoP costituisce un documento che affianca la marcatura CE del prodotto e che deve essere messa a disposizione di eventuali controlli di prevenzione incendi presso il fascicolo da custodire a cura del titolare delle attività soggette ai controlli dei Vigili del Fuoco. Il riferimento a ciascuna DoP dei prodotti impiegati deve essere riportato nel modello DICH.PROD nella sezione “altro” del pertinente allegato. Nel campo della protezione di elementi in acciaio, la DoP accompagna al momento esclusivamente i protettivi marcati CE attraverso la linea guida europea ETAG 018.

 

Per quanto concerne la modulistica da impiegare nel settore della resistenza al fuoco per le attività soggette ai controlli VVF, la circolare DCPST 1681 del 11/02/2014 prima e quella DCPREV n. 6542 del 16/05/2019, di trasmissione del decreto DCPST n. 72, ha l’obiettivo di chiarire quali modelli debbano essere utilizzati per le certificazioni. Il documento ribadisce il principio che il modello CERT.REI rappresenta la certificazione di settore principale e che può essere sostituito dal DICH.PROD solo nei casi in cui la resistenza al fuoco di un prodotto (o il contributo che esso fornisce alla resistenza a caldo) si possa sostanziare in una dichiarazione di corretta posa in opera. Una tabella esplicativa fornisce quindi, per ciascun elemento protettivo, sistema, prodotto o elemento costruttivo richiamato dal D.M. 16/02/2007, la tipologia di modello da presentare al Comando Provinciale VVF competente per territorio, anche in funzione del metodo di classificazione prescelto (tabellare, analitico o sperimentale). Indicazioni sono fornite anche per quei prodotti “borderline” tra il settore impiantistico e quello della resistenza al fuoco, affidandosi al modello DICH.PROD ed alla dichiarazione di impianto nei casi degli impianti di ventilazione ed alla sola dichiarazione di impianto per i componenti degli altri impianti (elettrici e di controllo dei fumi e del calore). Si ricorda, a tale proposito, che il cosiddetto “decreto impianti” del Ministero dell’Interno del 20/12/2012 indica quali certificazioni debbano accompagnare gli impianti nei casi di attività soggette ai controlli dei Vigili del Fuoco. Nel caso specifico degli elementi di acciaio protetti, si fa osservare che i protettivi devono essere accompagnati da modello DICH.PROD e che va comunque predisposto il modello CERT.REI per la classificazione analitica di resistenza al fuoco degli elementi strutturali protetti.

A completamento del panorama delle circolari emesse dalla DCPST negli anni 2013 e 2014, va citata la nota n. 465 del 16/01/2014. Detto documento fornisce indicazioni applicative del D.M. 16/02/2007 in merito alla classificazione di controsoffitti resistenti al fuoco. Il complesso quadro di norme impiegabili per detti prodotti vede la possibilità di utilizzo di tre tipologie controsoffitti:

  • I controsoffitti privi di resistenza al fuoco intrinseca.
  • I controsoffitti con resistenza al fuoco intrinseca (altrimenti detti “a membrana”).
  • Le membrane protettive orizzontali.

I controsoffitti della prima tipologia sono testati in base alla norma EN 1365-2. Essi non hanno una propria classificazione di resistenza al fuoco, in quanto la performance è riferita al complesso “struttura protetta + controsoffitto”.

I controsoffitti a membrana, testati in base alla norma EN 1364-2, sono caratterizzati da una classificazione EI estendibile alla sovrastruttura protetta e quindi godono del vantaggio di offrire una soluzione di resistenza al fuoco certa in tutti i casi in cui si hanno problemi di classificazione delle strutture sovrastanti per effetto di difficoltà di modellazione o per impossibilità di interventi di adeguamento strutturali. La prerogativa dei controsoffitti a membrana è garantita dalla tenuta e dal notevole isolamento termico che essi offrono nei confronti dell’incendio.

Le membrane protettive orizzontali sono testate in base alla norma EN 13381-1. Pur non godendo di una classificazione propria di resistenza al fuoco, sono abbinabili al calcolo strutturale effettuato con le parti fuoco degli Eurocodici e quindi consentono di calibrarne la performance necessaria a seconda delle esigenze. Nel caso di elementi in acciaio, detta norma fornisce i tempi necessari affinché la membrana protettiva orizzontale renda le strutture sovrastanti sufficientemente “fredde” e quindi in grado di portare i carichi presenti in condizioni di incendio. In alternativa, è possibile verificare la struttura protetta adottando come cimento termico la funzione temperatura – tempo dell’intercapedine fornita nel rapporto di valutazione del controsoffitto.

 

Atteso il panorama normativo delineato dalle circolari citate, per il settore della resistenza al fuoco sono comunque possibili ulteriori sviluppi futuri sempre più orientati verso un approccio cosiddetto “performance based”. In sostanza, sarà in futuro possibile progettare la resistenza al fuoco delle strutture con metodologie che dimostrino che gli obiettivi di sicurezza per gli occupanti e per i beni possano essere garantiti in modo esplicito e non solo in modo implicito come invece presuppone un approccio prescrittivo quale quello attualmente in vigore. Questo nuovo approccio ai problemi, più “ingegneristico”, consentirà soluzioni tecnologiche innovative e semplificherà la progettazione antincendio, imponendo nel contempo ai progettisti una maggiore specializzazione, preparazione, consapevolezza e responsabilizzazione.

Tali indicazioni sono state di fatto recepite nel D.M. 03.08.2015 e s.m.i., che hanno reso ordinari i seguenti metodi per la progettazione della sicurezza antincendio per la verifica delle soluzioni alternative e quella del livello di prestazione (punto G.2.7, tabella G.2-1):

  • Applicazione di norme o documenti tecnici;
  • Soluzioni progettuali che prevedono l’impiego di prodotti o tecnologie di tipo innovativo;
  • Ingegneria della sicurezza antincendio;
  • Prove sperimentali.

I metodi avanzati presuppongono maggiori competenze professionali e maggiore etica, consentendo di risolvere principalmente problematiche legate alla salvaguardia della vita umana e alla resistenza al fuoco. In tal senso, con riferimento a quest’ultima, si esprime la nota DCPREV n. 9962 del 24/07/2020, con la quale vengono forniti indirizzi e chiarimenti in merito all’implementazione delle soluzioni alternative per la misura S.2 del D.M. 03.08.2015 e s.m.i., ossia la resistenza al fuoco delle strutture.

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Dott. Ing. Luca Ponticelli
Dipartimento del Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile – Direzione Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica – Area Protezione Passiva Settore resistenza al fuoco;
Commissione per la Sicurezza delle Costruzioni in Acciaio in Caso di Incendio di Fondazione Promozione Acciaio