Edifici sismicamente sicuri
Il quadro normativo
Dopo i disastrosi eventi sismici in Umbria / Marche (1997) ed in Molise (2002), le istituzioni e l’opinione pubblica hanno prestato particolare riguardo al problema della protezione nei confronti del terremoto.
Le Autorità Governative preposte allo scopo hanno di conseguenza favorito lo sviluppo e la pubblicazione di nuovi codici normativi:
- l’Ordinanza 3274/2003, Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica, e successive modificazioni da parte della Presidenza del Consiglio Dei Ministri;
- il Testo Unitario delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 23/09/2005 da parte del Ministero delle Infrastrutture;
- le Linee guida per l’applicazione al patrimonio culturale della normativa tecnica di cui all’Ordinanza P.C.M. 3274/03 del Dipartimento della Protezione Civile;
- l’Ordinanza del P.C.M 3519/2006, Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone;
- Norme Tecniche per le Costruzioni NTC 2008 e relativa circolare applicativa.
Sino alla pubblicazione delle:
- Norme Tecniche per le Costruzioni 2018 e relativa circolare applicativa.
A livello locale, la legislazione nazionale è completata dalle Leggi e disposizioni regionali che possono variare anche sostanzialmente da Regione a Regione.
Le NTC 2018 includono importanti innovazioni nel campo della progettazione in zona sismica. In particolare la valutazione dell’azione sismica si basa sulle più recenti ricerche dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che hanno reso possibile la pubblicazione in rete delle mappe interattive di pericolosità sismica del territorio italiano (» consulta link).
Il Consiglio Superiore dei lavori Pubblici ha poi reso disponibile in rete il programma sperimentale Spettri di risposta utile per la valutazione degli spettri di risposta rappresentativi delle componenti (orizzontali e verticali) delle azioni sismiche di progetto per il generico sito del territorio nazionale. Inserendo le coordinate e le caratteristiche progettuali del sito, è possibile visualizzare e stampare grafici e tabelle relativi al computo dell’azione sismica di progetto ai sensi del D.M. 14/01/2008 e delle NTC 2018.
I criteri generali di progetto e verifica delle strutture in zona sismica e le regole specifiche relative a ciascun materiale da costruzione, sono illustrati esaurientemente nel capitolo 7 del testo delle NTC e delle Istruzioni e risultano essere pienamente in accordo con i contenuti degli Eurocodici. Importanti innovazioni sono state infine introdotte nel campo della Geotecnica, anche per la progettazione sismica delle strutture.
Ancora una volta, l’introduzione dei nuovi codici e norme di progettazione, quanto nuovo momento di approfondimento e crescita culturale, costituisce un’opportunità per il mondo delle costruzioni, ai fini del miglioramento della qualità e della sicurezza delle costruzioni stesse, oltre che valida verifica delle potenzialità delle NTC 2018.
In un simile contesto di riflessione ed approfondimento, sono coinvolti gli operatori di settore, i tecnici dell’Amministrazione Pubblica, le Università, gli Ordini Professionali, i costruttori ed i produttori. L’acciaio ha un’ulteriore opportunità di sviluppo, potendo fornire le garanzie di prestazioni e sicurezza che sono oggi richieste esplicitamente dalle NTC 2018 e dagli Eurocodici.
01. Evoluzione normativa nazionale e internazionale
Le normative per le costruzioni in zona sismica costituiscono lo strumento con il quale i governi cercano di perseguire l’obiettivo della garanzia della sicurezza delle strutture e delle infrastrutture in caso di eventi sismici, obiettivo direttamente connesso con la salvaguardia delle comunità amministrate e la continuità delle attività produttive coinvolte. Le normative antisismiche sono in genere costituite da due componenti distinte: da una parte la classificazione sismica del sito e dall’altra le regole di progettazione per le strutture. La classificazione sismica ha l’obiettivo di indicare dove si possono manifestare eventi sismici e quale può essere la loro entità. Le regole di progettazione spaziano da prescrizioni per la corretta concezione e organizzazione della struttura fino ai dettagli costruttivi, passando per le raccomandazioni sui più idonei strumenti di analisi per la previsione del comportamento delle costruzioni durante i terremoti. Ne consegue che le normative antisismiche derivano dagli studi sviluppati e dalle esperienze accumulate in due differenti discipline: la sismologia per la parte legata alla classificazione sismica, l’ingegneria strutturale per la parte relativa alle regole di progettazione.
Cenni storici
Antesignani delle normative antisismiche nazionali sono stati alcuni decreti emanati a partire dal 1600 nel Regno di Napoli e successivamente nello Stato Pontificio in risposta a terremoti distruttivi che avevano colpito le locali popolazioni. Si trattava essenzialmente di indicazioni per la costruzione di sistemi controventati (sistema baraccato alla beneventana) e di imposizioni sulle altezze massime degli edifici e gli spessori minimi delle murature portanti. E’ il drammatico terremoto di Messina del 1908, uno degli eventi più catastrofici del XX secolo, a spingere l’allora governo del Regno d’Italia all’emanazione delle prime norme antisismiche italiane (Regio Decreto n. 193 del 18 Aprile 1909). Per la prima volta si parla di individuazione delle zone sismiche in Italia, anche se non si trattava altro che della mappa dei territori colpiti da forti terremoti.
Di conseguenza la maggior parte delle zone d’Italia non era classificata come sismica. Tra le varie indicazioni fornite per la progettazione, veniva prescritto che le costruzioni fossero realizzate con una ossatura in legno, di ferro, di cemento armato o di muratura armata, limitando la muratura in mattoni o in blocchi di pietra squadrata o listata, alle costruzioni di un solo piano. Per quanto riguarda le azioni sismiche, la norma prescriveva di considerare forze statiche orizzontali e verticali proporzionali ai pesi. Le azioni statiche dovute al peso proprio ed al sovraccarico dovevano essere aumentate di una percentuale che rappresentasse l’effetto delle vibrazioni sussultorie.
Le azioni dinamiche dovute al moto ondulatorio venivano invece rappresentate attraverso accelerazioni applicate alle masse del fabbricato in due direzioni ortogonali e agenti in entrambi i sensi di ciascuna direzione.
Legge 64/1974
Bisogna attendere alcuni decenni per un diverso approccio al problema della sicurezza sismica, quando nel 1974 viene approvata la legge della Repubblica Italiana n. 64 “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”. Tale legge delega il Ministro dei Lavori Pubblici:
- all’emanazione di norme tecniche per le costruzioni sia pubbliche che private, da effettuarsi con decreto ministeriale, di concerto con il Ministro per l’Interno, sentito il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, e con la collaborazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR);
- all’aggiornamento della classificazione sismica attraverso appositi decreti ministeriali sulla base di comprovate motivazioni tecnico-scientifiche.
Un’innovazione di metodo molto importante dato che fino al 1974 in Italia i comuni erano stati classificati come sismici e sottoposti a norme restrittive per le costruzioni solo dopo essere stati fortemente danneggiati dai terremoti.
La legge n. 64 del 1974 segue di qualche anno la legge n. 1086 del 1971 “Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica” che regolamenta le costruzioni in zone non sismiche e che presenta una simile impostazione con delega ai decreti ministeriali per le indicazioni progettuali da aggiornare periodicamente in base al progresso delle conoscenze tecniche e scientifiche. In conseguenza del riordino normativo della materia edilizia, le disposizioni previste dalla legge n. 64 del 1974 sono successivamente confluite, con alcune modifiche, nel DPR 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, il cui Capo IV reca “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”, con disposizioni specifiche relative alle norme per le costruzioni in zone sismiche, alla relativa vigilanza, nonché alle modalità di repressione delle violazioni.
Tutt’oggi tale legge costituisce il punto di partenza per le prescrizioni in zona sismica.
Dai terremoti del Friuli-Venezia Giulia - Irpinia all'ordinanza 3274 - 2003
Gli studi di carattere sismologico effettuati all’indomani del terremoto del Friuli-Venezia Giulia del 1976 e di quello in Irpinia del 1980, svolti all’interno del Progetto Geodinamica del CNR, portarono ad un notevole aumento delle conoscenze sulla sismicità del territorio nazionale che consentirono la formulazione di una proposta di classificazione sismica su base probabilistica. Con appositi decreti ministeriali, tra il 1981 ed il 1984, il 45% del territorio nazionale fu classificato sismico (con una suddivisione in tre categorie) e in tali zone divenne obbligatorio il rispetto delle specifiche norme antisismiche per le costruzioni.
Tale classificazione è rimasta in vigore per due decenni fino a quando, dopo il terremoto del 2002 in Puglia e Molise, al fine di fornire una risposta immediata alla necessità di aggiornamento della classificazione sismica e delle norme antisismiche, venne emanata l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.3274 del 2003. Tale provvedimento legislativo riclassificò l’intero territorio nazionale in quattro zone a diversa pericolosità, eliminando le zone non classificate. Fu un punto di svolta importante perché venne riconosciuto che nessuna area dell’Italia poteva ritenersi non interessata al problema sismico.
Altro aspetto di novità dell’ordinanza è stato quello di pubblicare le norme tecniche di progettazione antisismica che comprendono, per la prima volta in un documento unico, le diverse tipologie di costruzioni (edifici, ponti ed opere di fondazione e di sostegno dei terreni) nei differenti materiali (calcestruzzo armato, acciaio, composte acciaio e calcestruzzo, legno, muratura). Il tutto in forte sintonia con il sistema di normative già definito a livello europeo, di fatto segnando il passaggio dalle norme di vecchia concezione puramente prescrittive a quelle di nuova concezione di impostazione prestazionale.
In tale ambito gli obiettivi della progettazione che la norma si prefigge vengono dichiarati ed i metodi utilizzati allo scopo vengono singolarmente giustificati.
Le Norme Tecniche per le Costruzioni
L’impostazione introdotta con l’ordinanza è stata confermata dal Decreto Ministeriale del 14/01/2008 “Nuove norme Tecniche per le Costruzioni” successivamente affiancato dalla Circolare del 2 febbraio 2009, n. 617 contenente “Istruzioni per l’applicazione delle Nuove norme Tecniche per le Costruzioni” di cui al decreto ministeriale del 14/01/2008.
In tale decreto l’azione sismica è descritta nel capitolo 3 insieme alle azioni antropiche e ambientali, la progettazione per azioni sismiche è descritta nel capitolo 7 per i diversi materiali (all’acciaio è dedicato il paragrafo 7.5 e alle strutture composte acciaio e calcestruzzo il paragrafo 7.6), infine il capitolo 8 è rivolto ai problemi specifici delle costruzioni esistenti. A tali regole di progettazione si affianca la possibilità di fare riferimento alla normativa europea sulle strutture (Eurocodici), utile riferimento per tutti gli aspetti non esplicitamente trattati nella normativa italiana.
Alle NTC 2008 sono succedute le Norme Tecniche per le Costruzioni 2018, attuale riferimento normativo.
Eurocodici e sviluppi futuri
Gli Eurocodici forniscono delle regole unificate per la progettazione e la verifica di sicurezza delle strutture e dei prodotti da costruzione nell’ambito dell’ingegneria civile. Sono il frutto della raccolta delle esperienze nazionali dei paesi europei e del contributo di comitati tecnici internazionali così come di organizzazioni scientifiche, il tutto ad opera del Comitato Europeo di Normazione (CEN). Gli Eurocodici forniscono una mole rilevante di informazioni e indicazioni per la progettazione strutturale secondo un approccio prestazionale presentato per obiettivi (principi) e indicazioni per raggiungere gli obiettivi prefissati. Sono suddivisi in dieci volumi. L’Eurocodice 0 definisce i concetti di base per la progettazione strutturale a garanzia della sicurezza delle costruzioni, seguito dall’Eurocodice 1 che introduce le azioni (escluso il sisma) da considerare sulle costruzioni. Gli Eurocodici dedicati ai diversi materiali sono il 2 (calcestruzzo armato), 3 (acciaio), 4 (strutture composte acciaio e calcestruzzo), 5 (legno), 6 (muratura), 9 (alluminio). Vi sono poi l’Eurocodice 7 dedicato alla progettazione geotecnica e l’Eurocodice 8 che si occupa della progettazione strutturale in zona sismica, integrando le indicazioni generali presentate per i singoli materiali negli altri volumi degli EC.
Nello specifico, l’Eurocodice 8 è suddiviso in una parte 1 (regole generali, azioni sismiche e regole per gli edifici), 2 (ponti), 3 (valutazione e adeguamento degli edifici), 4 (silos, serbatoi e condotte), 5 (fondazioni, strutture di contenimento ed aspetti geotecnici), 6 (torri, pali e camini). L’Eurocodice 8 parte 1 presenta quattro capitoli generali a seguire capitoli specifici per i vari materiali strutturali, dei quali il capitolo 6 e il capitolo 7 contengono le regole specifiche rispettivamente per le costruzioni in acciaio e composte acciaio e calcestruzzo.
Per soddisfare le diverse esigenze e condizioni locali degli stati appartenenti alla Comunità Europea, gli Eurocodici sono organizzati in modo da permettere in modo semplice modifiche nelle prescrizioni tramite l’assegnazione di parametri che possono essere diversi dai valori indicativi riportati. Tali modifiche vengono realizzate per ciascuno Stato tramite l’emanazione di documenti di applicazione nazionale.
Con la pubblicazione nel 2007 della corrente versione degli Eurocodici è iniziata la fase di implementazione negli Stati membri, aprendo la possibilità ai progettisti delle strutture di diffondere all’interno dell’Europa in modo molto più agevole la propria attività, a tutto vantaggio della libera circolazione delle idee. Parallelamente si è registrato un interesse verso gli Eurocodici in ambito internazionale come standard di riferimento e possibile alternativa alle normative nordamericane che hanno tradizionalmente avuto tale ruolo per diversi decenni, chiaro e lusinghiero dato che conferma l’importanza del grande sforzo di unificazione normativo intrapreso e dei risultati raggiunti. Tuttavia, nonostante l’ampio corpo normativo europeo, le normative nordamericane e statunitensi in particolare rimangono ancora un utile riferimento, soprattutto per l’acciaio in zona sismica vista la consolidata tradizione americana sull’argomento e la maggior rapidità con la quale spesso si passa dalle numerose ricerche applicative finanziate all’aggiornamento e ampliamento delle normative per comprendere nuovi soluzioni e nuovi sistemi strutturali.
Un discorso a parte va fatto quando si parla di interventi su edifici esistenti costituenti il patrimonio storico e artistico. Viste le specificità della situazione italiana, si sentiva l’esigenza di indicazioni che potessero costituire un aiuto al progettista impegnato a lavorare sul patrimonio esistente, indicazioni che non era possibile reperire in normative extra nazionali. In tale situazione, un valido riferimento è dato dalle “Linee guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti del 14/01/2008” pubblicate nel 2011. Nel capitolo 6 di tali linee guida, dedicato ai criteri di intervento per il miglioramento sismico e alle tecniche di intervento, esplicita menzione è fatta agli interventi basati sull’uso di elementi in acciaio che, come già discusso, presentano indubbi vantaggi e potenzialità di impiego.
02. Normativa antisismica
03. Approfondimenti sulle NTC 2018 e la progettazione
Nonostante la struttura delle NTC 2018 sia rimasta sostanzialmente invariata rispetto a quella delle precedenti Norme, numerose modifiche e integrazioni sono state apportate al nuovo testo. Inoltre, l’impianto normativo continua ad allinearsi agli Eurocodici perseguendo sempre più un carattere che vuole essere prestazionale piuttosto che prescrittivo.
Perseguimento che naturalmente deve fronteggiare il fatto che le Norme in questione, essendo cogenti sul territorio italiano, non possono esimersi dall’avere un carattere fondamentalmente prescrittivo.
Diverse novità sono presenti già nel capitolo 2, a proposito di “sicurezza e prestazioni attese”. Oltre ad essere stata data un’attenzione maggiore ai concetti di robustezza e durabilità, c’è stata una riorganizzazione e una razionalizzazione di alcuni paragrafi, soprattutto per quanto riguarda la definizione delle azioni sulle costruzioni e la definizione delle azioni elementari. Anche il capitolo 3 ha beneficiato di diverse integrazioni e modifiche, in special modo per quanto riguarda la definizione dell’azione sismica.
Nonostante non siano state apportate modifiche sostanziali al capitolo 4, relativo alle costruzioni civili e industriali, quest’ultimo ha subito una rivisitazione in diversi punti e, nel caso specifico delle regole di progettazione delle costruzioni in acciaio, sono state fatte diverse aggiunte e integrazioni alle voci che già formavano il capitolo 4.2 delle NTC 2008. In particolare è da segnalare l’armonizzazione all’interno del quadro normativo europeo tramite l’integrazione di puntuali riferimenti normativi per molti degli argomenti trattati. Una novità riscontrabile nella lettura del capito 4.2 è il riferimento alle UNI EN 1090 entrate in vigore il 06/10/2011.
Alcune delle novità più importanti, introdotte con il nuovo testo normativo, riguardano appunto la progettazione antisismica, trattata nel capitolo 7 del testo:
Per quanto riguarda il capitolo 11 delle Norme Tecniche, questo ha subito un’importante rivisitazione, soprattutto alla luce dell’entrata in vigore del regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 9 marzo 2011 che fissa le condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione che ha sostituito la direttiva 89/106/CEE.
Introduzione alle novità apportate alle Norme Tecniche - sicurezza, prestazioni attese e azioni sulle costruzioni
L’art. 52 del D.P.R. 380/2001 stabilisce che tutte le costruzioni pubbliche o private debbano essere realizzate in osservanza delle normative tecniche emanate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici di concerto con il Ministero dell’interno per quanto riguarda gli aspetti relativi alle costruzioni in zona sismica. Dal 22/03/2018 è entrata in vigore la nuova normativa tecnica per le costruzioni (30 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), il D.M. 17/01/2018, subentrando alle vecchie norme approvate con il D.M. 14/01/2018 e rimaste in vigore per 10 anni.
Le disposizioni transitorie trattate nell’articolo 2 del decreto di approvazione delle Norme Tecniche sono riassunte in modo schematico in tabella 1. Inoltre, nella relazione illustrativa al Decreto di Approvazione e Revisione si fa anche riferimento alla Circolare Applicativa.
Si prosegue ad un’analisi delle principali novità presenti, capitolo per capitolo, concentrandosi sul capitolo 2 (sicurezza e prestazioni attese), sul capitolo 3 (azioni sulle costruzioni) e sulla parte del capitolo 4 (costruzioni civili e industriali) relativa alle costruzioni in acciaio.
LE NOVITÀ DEL CAPITOLO 2 – SICUREZZA E PRESTAZIONI ATTESE
Già nel paragrafo “2.1. principi fondamentali” è possibile notare che sono stati aggiunti, ai requisiti che le opere devono possedere, i punti relativi alla sicurezza antincendio e alla durabilità, approfonditi poi nei paragrafi 2.2.3 e 2.2.4. Con riferimento alla durabilità, l’attuale testo pone particolare importanza al raggiungimento di questo requisito elencando una serie di provvedimenti atti a garantirlo tra cui, al punto “e” del 2.2.4., la pianificazione di misure di protezione e manutenzione già in fase di progettazione al fine di rendere economicamente sostenibile la struttura. Pur non essendo esaustiva nella trattazione delle variabili da cui dipende la durabilità e sul come gestirle, la norma risulta molto chiara nel principio presupposto, ovvero: “mantenere, nell’arco della vita nominale di progetto, i livelli prestazionali per i quali è stata progettata, tenuto conto delle caratteristiche ambientali in cui si trova e del livello previsto di manutenzione”.
Inoltre, è stato dedicato un intero paragrafo (2.2.5) alla robustezza, ovvero alla “capacità di evitare danni sproporzionati rispetto all’entità di possibili cause innescanti quali esplosioni o urti” fornendo le strategie atte a progettare un prodotto che, una volta realizzato, sia appunto robusto. Tra le strategie suggerite si può leggere: “adozione di una forma e tipologia strutturale poco sensibile alle azioni eccezionali considerate”, “adozione di una forma e tipologia strutturale tale da tollerare il danneggiamento localizzato causato da un azione di carattere eccezionale”, “realizzazione di strutture quanto più ridondanti, resistenti e/o duttili possibili”, ed è quindi chiaro che l’ottenimento di questo requisito nel prodotto finale passi attraverso il perseguimento di un comportamento “plastico” in tutte le componenti della costruzione. La richiesta di conseguire costruzioni robuste è un chiaro esempio di come alla norma si sia cercato di dare un carattere prestazionale.
Per quanto riguarda la valutazione della sicurezza trattata nel paragrafo 2.3, la filosofia dietro le verifiche strutturali è rimasta invariata e non ci sono sostanziali novità.
Il paragrafo 2.4. affronta la definizione della vita nominale di progetto, della classe d’uso e del periodo di riferimento. Sono state inserite considerazioni sulla provvisorietà delle costruzioni, in particolare: “non sono da considerarsi temporanee le costruzioni o parti di esse che possono essere smantellate con l’intento di essere riutilizzate”. Oltre a questo, per le nuove realizzazioni “la cui fase di costruzione sia prevista in sede di progetto di durata pari a PN la vita nominale relativa alla fase di costruzione, ai fini della valutazione dell’azione sismica, dovrà essere assunta non inferiore a PN e comunque non inferiore a 5 anni”. Come del resto era già previsto nelle NTC 2008, anche nel nuovo testo viene specificata la possibilità di omettere le verifiche sismiche per opere di tipo 1 o in fase di costruzione nel caso in cui il progetto preveda che tale condizione permanga per meno di 2 anni.
Inoltre, nelle NTC 2018, al paragrafo 2.4.3., è prevista la possibilità di adottare valori della classe d’uso CU anche maggiori di 2 nel caso in cui, a seguito di un eventuale raggiungimento degli stati limite, si possano avere conseguenze rilevanti sull’ambiente o sulla pubblica incolumità.
Anche per quanto riguarda la parte sulla definizione delle azioni sulle costruzioni (2.5.) si possono riscontrare interessanti integrazioni rispetto al testo del vecchio DM. Innanzitutto è stato aggiunto un passo rilevante alla fine del paragrafo 2.5.1.3 che tratta la classificazione delle azioni secondo la variazione della loro intensità nel tempo, in cui si specifica che: “quando rilevante, nella valutazione dell’effetto delle azioni è necessario tenere conto del comportamento dipendente dal tempo dei materiali, come per la viscosità”.
Il paragrafo 2.5.2. sulla caratterizzazione delle azioni elementari è stati quasi totalmente riscritto e, in particolare, nel nuovo testo viene evidenziato che il valore caratteristico delle azioni variabili (come neve, vento e azioni indotte dalle variazioni di temperatura) dipende dal periodo di ritorno per il quale viene proposto un valore standard di 50 anni che, nel caso sia necessario, andrebbe rivisto per situazioni particolari.
Non sono state fatte modifiche per quanto riguarda la definizione delle combinazioni delle azioni ai fini delle verifiche agli stati limite (paragrafo 2.5.3.) mentre, oltre ad osservare una definizione più puntuale dei coefficienti di combinazione nella tabella 2.5.I, si nota che sono stati modificati i valori dei coefficienti parziali delle azioni per i carichi permanenti non strutturali (G2). I valori della tabella 2.6.I del nuovo DM relativa ai coefficienti suddetti è riportata in tabella 2.
Per finire, è utile sottolineare la scomparsa dalle NTC 2018 del paragrafo 2.7. relativo alle verifiche alle tensioni ammissibili che quindi, non potranno più essere utilizzate, nemmeno per le costruzioni di tipo 1 e 2 o per edifici particolarmente semplici.
LE NOVITA’ DEL CAPITOLO 3 – AZIONI SULLE COSTRUZIONI
Approcciandosi al capitolo 3 delle NTC 2018 si nota che la tabella 3.1.I, relativa ai pesi dell’unità di volume dei principali materiali, riporta gli stessi valori già presenti nelle NTC 2008. Proseguendo con la lettura, si può subito osservare come la trattazione dei carichi variabili sia stata rivisitata in alcuni punti. Innanzitutto, il paragrafo 3.1.4 porta ora il nome di “sovraccarichi” mentre nelle NTC 2008 era intitolato “carichi variabili” anche se rimane sostanzialmente invariato nei contenuti. Il termine “sovraccarichi” si avvicina di più alle recenti traduzioni degli Eurocodici. La tabella 3.1.II relativa ai valori dei sovraccarichi per le diverse categorie d’uso delle costruzioni ha subito una riorganizzazione e, in particolare, i sovraccarichi per ambienti suscettibili di affollamento sono ora meglio specificati a seconda della categoria di appartenenza. Inoltre, sono state aggiunte la categoria I, coperture praticabili di ambienti di categoria d’uso compresa tra A e D, e la categoria K, coperture per usi speciali quali impianti ed eliporti. Da segnalare inoltre la specifica, in fondo al paragrafo relativo ai sovraccarichi, secondo la quale “in presenza di carichi atipici (quali macchinari, serbatoi, depositi interni, impianti, ecc.) le intensità devono essere valutate caso per caso, in funzione dei massimi prevedibili: tali valori dovranno essere indicati nelle documentazioni di progetto e di collaudo statico”.
Sono stati aggiunti i paragrafi 3.1.4.1, 3.1.4.2 e 3.1.4.3 relativi rispettivamente ai sovraccarichi verticali uniformemente distribuiti, sovraccarichi verticali concentrati e sovraccarichi orizzontali lineari.
Nella definizione dell’azione sismica (3.2) sono rimaste sostanzialmente invariate le definizioni degli stati limite e delle relative probabilità di superamento, nonché delle forme degli spettri elastici. Ci sono però due aspetti considerevoli introdotti nel testo delle NTC 2018. Il primo va ricercato nel paragrafo 3.2.2, relativo alle categorie di sottosuolo e condizioni topografiche, nel quale sono state fornite diverse definizioni per le categorie di sottosuolo B, D ed E, e sono state cancellate le classi S1 e S2. È importante notare che la velocità equivalente delle onde di taglio è riferita all’intero volume significativo di terreno e non più ai soli primi 30 metri e che, oltre a questo, sono scomparse nella classificazione dei profili le correlazioni tra i risultati ottenuti tramite prove in sito e la velocità delle onde di taglio. Quest’ultima modifica può essere giustificata dall’estrema dispersione dei valori ottenuti tramite questo tipo di correlazioni e, quindi, dalla volontà del legislatore di imporre una più approfondita conoscenza delle proprietà geotecniche dei terreni ai fini della valutazione della risposta sismica locale. Il secondo aspetto riguarda una novità importante introdotta nella valutazione dell’azione sismica. In particolare, al 3.2.3.5 (“spettri di risposta di progetto per gli stati limite di danno (SLD), di salvaguardia della vita (SLV) e di prevenzione del collasso (SLC)”), lo spettro di progetto relativo allo stato limite di danno può essere ridotto, tramite un fattore di comportamento q ≤ 1.5, per tener conto dell’effetto combinato della sovra-resistenza e di limitate capacità dissipative. Va giustamente segnalato, infine, come il “fattore di struttura” nelle NTC 2018 il nuovo nome di “fattore di comportamento”; oltre che essere una definizione più vicina alla traduzione degli Eurocodici, vuole anche porre in risalto che la duttilità andrebbe perseguita per l’intera costruzione e non per le sole componenti strutturali.
In merito alle altre azioni variabili, diverse sono le modifiche e le integrazioni presenti nelle NTC 2018. Nel paragrafo 3.3 riguardante il calcolo dell’azione del vento è stata rivista l’espressione che determina i valori della velocità di riferimento del vento vr introducendo il periodo di ritorno, tramite un coefficiente cr dipendente da esso. Anche la definizione della velocità base di riferimento vb ha subito una modifica in quanto è stato introdotto un coefficiente ca che tiene conto dell’altitudine.
Nel paragrafo 3.4 (azione della neve), è stata aggiornata la mappa delle zone di carico neve trasferendo alcune provincie del centro-sud dalla zona III alla zona II. Si tratta in particolare delle provincie di Avellino, Benevento, Frosinone, L’Aquila e Rieti.
Per finire, la trattazione sulle azioni della temperatura (3.5) è stata rivista ampliando il paragrafo 3.5.2 ed in particolare, ai fini dell’individuazione del gradiente di temperatura, il territorio italiano è stato suddiviso in zone termiche alle quali competono due valori di temperatura, Tmin e Tmax, le quali rappresentano la temperatura minima invernale e la temperatura massima estiva dell’aria nel sito di costruzione, con riferimento ad un periodo di ritorno di 50 anni. Si stabiliscono inoltre delle espressioni per il calcolo dei suddetti valori, da utilizzare in mancanza di adeguate indagini statistiche.
REGOLE DI PROGETTAZIONE PER COSTRUZIONI IN ACCIAIO; IL CAPITOLO 4 DELLE NTC 2018
L’impianto normativo delle Norme Tecniche per le Costruzioni pubblicate con il D.M. 17/01/2018 è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al vecchio testo normativo del 2008. Nonostante non siano state apportate modifiche sostanziali al capitolo 4, relativo alle costruzioni civili industriali, questo ha subito una rivisitazione in diversi punti e, nel caso specifico delle regole di progettazione delle costruzioni in acciaio, sono state fatte diverse aggiunte e integrazioni alle voci che già formavano il capitolo 4.2 delle NTC 2008. In particolare è da segnalare l’armonizzazione all’interno del quadro normativo europeo tramite l’integrazione di puntuali riferimenti normativi per molti degli argomenti trattati.
Una novità riscontrabile nella lettura del primo paragrafo è il riferimento alle UNI EN 1090 entrate in vigore il 6 ottobre 2011.
Per quanto riguarda i materiali sono state inserite, oltre ai rimandi alle UNI EN 10025-1, UNI EN 10210-1 ed UNI EN 10219-1, le tabelle con le tensioni di snervamento e di rottura dei diversi acciai da carpenteria (Tab. 4.2.I e Tab 4.2.II). Inoltre è stato inserito un paragrafo, il 4.2.1.2, che contempla l’utilizzo dell’acciaio inox per impieghi strutturali rimandando all’Eurocodice 3 per quanto riguarda le indicazioni e le regole di progettazione. Altra integrazione riguarda i riferimenti da impiegare per l’omologazione degli elettrodi da usare nelle saldature richiamando le UNI EN ISO 2560.
Al 4.2.3.1, la classificazione delle sezioni trasversali degli elementi strutturali non ha subito modifiche sostanziali rispetto a quanto già stabilito nelle NTC 2008; le sezioni di classe 1 sono ora definite duttili in luogo di compatte mentre le sezioni in classe 3 vengono ora definite semi-compatte in luogo di moderatamente snelle. Le sezioni di classe 2 e in classe 4 mantengono rispettivamente la definizione di compatte e snelle. Per il calcolo della capacità resistente delle sezioni in classe 4, che può essere determinata solo con il metodo elastico, ci si può riferire a quanto già previsto dell’Eurocodice (tabelle 5.2 dell’EN 1993-1-1:2005), ovvero al metodo delle caratteristiche geometriche efficaci oppure al metodo delle tensioni ridotte.
Non ci sono modifiche importanti in merito alle verifiche di resistenza salvo per quanto riguarda il paragrafo 4.2.4.1.2.6 relativo alle verifiche a flessione e taglio per le sezioni a I o ad H, di classe 2, doppiamente simmetriche e dove, nella formula, l’area di taglio Av prevista nelle NTC 2008 è stata sostituita dall’area dell’anima Aw in analogia con l’Eurocodice 3.
Anche al paragrafo 4.2.4.1.3.2, la verifica dello svergolamento (instabilità flesso torsionale) delle travi inflesse con profili a I o a H, viene allineata all’Eurocodice 3, ed in particolare si fa riferimento a quanto previsto dal metodo generale della EN 1993-1-1 § 6.3.2.2. Il paragrafo 4.2.4.1.4 relativo alle verifiche a fatica è stato ampliato definendo i tipi di verifica, ovvero la verifica a vita illimitata e la verifica a danneggiamento.
Al paragrafo 4.2.4.1.6 che tratta la verifica di cavi, barre e funi, è stato inserito il rimando alle norme UNI EN 12385, UNI EN 10059 e UNI EN 10060.
Al 4.2.4.1.7, per le verifiche degli apparecchi di appoggio, è stato inserito il riferimento alle UNI EN 1337.
Per quanto riguarda le unioni, sono stati differenziati i coefficienti di sicurezza della tabella 4.2.XIV per il calcolo del precarico delle unioni a serraggio controllato e non controllato. Per le unioni a serraggio controllato, nella formula per il calcolo del momento di serraggio, si assume ora che la resistenza caratteristica a trazione del precarico sia pari a quella di calcolo. Inoltre, in analogia alle UNI EN 14399-1, è stato specificato che “nelle unioni con bulloni ad alta resistenza delle classi 8.8 e 10.9, precaricati con serraggio controllato, per giunzioni ad attrito, le viti, i dadi e le rondelle devono essere forniti dal medesimo produttore”.
Sono state inserite le indicazioni riguardo i valori dei coefficienti di accoppiamento k che nelle NTC 2008 erano presenti solo nella circolare ed è stato specificato che, per bulloni con classe funzionale K1 e K2, il serraggio deve essere eseguito in accordo alla norma UNI EN 1090-2. Anche le indicazioni riguardo il coefficiente di attrito tra le piastre a contatto nelle unioni precaricate è stato aggiornato alle UNI EN 1090-2 con riferimento alla tabella 18 di quest’ultima. Infine, è ora ammesso l’uso di fori asolati o maggiorati rimandando alle indicazioni riportate in UNI EN 1993-1-8.
Per le unioni saldate, ed in particolare per il calcolo della resistenza dei cordoni d’angolo al 4.2.8.2.4, è stata inserita una limitazione sulla tensione ortogonale alla sezione di gola, in accordo alla formula 4.1 del EN 1993-1-8.
Infine, nelle NTC 2008 non era previsto l’utilizzo di acciaio incrudito che invece, nelle NTC 2018, è contemplato al 4.2.9.2 specificando che il suo utilizzo deve essere giustificato mediante specifica valutazione.
Prescrizione sui materiali e prodotti per uso strutturale
Il capitolo 11 delle NTC 2018 ha subito un’importante rivisitazione, soprattutto alla luce dell’entrata in vigore del Regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 9 marzo 2011 che fissa le condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione che ha sostituito la direttiva 89/106/CEE.
Relativamente alle prescrizioni comuni a tutte le tipologie di acciaio, nel paragrafo 11.3.1.1 si confermano i controlli obbligatori previsti nelle NTC 2008 e vengono eliminate le definizioni di forniture e lotti di spedizioni mantenendo solo la definizione di lotto di produzione in riferimento ai controlli da effettuarsi in stabilimento di produzione.
Al paragrafo 11.3.1.3, ai fini del mantenimento della qualificazione, si parla ora di “controlli interni” eseguiti nell’anno e non più in sei mesi. Inoltre, viene specificato che ai fini della conformità statistica tra i risultati dei controlli interni ed i risultati dei controlli effettuati dal laboratorio incaricato, vengano utilizzati metodi statistici di comprovata validità.
Al paragrafo 11.3.1.5 relativo alle forniture e documentazione di accompagnamento vanno segnalate le seguenti integrazioni: le forniture di acciaio, per le quali non sussista l’obbligo di Marcatura CE, devono essere accompagnate, oltre che dalla copia dell’attestato di qualificazione del Servizio Tecnico Centrale come già previsto nelle NTC 2008, anche dal certificato di controllo interno di tipo 3.1, di cui alla norma UNI EN 10204, dello specifico lotto di materiale fornito. Inoltre, sono state aggiunte le frasi:
- “Tutte le forniture di acciaio, per le quali sussista l’obbligo della Marcatura CE, devono essere accompagnate dalla “Dichiarazione di prestazione” di cui al Reg. 305/2011, della prevista marcatura CE nonché dal certificato di controllo interno di tipo 3.1, di cui alla norma UNI EN 10204, dello specifico lotto di materiale fornito”.
- “Nel caso di fornitura in cantiere non proveniente da centro di trasformazione, il Direttore dei Lavori, prima della messa in opera, è tenuto a verificare quanto sopra indicato ed a rifiutare le eventuali forniture non conformi, fermo restante la responsabilità del fabbricante”.
Da notare come in quest’ultima frase ci si riferisca a forniture in cantiere non prevenienti da centri di trasformazione e che quindi il riferimento è esteso non solo alle componenti facenti parte del sistema strutturale.
Grazie anche alle osservazioni avanzate da Fondazione Promozione Acciaio su alcune prescrizioni delle NTC 2018, con l’uscita della Circolare esplicativa del 21/01/2019 si è fatta chiarezza in merito al paragrafo 11.3.1.5. In particolare, viene specificato che il certificato di controllo interno tipo 3.1, citato dalle NTC, è riferito al certificato di origine fornito dall’acciaieria all’atto dell’immissione in commercio del prodotto laminato. Inoltre, viene chiarito che i “kit”, come definiti nell’articolo 2 del CPR e con marcatura CE, non sono obbligati ad essere accompagnati dal certificato di controllo interno di tipo 3.1., ed “è sufficiente accompagnare le forniture con la copia della dichiarazione di prestazione CE, oltre che con il documento di trasporto completo delle informazioni necessarie”.
In merito ai centri di trasformazione, al paragrafo 11.3.1.7, va segnalato che, riguardo il sistema di gestione della qualità del prodotto, è stata omessa la richiesta di certificazione da parte di un organismo terzo indipendente mentre rimane il riferimento alle UNI EN ISO 9001. Inoltre, è stata omessa la richiesta che il direttore tecnico operi in conformità a quanto disposto dall’art. 64, comma 3, del DPR 380/01. Si richiede però che quest’ultimo sia abilitato all’esercizio della libera professione.
Per quanto riguardo l’acciaio per strutture metalliche e per strutture composte, sotto la voce generalità (paragrafo 11.3.4.1) è stato aggiunto: “Per palancole metalliche e per i nastri zincati di spessore ≤ 4 mm si farà riferimento rispettivamente alle UNI EN 10248-1:1997 ed UNI EN 10346:2015” e inoltre: “Per l’identificazione e qualificazione di elementi strutturali in acciaio realizzati in serie nelle officine di produzione di carpenteria metallica e nelle officine di produzione di elementi strutturali, si applica quanto specificato al punto 11.1, caso A), in conformità alla norma europea armonizzata UNI EN 1090-1.”
Per i processi di saldatura, al paragrafo 11.3.4.5, sono stati aggiornati i riferimenti normativi. Sempre per quanto riguarda le saldature, rimangono invariate rispetto alle NTC 2008 le richieste sull’entità ed il tipo dei controlli.
Sia nelle giunzioni a serraggio controllato che nelle giunzioni a serraggio non controllato, è ora richiesto (rispettivamente nei paragrafi 11.3.4.6.1 e 11.3.4.6.2) che agli assiemi vite/dado/rondella sia applicato quanto specificato al punto A del § 11.1 in conformità alla norma armonizzata UNI EN 15048-1. Quindi, per entrambe le tipologie di unione, i bulloni dovranno avere marcature CE e dichiarazione di prestazione DoP.
È stato aggiunto un nuovo paragrafo, l’11.3.4.6.3, che tratta gli elementi di collegamento in acciaio inossidabile e rimanda alla norma europea armonizzata UNI EN 14399-1.
Sono stati aggiornati i riferimenti normativi del paragrafo 11.3.4.6.4 relativi all’acciaio da impiegare per i chiodi da ribadire a caldo, in particolare si rimanda alla UNI EN 10263:2017.
È ora consentito l’impiego di acciaio inossidabile per strutture metalliche e composte. Al paragrafo 11.3.4.8 si dispone che gli acciai da utilizzare debbano essere conformi alle norme armonizzate UNI EN 10088-4 e UNI EN 10088-5, e rechino marcatura CE.
Il paragrafo 11.3.4.9 tratta gli acciai da carpenteria per strutture soggette ad azioni sismiche e sono state modificate le regole addizionali da applicare per le zone dissipative. In particolare, il rapporto tra i valori caratteristici di rottura e la tensione di snervamento deve ora essere maggiore di 1.10 e non più 1.20. Inoltre, mentre nelle NTC 2008, era richiesto che: “la tensione di snervamento massima fy,max deve risultare fy,max ≤ 1.2 fyk” si richiede ora che: “la tensione di snervamento media fy,media deve risultare inferiore ad 1.20 fy,k per acciaio S235 e S275, oppure ad 1.10 fy,k per acciai S355 S420 ed S460”. Oltre a questo, è stato aggiunto che “il valore g0v è specificato nel § 7.5”, riferendosi quindi al paragrafo relativo al capitolo 7 per le regole di progettazione per azioni sismiche in cui si specifica che “ai fini della progettazione, il fattore di sovraresistenza del materiale, g0v è assunto pari a 1.25 per gli acciai di tipo S235, S275 ed S355 e pari a 1.15 per gli acciai di tipo S420 ed S460”.
È stato ampliato il paragrafo 11.3.4.10 dando definizioni più specifiche ed in particolare definendo i centri di trasformazione per carpenteria metallica, i centri di produzione di elementi in acciaio, i centri di prelavorazione o di servizio, le officine di produzione di carpenteria metallica, i centri di produzione di prodotti formati a freddo e lamiere grecate, le officine di produzione di bulloni e chiodi e le officine di produzione di elementi strutturali. Tutte queste definizioni ricadono nell’ambito di prodotti e/o componenti strutturali per cui non sia applicabile la marcatura CE.
Da segnalare che il paragrafo 11.3.4.11.2, relativo ai controlli nei centri di trasformazione e nei centri di produzione di elementi tipologici in acciaio, si apre con la frase: “le procedure di cui ai seguenti … si applicano soltanto ai prodotti per cui sia applicabile il punto B di cui al § 11.1” e quindi le disposizioni successive non si applicano ai prodotti recanti marcatura CE.
Per finire, anche il paragrafo riguardo i controlli di accettazione in cantiere, ovvero l’11.3.4.11.3, ha subito delle modifiche. Sono state meglio definite le modalità di prelievo a seconda della tipologia di materiali pervenute in cantiere ed in particolare, il Direttore dei Lavori, è tenuto ad effettuare i seguenti controlli:
- Per elementi di carpenteria metallica: 3 prove ogni 90 tonnellate
- Lamiere grecate e profili formati a freddo: 3 prove ogni 15 tonnellate
- Bulloni e chiodi: 3 campioni ogni 1500 pezzi
- Giunzioni meccaniche: 3 campioni ogni 100 pezzi.
Inoltre, all’inizio del paragrafo, viene ora specificato che: “I controlli di accettazione in cantiere, da eseguirsi presso un laboratorio di cui all’art. 59 del DPR n. 380/2001, sono obbligatori per tutte le forniture di elementi e/o prodotti, qualunque sia la loro provenienza e la tipologia di qualificazione”.
04. Spettri di risposta
Le azioni sismiche di progetto si calcolano partendo dalla definizione della pericolosità sismica di base del sito di costruzione e sono funzione delle caratteristiche morfologiche e stratigrafiche che concorrono nel determinare la risposta sismica locale.
Le NTC 2018, al paragrafo 3.2, in merito alla definizione dell’azione sismica ed in particolare della pericolosità sismica di base, specificano di far “riferimento agli allegati A e B al Decreto del Ministero delle Infrastrutture 14 gennaio 2008” … “ed eventuali successivi aggiornamenti”. Al 3.2.1 della circolare esplicativa uscita a febbraio 2019 vengono confermati gli stessi riferimenti.
Esempio applicativo
Allo stato attuale della presente guida, si fa riferimento al modello MPS04-S1 rilasciato tra il 2004 e il 2006, i cui dati sono disponibili sul sito http://esse1.mi.ingv.it/ e su cui si basa il software “Spettri di risposta” Vers. 1.03.
Il presente esempio applicativo è relativo all’utilizzo del software “Spettri di risposta” Vers. 1.03, scaricabile dal sito del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ed ora migrato sul portale Sicurnet
Il programma è presentato dall’introduzione che ne illustra sinteticamente le funzionalità (fig. 1).
Supponiamo di voler determinare le azioni sismiche di progetto relative al comune di Pisa. All’interno di FASE1 il software consente di effettuare una ricerca per comune o per coordinate (fig. 2).
Una volta individuato il sito di riferimento, vengono visualizzati i quattro nodi del reticolo che circoscrivono il sito stesso. A questo punto, è possibile scegliere la modalità di interpolazione dei dati forniti per ciascuno di tali nodi. Le modalità previste sono due, ovvero la media ponderata e la superficie rigata (la seconda è quella consigliata); il programma esegue in automatico un controllo sulla correttezza dell’interpolazione.
I dati in uscita in questa prima fase sono:
- I grafici degli spettri di risposta ottenuti in corrispondenza di ciascuno dei nove periodi di ritorno considerati in S1 (fig.3).
- I grafici che rappresentano la variabilità dei parametri ag, Fo e Tc* in funzione del periodo di ritorno Tr(fig.4).
- Una tabella riassuntiva dei valori degli stessi parametri ag, Fo e Tc* per ciascuno dei nove periodi di ritorno considerati in S1 (fig.5).
A questo punto si può passare alla Fase 2, in cui vanno presi in considerazione i dati specifici relativi alla costruzione in oggetto (fig. 6).
In questo caso si ipotizza di dover costruire un edificio con vita nominale Vn pari ad 80 anni ed appartenente alla classe d’uso III, a cui pertanto corrisponde un coefficiente Cu = 1.5. In base a tali valori viene determinato il periodo di riferimento per la costruzione Vr che risulta in questo caso pari a 120 anni. Sono quindi calcolati i valori dei periodi di ritorno corrispondenti alle probabilità di superamento per i quattro stati limite previsti dalle NTC08. I dati in uscita in questa fase rappresentano una selezione effettuata sui dati ottenuti nella fase precedente in corrispondenza dei valori previsti per il periodo di ritorno dei quattro stati limite considerati (fig. 7-8-9).
A questo punto si può passare alla Fase 3 dove viene determinata l’azione di progetto corrispondente a ciascuno Stato Limite (fig. 10).
Supponiamo ad esempio di voler determinare l’azione di progetto per lo Stato Limite di Danno (SLD) e di avere: un sottosuolo di categoria C, una zona topografica di categoria T2 e infine una quota del sito della costruzione pari a circa metà altezza del rilievo topografico (e pertanto h/H = 0.5). Una volta inseriti questi dati vengono forniti i valori dei coefficienti SS, CC e ST necessari per la determinazione dello spettro. In questo caso, trattandosi dello Stato Limite di Danno, selezioneremo l’opzione relativa allo spettro di progetto elastico per la componente orizzontale del sisma; mentre per quanto riguarda la componente verticale si lascia il valore di default previsto dalla normativa per il coefficiente di struttura (q=1.5). A questo punto il programma fornisce in uscita il grafico relativo agli spettri elastici per lo stato limite considerato e le tabelle con i parametri corrispondenti (fig. 11-12-13). Ovviamente, in riferimento alla determinazione dell’azione sismica per gli stati limite ultimi, occorre selezionare l’opzione relativa allo spettro di progetto inelastico; in questo caso, rispetto alla situazione precedente occorre fornire due parametri ulteriori ovvero il fattore di struttura q e l’indicazione circa la regolarità o meno della struttura in altezza.
05. Classificazione del rischio sismico
Di fronte alla necessità di attuare interventi strategici sul patrimonio edilizio italiano atti alla riduzione del rischio sismico, bisogna valutare in maniera prioritaria la loro sostenibilità; per questo la comunità dell’ingegneria civile si sta orientando verso la promozione di interventi di miglioramento piuttosto che di adeguamento, cioè di allineamento alle prestazioni di edifici progettati e costruiti in conformità alle richieste delle normative vigenti. È necessario quindi stabilire l’entità delle azioni, compreso quelle sismiche, che una data costruzione può fronteggiare, partendo da un’analisi costi benefici al fine di definire il guadagno ottenibile da un dato intervento e il costo associato a tale guadagno.
Con la legge di bilancio 2017 (Legge 11/12/2016, n. 232, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 21/12/2016) è stato introdotto il cosiddetto “sismabonus”, da attuare tramite le “linee guida per la classificazione di rischio sismico delle costruzioni nonché le modalità per l’attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi effettuati”. A questa legge è stato dato seguito con il D.M. n. 58 del 28/02/2017 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la sua successiva modifica con il D.M. numero 65 del 07/03/2017 con i relativi allegati. In particolare, l’allegato A del Decreto è costituito dalle “Linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni”.
Le linee guida definiscono otto classi di rischio, che vanno dalla classe A+, associata ad un rischio molto ridotto, alla classe G, corrispondente ad un rischio elevatissimo. Le classi di rischio sono definite sulla base di due parametri quantitativi: la perdita annuale media attesa, PAM, e l’indice di rischio, IS-V. La PAM considera le perdite economiche, associate alla riparazione degli elementi strutturali e non strutturali, espresse come percentuale del costo di ricostruzione dell’edificio. La stima non include i danni ai contenuti e altre perdite indirette. La procedura implementata dalle linee guida prevede la costruzione di una curva continua su un grafico che riporta, sulle ascisse, la frequenza di superamento degli eventi che conducono a un determinato stato limite e, in ordinata, la percentuale del costo di ricostruzione, necessario a riparare i danni che il superamento di quello stato limite comporta. L’area sottesa dalla curva rappresenta la PAM. Da notare che questa curva è caratteristica di ogni singolo edificio e che quindi va calcolata tramite le opportune procedure numeriche stabilite per le verifiche di sicurezza sismica delle strutture.
L’indice di rischio (IS-V) è calcolato come il rapporto tra l’accelerazione realmente sopportabile dalla struttura, secondo lo SLV previsto dalla normativa tecnica, e l’accelerazione al suolo di riferimento del sito di ubicazione della struttura. Si tratta, in sostanza, della capacità percentuale rispetto alla domanda.
La classe di rischio dell’edificio è attribuita in base al minore tra i due parametri (IS-V e PAM).
L’aspetto innovativo di questo approccio sta nell’associare ad ogni stato limite un danno e, a quest’ultimo, un costo economico. Il rischio sismico è quindi valutato dal punto di vista della possibile perdita economica. Con l’intento di utilizzare i fondi pubblici disponibili per realizzare il maggior numero di interventi possibili, c’è una maggiore apertura ai miglioramenti e ai rafforzamenti locali di molti edifici anziché agli adeguamenti di pochi. In questo modo è possibile incrementare in modo più efficiente il livello generale di sicurezza, soprattutto considerando che spesso non c’è un legame lineare tra il costo dell’intervento e la sicurezza che ne consegue. Può capitare infatti che, portando una costruzione al 50% del livello di sicurezza del nuovo, si spenda molto meno della metà di quanto possa essere necessario per portarla al 100%.
È molto importante però che il committente sia informato in modo chiaro di ciò che l’indice di rischio rappresenta: conseguendo un passaggio di classe, in seguito a un intervento di miglioramento, si aumentano sicuramente le prestazioni dell’edificio, senza però che questo raggiunga per forza quelle ottenibili con un adeguamento da normativa. Anche un edificio che riesca ad attestarsi in classe A può, secondo la definizione delle linee guida, avere un indice di rischio pari all’80%, che non lo rende ancora un edificio adeguato.
Un edificio “a norma” (IS-V = 100% e classe PAM = B) presenta un valore di danno medio annuo di ~ 1.1%; perciò è previsto che, in seguito ad un eventuale sisma, possa registrarsi comunque un certo danno anche per un edificio adeguato: di ciò si tiene conto convenzionalmente con la PAM.
Secondo le linee guida, la determinazione della classe di rischio può avvenire attraverso uno dei due metodi: Il metodo convenzionale e quello semplificato. Il primo “è concettualmente applicabile a qualsiasi tipo di costruzione, è basato sull’applicazione dei normali metodi di analisi previsti dalle attuali norme tecniche e consente la valutazione della classe di rischio della costruzione sia nello stato di fatto sia nello stato conseguente all’intervento”.
Invece, il metodo semplificato “si basa su una classificazione macrosismica dell’edificio” ed “è indicato per una valutazione speditiva della classe di rischio dei soli edifici in muratura e può essere utilizzato sia per una valutazione preliminare indicativa, sia per valutare, limitatamente agli edifici in muratura, la classe di rischio in relazione all’adozione di interventi di tipo locale”. Da segnalare che, secondo le linee guida, “l’attribuzione della classe di rischio mediante il metodo semplificato è da ritenersi una stima attendibile ma non sempre coerente con la valutazione ottenuta con il metodo convenzionale, che rappresenta, allo stato attuale, il necessario riferimento omogeneo e convenzionale.” Questo metodo è ammesso “nei soli casi in cui si adottino interventi di rafforzamento locale; in tal caso è ammesso il passaggio di una classe di rischio”. Quest’ultimo metodo è quindi di una procedura molto limitata.
Ai fini dell’ottenimento del sismabonus, l’allegato B al Decreto, contiene il modulo necessario all’asseverazione, da parte del tecnico, della classe di rischio sismico dell’edificio prima e dopo l’intervento progettato, stimando la variazione della classe di rischio che ne consegue.
Progettare e costruire in zona sismica
01. Dal passato al presente
I terremoti e le azioni che producono sulle costruzioni hanno sempre costituito un’insidia con la quale i costruttori si sono dovuti confrontare. Sebbene i terremoti possano avvenire solo in alcune zone (Figura 1), si osserva immediatamente che tali aree coincidono con quelle dove si sono sviluppate molte tra le più importanti civiltà della storia (Figure 2, 3, 4).
Oggi sappiamo come raggiungere livelli accettabili di sicurezza quando progettiamo una nuova costruzione e lo sappiamo fare per una vasta categoria di tipologie che comprendono le strutture di calcestruzzo armato, di acciaio, di legno e di muratura. Parlando di protezione nei confronti dell’azione sismica è comunque opportuno sottolineare due aspetti. Il primo riguarda il concetto di sicurezza. Le azioni, le caratteristiche meccaniche dei materiali e la costruzione nel suo insieme non sono note con precisione per cui non esiste la “sicurezza assoluta” e una probabilità di collasso, piccola ma non nulla, esiste sempre. La resistenza di una costruzione è quindi calibrata in modo da contenere la probabilità di collasso durante il suo ciclo di vita al di sotto di un valore di equilibrio ritenuto accettabile per la società in termini di costi di costruzione e di perdite attese. La seconda questione riguarda l’approccio usuale alla progettazione sismica. Le costruzioni sono progettate in modo da “sopravvivere” a terremoti disastrosi, nel senso che sono in grado di assicurare alle persone la possibilità di rimanere in vita ed uscire dall’edificio. E’ quindi normale che gli edifici si danneggino anche pesantemente durante il sisma e che il loro recupero sia estremamente costoso e spesso non conveniente (demolizione). Sono possibili approcci alternativi da valutare in termini di rapporto costi-benefici ed una consapevole progettazione sismica dovrebbe tener conto non solo dei costi immediati di realizzazione ma anche dei costi attesi nel ciclo di vita per la riparazione dei danni dovuti ai terremoti.
In ambito nazionale è utile ricordare che criteri di progettazione antisismica sono entrati nella pratica progettuale e costruttiva solo di recente. Fino agli anni 80 si è costruito in assenza di indicazioni precise e le costruzioni successive, fino al 2009, sono state progettate in base a criteri antisismici ampiamente inadeguati.
Al momento, la riduzione del rischio sismico delle costruzioni esistenti è una questione particolarmente rilevante ed urgente, la cui soluzione richiede l’avvio di un programma di prevenzione capace di coniugare efficacia e sostenibilità economica.
02. Orientarsi verso la scelta migliore
Dalla progettazione statica alla progettazione dinamica
La progettazione di una costruzione razionale ed efficace in zona sismica parte ovviamente da una sintesi del problema e dall’individuazione dei parametri principali che controllano la risposta. A differenza delle azioni gravitazionali, dirette verticalmente e dovute a peso proprio e sovraccarichi, l’azione sismica è un’azione orizzontale di tipo dinamico che produce un moto di oscillazione della costruzione sufficientemente veloce da rendere significative le azioni di massa. Le regole e i parametri che controllavano la progettazione tradizionale, orientata principalmente a soddisfare le richieste di azioni che agiscono staticamente e sempre verso il basso, non sono più utili nel campo della dinamica e l’approccio progettuale si deve basare su parametri alternativi, individuare e soddisfare requisiti prestazionali differenti, generando sistemi e forme strutturali nuove.
Mentre l’approccio alla progettazione strutturale, di carattere statico, cercava soluzioni a partire da due caratteristiche fondamentali della struttura, la rigidezza e la resistenza, una progettazione di carattere dinamico si sviluppa sulla base di tre parametri fondamentali: la massa, il periodo proprio e la dissipazione.
Caratteristiche dinamiche: massa e periodo proprio
Il ruolo giocato dalla massa complessiva M è semplice: le forze sismiche sono direttamente proporzionali alla massa per cui più una costruzione è pesante, più subirà sollecitazioni intense.
Il secondo parametro, invece, descrive una caratteristica propria del movimento che si manifesta: una volta innescato un moto di vibrazione della costruzione, il tempo impiegato a percorrere un’oscillazione completa prende il nome di periodo proprio T e dipende solo dalle caratteristiche della costruzione. Più precisamente, il periodo proprio T, solitamente espresso in secondi, dipende dal rapporto tra la massa e la rigidezza complessive dell’edificio. A parità di massa M, costruzioni con periodi diversi subiranno azioni di diversa intensità e la relazione tra periodo della costruzione a massima forza complessiva è descritto dallo spettro elastico di risposta Sa(T) (Figura 5). Lo spettro fornisce solitamente un’accelerazione fittizia (pseudo accelerazione) che può essere interpretata come forza per unità di massa (F=Ma).
E’ evidente che la sintesi proposta può risultare brutale per gli esperti di dinamica strutturale e la valutazione della sicurezza passa attraverso analisi più raffinate del problema. Resta comunque il fatto che massa e periodo sono i due parametri fondamentali che il progettista ha a disposizione per controllare la risposta della sua costruzione. Così come risulta evidente che questi due parametri siano già scritti nel sistema costruttivo che si sceglie per l’edificio e che gli esiti in termini di risposta sismica vengano già definiti nei momenti iniziali della progettazione e della concezione del sistema strutturale.
L’ingegneria sismica oggi è in grado di guidare la progettazione verso soluzioni che forniscono lo stesso livello di sicurezza anche utilizzando sistemi costruttivi diversi ma è evidente che soluzioni pesanti con periodo breve, ad es. costruzioni in muratura con pochi piani, devono sopportare azioni più grandi e partono svantaggiate rispetto a soluzioni leggere con periodi di vibrazione più lunghi, ad esempio costruzioni snelle in acciaio.
Si intuisce a questo punto che il parametro massa, che influenza direttamente le forze e indirettamente il periodo, non è un parametro che riguarda esclusivamente la questione strutturale. La massa complessiva dell’edificio è fortemente influenzata dalle scelte di carattere tecnologico che si effettuano per la realizzazione dell’involucro, degli orizzontamenti, delle coperture. A prescindere dal sistema strutturale, una costruzione con pareti di chiusura verticale in mattoni pieni o semipieni subirà azioni sismiche più grandi di una con un involucro realizzato con pannelli prefabbricati leggeri. Oltre alle masse associate al peso proprio dell’edificio esistono anche le masse che derivano dalla destinazione d’uso. Anche in questo caso, la loro distribuzione è in buona parte conseguenza di una scelta del progettista. Ad esempio, la scelta della distribuzione in altezza delle masse è importante perché le masse ai piani più alti producono momenti ribaltanti più elevati. Non è quindi conveniente disporre ai piani superiori spazi destinati a biblioteche o soggetti a grande affollamento, più consono utilizzare destinazioni d’uso meno impegnative in termini di massa.
Si conclude quindi che una buona progettazione sotto l’aspetto della sicurezza sismica non è un tema confinato all’interno della concezione e del dimensionamento della struttura ma è una questione che coinvolge la progettazione nel suo insieme e tutti i soggetti che a questa partecipano.
Dissipazione, duttilità e rapporto costi-benefici
Un aspetto complementare ai precedenti ma fondamentale per la sicurezza riguarda la dissipazione di energia.
Il movimento alla base può essere interpretato come un trasferimento di energia meccanica dal terreno alla costruzione, man mano che l’energia entra il moto si manifesta con intensità crescente, al termine dell’evento il moto si riduce e la costruzione ritorna in quiete dopo che tutta l’energia entrata è stata smaltita o, più tecnicamente, dissipata. L’ampiezza del moto che si manifesta e le associate sollecitazioni sulle costruzioni sono tanto più limitate quanto più il sistema è capace di dissipare velocemente l’energia che sta entrando.
Nell’approccio convenzionale al problema, suggerito nelle principali normative internazionali ed in quella nazionale, la dissipazione di energia deriva principalmente dal danneggiamento della costruzione, danneggiamento che coinvolge inizialmente gli elementi non strutturali (tramezzi, infissi, ecc.) per arrivare alla plasticizzazione dei componenti strutturali nel caso di eventi particolarmente intensi (Figura 6).
In questa logica, tanto più una costruzione è capace di subire danni senza collassare, tanto più sarà capace di dissipare energia, il suo moto sarà più contenuto, le sollecitazioni moderate e il costo della struttura limitato.
Ovviamente, quando arriverà il terremoto, ci sarà un conto da pagare per rendere nuovamente funzionale la costruzione e questo conto sarà proporzionale al danneggiamento. Il proprietario si trova quindi di fronte all’alternativa di scegliere se investire di più nella realizzazione di una nuova costruzione o rischiare di spendere molto di più nel ripristino nel caso di terremoto. Il ventaglio delle possibilità di scelta è estremamente ampio, dipende dalla tipologia del sistema strutturale e dal progetto di dettaglio dei singoli componenti. E’ il progettista che dovrebbe guidare il committente verso la scelta migliore.
Questo aspetto viene descritto dal fattore di struttura q. Tale fattore parte dal valore unitario per le strutture progettate per non danneggiarsi e assume valori via via più grandi in base all’efficacia dei meccanismi di danneggiamento attivati per dissipare l’energia. Ciò determina una riduzione della forza sismica di progetto come illustrato nella Figura 7. In questo modo il progetto strutturale in zona sismica si compone di tre fasi: scelta del fattore di struttura in relazione alla tipologia strutturale e al livello di danno accettato in condizioni sismiche, progetto della struttura con le forze sismiche ridotte in base al fattore di struttura, attuazione di tutte le regole di dettaglio volte a garantire che la struttura abbia effettivamente la capacità di dissipare l’energia sismica in modo coerente con il fattore di struttura adottato.
Approcci innovativi
Negli ultimi anni stanno trovando applicazione approcci più razionali ed efficaci alla questione del controllo dei parametri che definiscono la risposta sismica. La crescente diffusione di queste soluzioni è stata anche sostenuta dalla recente normativa che ne permette l’adozione senza particolari vincoli burocratici.
In sintesi, la risposta sismica può essere migliorata adottando due strategie differenti. La prima interviene sul periodo proprio della costruzione. Come evidente dallo spettro di risposta (Figura 5), se la costruzione oscilla più lentamente (periodo più lungo), le accelerazioni e le forze sismiche si riducono. Il risultato si può ottenere introducendo un sistema flessibile, chiamato isolamento sismico, tra la fondazione solidale al terreno e la parte superiore della costruzione. La seconda strategia interviene sulla dissipazione e si attua introducendo dispositivi speciali, i dissipatori sismici, che provvedono a dissipare l’energia in ingresso, evitando che questa produca un danneggiamento sulla costruzione. Le due tecniche possono anche essere combinate per ottimizzare la prestazione complessiva e sono disponibili sul mercato dispositivi di dissipazione e isolamento basati su tecnologie differenti e pensati per soddisfare le esigenze più varie.
Sotto l’aspetto del rapporto costi-benefici, queste tecniche risultano sicuramente convenienti in una valutazione complessiva nel ciclo di vita della costruzione. In ogni caso, anche i costi iniziali di costruzione sono spesso confrontabili con quelli di una soluzione tradizionale perché i maggiori costi dei dispositivi sono in buona parte compensati dalle economie che si possono fare nella struttura, dove le sollecitazioni sono maggiormente ridotte e non è necessario adottare gli onerosi dettagli costruttivi richiesti dalla progettazione tradizionale.
03. Progettazione di nuove realizzazioni
Edifici per residenze e uffici
Nelle nuove costruzioni l’edificio multipiano viene solitamente concepito sulla base di un sistema strutturale a telaio, composto da elementi lineari, travi e pilastri, e solai dotati di elevata rigidezza nel piano orizzontale. Progettista, costruttore e committente si trovano di fronte a due scelte alternative: il sistema strutturale in calcestruzzo armato o il sistema strutturale in acciaio. Come già discusso, la soluzione in carpenteria metallica è in generale più razionale in zona sismica, anche se molto spesso motivazioni legate alla tradizione del costruire e del progettare conducono a scelte diverse. Oltre agli aspetti prestazionali, è interessante mettere in evidenza come la soluzione metallica presenti una panoramica di possibilità decisamente più ampia e flessibile rispetto alla soluzione in cemento armato.
Le capacità dissipative delle costruzioni di c.a. e l’associato fattore di struttura (fattore di riduzione delle azioni di progetto) variano all’interno di campi piuttosto stretti. Il fattore di struttura varia approssimativamente tra 3 e 5. I meccanismi di plasticizzazione e il conseguente danneggiamento interessano l’estremità delle travi e la base dei setti, restituendo una costruzione che richiede interventi di ripristino diffusi sui telai e sui piani.
Nella costruzione in acciaio si possono adottare sistemi sismo-resistenti tipologicamente diversi, ai quali sono associati fattori di struttura che variano tra 1 e 6.5 e danneggiamenti che spesso si concentrano su pochi elementi facilmente ripristinabili (non mettere in grassetto). La domanda, quindi, sorge spontanea: è possibile progettare con fattori di struttura molto bassi, tra 1 e 2, associati ad accelerazioni sismiche di progetto molto grandi? Nelle costruzioni in acciaio sì.
Se la costruzione è leggera, la forza sismica può essere contenuta anche per accelerazioni elevate. In molte situazioni i requisiti minimi di rigidezza e resistenza vengono dalle verifiche in presenza di vento e l’azione sismica diventa un’azione secondaria e non è più importante avere fattori di riduzione grandi. Tra l’altro, un fattore di struttura piccolo significa danneggiamento limitato in caso di sisma e facilita la rifunzionalizzazione della costruzione.
Un excursus tipologico dei sistemi sismo-resistenti in acciaio potrebbe iniziare dai sistemi con fattore di struttura q=1, progettati senza nessuno sconto sulle azioni sismiche. In questo caso non ci sono vincoli alla morfologia e il sistema è progettato per non danneggiarsi durante il terremoto. Gli altri sistemi codificati sono tutti organizzati secondo uno schema di orizzontamenti rigidi che trasferiscono le azioni orizzontali a pochi elementi verticali di controvento dotati di capacità dissipative più o meno elevate (vedi Figura 8).
I controventi con diagonali a V, dritta o rovescia, presentano una duttilità limitata (q=2-2.5) ma possiedono una buona rigidezza. In caso di terremoto si plasticizzano i soli diagonali e la loro sostituzione è poco costosa e veloce. Un livello superiore di dissipazione si può ottenere con i controventi concentrici con diagonali tese, in questo caso il fattore di struttura è pari a 4. Come in precedenza, la dissipazione si concentra sui soli diagonali, semplificando le operazioni di ripristino. Alla stessa famiglia di controventi reticolari appartengono anche i controventi con diagonali ad instabilità impedita o BRB (Buckling-Restrained Braces). In questo caso i diagonali sono dei veri e propri dispositivi di dissipazione, capaci di fornire prestazioni superiori e più controllabili. Le prestazioni più elevate in termini di fattore di struttura, sempre che siano effettivamente utili nell’economia generale del progetto, si ottengono con i controventi eccentrici e con i sistemi sismo-resistenti a telaio. I fattori di riduzione variano tra 4 e 6.5. I due sistemi sono morfologicamente diversi, i controventi eccentrici sono progettati in modo da concentrare la plasticizzazione e il danneggiamento su piccole porzioni della trave, chiamate link, mentre nei telai il danneggiamento avviene all’estremità delle travi ed è diffuso su campate e piani. Il danneggiamento delle travi ovviamente complica le operazioni di sostituzione che diventano più onerose nel caso dei telai dove il danno può risultare diffuso su ampie porzioni dell’edificio.
A seguire alcune realizzazioni con tipologie strutturali diverse che mettono in evidenza come la soluzione ottimale possa variare da caso a caso, in relazione alla sismicità locale, al sistema costruttivo nel suo complesso e alla funzione della costruzione.
Costruzioni per l'industria e le esposizioni
Esiste un settore del mondo delle costruzioni dove le strutture in acciaio hanno sempre dimostrato di poter fornire ottime prestazioni: è il settore degli ambienti per la produzione o per le esposizioni. Si tratta di due ambiti funzionali che devono rispondere a richieste simili di utilizzo dello spazio e impiegano di conseguenza tipologie strutturali analoghe. La necessità primaria è quella di coprire spazi ampi senza pilastri intermedi con coperture a quote generalmente superiori a quelle degli interpiani delle costruzioni residenziali. Le grandi luci sono il campo di utilizzo dove materiali con elevata resistenza, come l’acciaio, possono essere sfruttati in modo ottimale, spesso mediante l’adozione di sistemi reticolari. Ma non è solo una questione di fattibilità. Nel mondo della produzione e delle esposizioni giocano un ruolo fondamentale anche altri aspetti: la velocità di esecuzione, la modularità e la possibilità di ampliamento, la possibilità di ricollocamento.
Tutti aspetti dove le specificità della costruzione in acciaio possono essere valorizzate, come confermano alcuni esempi illustri. Un esempio è fornito dalla soluzione studiata da Renzo Piano per il Renault centre (Figura 9), sviluppata con particolare attenzione alle questioni che riguardano la modularità e la possibilità di ampliamento, o le officine Jakem di Santiago Calatrava (Figura 10) dove la copertura è realizzata con elementi leggeri e piegabili che ottimizzano il trasporto e la posa in opera.
Se si analizza la prestazione sismica sulla base dei tre parametri fondamentali individuati in precedenza, massa, periodo proprio e duttilità, è immediato osservare la sostanziale assenza del primo (Figura 11), per quanto riguarda gli elementi strutturali. Queste strutture appartengono a sistemi costruttivi che di regola prevedono chiusure verticali e coperture in pannelli prefabbricati leggeri, in lamiera con strati di coibentazione interna, per cui la considerazione sulla leggerezza si estende alla costruzione nel suo insieme. Per quanto riguarda le scelte progettuali, è facile trovarsi di fronte a priorità invertite rispetto agli edifici multipiano. Le masse sono così ridotte che l’azione sismica diventa secondaria rispetto all’azione orizzontale dovuta al vento, proporzionale all’ampiezza delle superfici. Il progetto viene spesso sviluppato senza far ricorso a fattori di riduzione dell’azione sismica, e i vantaggi che si riscontrano adottando una costruzione in acciaio per queste tipologie strutturali vengono enfatizzati nelle zone sismiche.
Il panorama nazionale delle costruzioni esistenti restituisce purtroppo un quadro piuttosto irrazionale. Studi recenti confermano come nella maggior parte dell’Europa, soggetta ad una sismicità mediamente modesta, la grande maggioranza delle costruzioni a destinazione produttiva siano realizzate in acciaio e il c.a. trovi applicazione negli insediamenti produttivi minori mentre in Italia, dove la pericolosità sismica è medio-alta, siano privilegiate le costruzioni in cemento armato (precompresso) e, in parte, anche in muratura (Figura 12).
Per completare il panorama è utile anche ricordare che le normative nazionali hanno in passato privilegiato indicazioni per la progettazione sismica degli edifici multipiano, rispetto alle costruzioni prefabbricate di tipo industriale. L’effetto combinato di elevata pericolosità sismica del territorio e la diffusa elevata vulnerabilità delle costruzioni prefabbricate in c.a.p. determina attualmente un significativo livello di rischio sismico dei nostri insediamenti industriali, come del resto portato all’evidenza dal terremoto dell’Emilia del 2012.
Nelle nuove costruzioni, l’acciaio sta trovando una diffusione crescente anche nel mercato nazionale e la sua ridotta sensibilità alle azioni sismiche sta promuovendo la ricerca di soluzioni più flessibili e di maggior qualità architettonica.
Ponti e viadotti
Per lungo tempo la soluzione costruttiva più diffusa per la realizzazione di ponti e viadotti si è basata sull’adozione di travi prefabbricate in c.a.p., semplicemente appoggiate su sottostrutture disposte a breve distanza a causa della limitata capacità del sistema nel realizzare luci importanti. Una scelta più che altro determinata dal mercato delle costruzioni, tradizionalmente orientato in Italia verso la produzione di calcestruzzo e dei suoi derivati, dall’esperienza delle imprese e dalla cultura dei progettisti. Queste soluzioni sono caratterizzate da pesi elevati e fondazioni impegnative, sottostrutture invadenti, particolarmente penalizzanti nel caso di attraversamenti fluviali e scarsa durabilità.
Sotto l’aspetto sismico, è evidente che un impalcato pesante in c.a.p. determina azioni sismiche particolarmente impegnative. Oltre a questo aspetto è utile ricordare che le progettazioni di quel periodo sono state sviluppate in base a una conoscenza del problema sismico non adeguata che ha prodotto risultati inefficaci nel fronteggiare eventuali terremoti. In particolare, il sistema di vincolo tra impalcato e sottostrutture non veniva progettato con forze adeguate e gran parte delle realizzazioni utilizzava un sistema di vincolo (catena cinematica) che trasferisce l’azione sismica di tutto l’impalcato ad un solo componente delle sottostrutture. La vulnerabilità sismica dei ponti e viadotti esistenti ha trovato ampia conferma nei terremoti più recenti.
Il processo evolutivo della progettazione dei ponti ha determinato una trasformazione del sistema costruttivo dell’impalcato e si è orientato verso la soluzione con travi affiancate in acciaio completate in opera con una soletta collaborante superiore e schema statico a trave appoggiata. Questa è la soluzione oggi più diffusa per le luci piccole e medie (40m-80m), mentre il campo delle luci maggiori è sempre stato di dominio dell’acciaio. L’evoluzione verso queste tipologie, già ampiamente diffuse nel resto d’Europa, è stata inizialmente stimolata da motivazioni tecniche ed economiche e si è rafforzata a partire del 2003 con l’introduzione di norme specifiche per la progettazione sismica dei ponti che promuovevano indirettamente l’utilizzo di sistemi costruttivi di questo tipo. Un impalcato acciaio-calcestruzzo presenta azioni gravitazionali e masse sismiche molto più piccole di quelle di un impalcato convenzionale, producendo un’evidente economia nel dimensionamento di sottostrutture e fondazioni. Molto spesso i ponti vengono protetti dal sisma mediante un sistema di appoggi deformabili e capaci di dissipare energia (isolamento sismico alla base) che richiede l’adozione di dispositivi speciali (isolatori) per la realizzazione del collegamento impalcato-sottostruttura. Anche in questo caso, la tipologia a struttura composta contribuisce all’economia complessiva, poiché richiede un numero ridotto di travi affiancate, spesso solo due, e conseguentemente pochi dispositivi di appoggio. A differenza di altri settori del comparto delle costruzioni, in quello delle infrastrutture si è assistito ad una trasformazione piuttosto veloce dove diverse motivazioni, non esclusivamente legate all’ingegneria antisismica, hanno contribuito ad indirizzare le realizzazioni verso soluzioni non più solo economiche e sicure ma anche più durevoli e di minor impatto ambientale.
04. Progettazione di interventi su edifici esistenti
Adeguamento sismico e innovazione
Gli interventi sull’esistente costituiscono un tema di sempre più sentita importanza di fronte all’invecchiare del patrimonio delle costruzioni e delle infrastrutture realizzate durante i decenni della forte crescita economica e demografica del secolo scorso. Tra questi compare predominante il problema della sicurezza sismica delle costruzioni esistenti, realizzate secondo criteri antisismici obsoleti oppure senza considerare l’azione sismica perché al momento del progetto l’area nella quale sarebbero state realizzate non ricadeva tra quelle classificate sismiche. Oggi è ben noto come l’intero territorio italiano sia soggetto a rischio sismico e i recenti eventi hanno purtroppo evidenziato la vulnerabilità sismica del costruito quale emergenza sociale ed economica che minaccia sia la vita degli abitanti che le attività produttive. Per questi motivi la ricerca di soluzioni efficaci e competitive per ridurre la vulnerabilità delle costruzioni esistenti nei confronti dei terremoti e le loro applicazioni sul campo hanno assunto ruoli di crescente centralità nel settore delle costruzioni. In tale ambito l’acciaio gioca un ruolo indubbiamente fondamentale grazie alle seguenti peculiarità:
- leggerezza degli elementi strutturali, resa possibile da un elevato rapporto peso/resistenza, una caratteristica che, a sua volta, consente di semplificare il trasporto e la posa in opera delle strutture e di ridurre al minimo gli effetti collaterali dovuti all’incremento del carico e delle masse sulle strutture esistenti;
- dimensioni contenute degli elementi strutturali, come conseguenza naturale dell’elevata efficienza strutturale dell’acciaio, una caratteristica che consente di semplificare la sostituzione e/o l’integrazione di opere esistenti con elementi rinforzanti;
- pregio estetico degli elementi in acciaio, fondamentale quando la sinergia strutturale tra materiali vecchi e nuovi si coniuga con il valore architettonico che nasce dal contrasto tra caratteristiche disomogenee;
- rapidità di costruzione, una caratteristica sempre auspicabile, ma in particolar modo quando l’intervento è urgente oppure quando non è possibile una interruzione prolungata dell’uso della costruzione;
- reversibilità degli interventi, caratteristica delle strutture in acciaio basata sui collegamenti a secco smontabili, rilevante soprattutto per gli interventi sull’edilizia storica.
Per tali motivi la carpenteria metallica è una soluzione che molto ben si presta agli interventi strutturali volti alla riduzione della vulnerabilità sismica delle costruzioni esistenti, comunemente realizzate in muratura o in calcestruzzo armato.
Nell’ambito di tali interventi, occorre distinguere tra miglioramento e adeguamento sismico. Nel miglioramento sismico i provvedimenti adottati permettono di garantire una maggiore sicurezza, ad esempio tramite il rinforzo di alcuni elementi strutturali maggiormente vulnerabili, senza modificare in modo significativo lo schema statico della costruzione e senza raggiungere le prestazioni richieste dalla normativa per le nuove costruzioni.
L’intervento di adeguamento sismico, invece, prevede che la struttura sia in grado di resistere agli stessi carichi di progetto richiesti per le nuove costruzioni. Ciò potrebbe comportare la massiccia alterazione del sistema strutturale e la modifica radicale della risposta dell’edificio alle sollecitazioni sismiche.
La normativa nazionale specifica che è possibile eseguire lavori di miglioramento in caso di cambio di destinazione d’uso, per eliminare errori di progettazione e/o esecuzione, quando l’intervento di consolidamento è eseguito su edifici monumentali non adatti a lavori di più ampio respiro.
L’adeguamento sismico è invece obbligatorio nei casi di sopraelevazione o ampliamento di un fabbricato con aumento della volumetria e delle superfici, aumento dei carichi dovuto a un cambio di destinazione d’uso, modifica sostanziale del sistema strutturale a seguito di interventi di rinnovamento rispetto all’originale o, in generale, quando la ristrutturazione comporta un’alterazione del comportamento statico complessivo.
La progettazione degli interventi di adeguamento richiede una preliminare analisi di vulnerabilità della costruzione esistente e la definizione degli obiettivi progettuali, fissando le prestazioni richieste in caso di azioni sismiche: limitazione del danneggiamento degli impianti e del contenuto (controllo delle accelerazioni assolute), limitazione del danneggiamento degli elementi non strutturali (controllo degli spostamenti relativi), sicurezza nei confronti della rottura (controllo delle sollecitazioni e delle deformazioni), protezione a seguito di un evento sismico e sostituzione degli elementi danneggiati, fattibilità e rapporto tra costi e benefici. Successivamente si procede con la definizione della strategia di intervento che può prevedere un incremento di duttilità, dissipazione, resistenza e rigidezza. Per raggiungere tali incrementi di prestazioni strutturali si può in generale procedere tramite interventi sugli elementi strutturali oppure tramite l’inserimento di dispositivi extra-strutturali. Una terza via prevede la riduzione dell’energia sismica in ingresso tramite isolamento sismico.
Grazie alle sue peculiarità, l’acciaio può essere utilizzato con successo sia per interventi locali di rinforzo degli elementi strutturali (Figura 13) che per la realizzazione di dispositivi che affiancano la struttura esistente. Tra queste ultime soluzioni si annoverano i controventi dissipativi, utilizzati con successo in molti recenti interventi di adeguamento sismico di strutture esistenti.
I controventi possono essere inseriti all’interno dei telai della struttura esistente con circoscritti interventi di demolizione e ricostruzione delle tamponature esterne e dei divisori interni, eventualmente affiancati da rinforzi locali nelle travi e nei pilastri. Ciò determina una interruzione nella fruizione delle costruzioni oggetto dell’adeguamento sismico limitata nel tempo e negli spazi convolti. La dissipazione può avvenire ad esempio tramite sistemi elastoplastici ad instabilità impedita che si basano sul comportamento isteretico dell’acciaio quando si supera la forza di snervamento, oppure tramite sistemi viscoelastici che sfruttano le proprietà dissipative di gomme ad alta capacità di smorzamento.
Dato che spesso ci si trova di fronte a strutture esistenti con ridotta duttilità, un punto critico nella progettazione di tali sistemi di controventi dissipativi è quella di garantire l’attivazione della dissipazione per spostamenti laterali ridotti. Ciò determina, nel caso dei controventi ad instabilità impedita, l’utilizzo di elementi sacrificali piuttosto corti, quindi solo un tratto del controvento sarà danneggiato ed eventualmente sostituito in caso di azione sismica di elevata entità.
Una soluzione alternativa che preveda dissipatori elastoplastici o viscoelastici è quella che sfrutta sistemi di controvento esterni alla struttura esistente. Adottando questa soluzione si possono ottenere numerosi vantaggi: non si interrompe l’utilizzo della struttura esistente in quanto tutte le operazioni di costruzione e montaggio non coinvolgono gli spazi interni, le fondazioni esistenti non sono gravate da carichi aggiuntivi in condizioni statiche e sismiche, è più semplice controllare il comportamento sismico in quanto il progetto non è vincolato alla distribuzione degli spazi interni e meno influenzato dalla planimetria dell’edificio, è possibile integrare nei dispositivi esterni funzioni accessorie, quali scale di sicurezza o pianerottoli di collegamento, o elementi di caratterizzazione architettonica.
Beni culturali: tutela e valorizzazione
Gli edifici esistenti con valenza storico-monumentale costituiscono uno straordinario patrimonio per l’Italia e necessitano di essere salvaguardati come documenti delle radici culturali del paese e valorizzati affinché possano essere inseriti in un circuito economico di crescita. Il deterioramento dei materiali e la concezione statica legata alle sole azioni gravitazionali rendono le costruzioni storiche estremamente vulnerabili nei confronti dell’azione sismica e richiedono interventi in grado di preservarne l’integrità. Affinché non si abbia la perdita del valore culturale del bene architettonico, e perché questo possa essere consegnato ai posteri, gli interventi devono essere concepiti ed eseguiti nella logica del restauro.
La scelta delle tecniche di intervento è questione assai complessa ed è subordinata alla profonda conoscenza del bene in cui le questioni storiche ed evolutive sono da ricostruire sovrapponendo alle vicissitudini politico-culturali e naturali, i risultati di studi archivistici ed iconografici, e quelli di analisi geometrico-architettoniche e materico-strutturali. Prima di scegliere i materiali è necessario concepire l’intervento mirando a ridurre o eliminare puntualmente le vulnerabilità riconosciute, lasciando inalterati i meccanismi non interessati, rispettando l’autenticità del bene, limitando al massimo le sostituzioni e conservando i materiali originali con un completo controllo visivo dei presidi posti in opera. L’intervento dovrà essere non invasivo, ovvero reversibile, affinché possa essere manutenuto e sostituito nel momento in cui si rendano disponibili nuovi materiali o tecnologie ancor meno invasive di quelle usate; l’intervento dovrà essere realizzato valutando le compatibilità meccanico-strutturali e quelle chimico-fisiche con i materiali ed i sistemi costruttivi del bene architettonico.
I sistemi di rinforzo possono essere concepiti impiegando materiali tradizionali posti in opera con tecniche affini a quelle originali o con tecniche innovative, o impiegando elementi strutturali realizzati con materiali moderni in affiancamento o in sostituzione di elementi degradati, per rinforzare la struttura indebolita o per integrare la struttura esistente in modo da eliminare le vulnerabilità intrinseche del sistema tradizionale.
Ciò premesso, la scelta dei materiali e delle tecniche di intervento devono essere le più adatte alla conservazione del valore culturale del bene. In un trascorso non molto lontano l’uso del cemento portland e del calcestruzzo strutturale ha fatto pensare a sistemi compatibili con gli edifici storici, realizzati in massima parte in muratura, fino a che eventi clamorosi e tragici hanno dimostrato non solo l’incapacità di preservare la costruzione ma anche la dannosità dell’uso di questi materiali spesso incompatibili anche dal punto di vista chimico-fisico. L’inserimento di elementi in calcestruzzo armato, infatti, oltre che aumentare le masse delle costruzioni, introduce evidenti discontinuità strutturali, capaci di mettere in discussione gli equilibri necessari a garantire la staticità di sistemi basati sul comportamento attritivo del materiale. Alla luce di ciò, l’acciaio, già storicamente usato, rimane il materiale più affidabile negli interventi di restauro strutturale in quanto possiede tutte le caratteristiche atte a garantire la piena compatibilità con l’edificio storico.
Il primo punto a favore dell’uso di elementi in acciaio è sicuramente la quasi completa reversibilità dei sistemi che vengono posti in opera prefabbricati ed ancorati alla costruzione esistente per mezzo di piastre di contrasto ed elementi di contatto. Sistemi di tiranti realizzati con acciai ad alte prestazioni sono per questo molto usati proprio nella predisposizione di presidi atti a contrastare le spinte di archi e volte in edifici di assoluto interesse storico (Figura 15) ed archeologico.
Secondo aspetto vincente è la possibilità di realizzare sistemi per assolvere a compiti specifici senza alterare i meccanismi resistenti virtuosi del sistema esistente (criterio del minimo intervento). Ad esempio, possono essere realizzate cordolature di coronamento degli edifici per conferire alla muratura il necessario incatenamento sommitale, favorendo l’ancoraggio di elementi esistenti (es. capriate in legno) affinché non si sfilino dagli alloggiamenti e nel contempo costituiscano un vincolo nei confronti del ribaltamento delle pareti, senza aggiungere masse significative e garantendo la massima flessibilità nei confronti degli spostamenti verticali che devono essere lasciati liberi per non alterare gli stati tensionali dovuti alle azioni gravitazionali (Figura 16).
Altro esempio significativo è la possibilità di progettare nel dettaglio sistemi di irrigidimento di piano, da porre in opera a secco e capaci di integrare anche elementi rompitratta, atti a garantire l’efficienza membranale interferendo al minimo con il regime tensionale dovuto ai carichi verticali con minimi aggravi di massa e garantendo la conservazione degli orizzontamenti e coperture esistenti (Figura 17).
Terzo aspetto positivo è la similitudine tra sistemi di orizzontamento e copertura in legno e in acciaio; se sostituire un solaio in legno con uno in calcestruzzo armato è operazione alquanto invasiva e dannosa per una costruzione esistente in muratura, la sostituzione di elementi lignei (travi e capriate) con elementi simili in acciaio, per quanto discutibile dal punto di vista materico, è assolutamente compatibile dal punto di vista costruttivo e meccanico-strutturale.
Quarto aspetto positivo, al quale si è già fatto cenno, è l’ottimo rapporto prestazionale tra caratteristiche meccaniche e massa, fondamentale nel limitare l’inerzia dei sistemi. Ciò rende particolarmente adatto l’uso dell’acciaio nella valorizzazione degli edifici storici: la possibilità di progettare sistemi con massa ridotta (in alcuni casi compensabile con la sostituzione di elementi non strutturali) e comportamento specializzato per fronteggiare azioni specifiche (soppalchi, passerelle, scale) permette l’inserimento di sistemi strutturali in grado di amplificare la fruibilità del bene senza alterarne il comportamento sismico complessivo e mantenendo la permeabilità visiva necessaria per godere degli apparati della costruzione storica (Figura 18).
Quinto punto di attenzione riguarda la riconoscibilità dell’intervento. Particolarmente significativi sono i sistemi di integrazione di elementi lignei capaci di garantire la conservazione materica degli elementi strutturali originali rispettando appieno il criterio della riconoscibilità dell’intervento (Figura 19).
Infine, la compatibilità chimico-fisica del materiale, un tempo discussa per la facile ossidabilità caratterizzata da aumento di volume e colature, è oggi superata dall’impiego di elementi zincati o in acciaio inossidabile che possono essere usati occasionalmente per risarcire lesioni nei paramenti murari, realizzare l’ammorsamento tra paramenti privi di elementi di ingranamento o come elementi di ancoraggio di strutture in acciaio esterne.
Terremoti e sostenibilità: il primato delle costruzioni in acciaio
In termini generali, è evidente che i terremoti producono perdite economiche e sociali particolarmente rilevanti.
E’ altrettanto consolidato il fatto che la prevenzione, intesa come l’insieme delle azioni necessarie a ridurre il rischio sismico, costi meno delle perdite, dirette e indirette, da affrontare in caso di terremoto. Nonostante questo, la prevenzione incontra spesso resistenze nella sua applicazione per motivi legati alla percezione del rischio che conducono spesso a scelte irrazionali. Costruire una nuova costruzione con prestazioni sismiche migliori richiede solitamente un incremento, lieve ma certo, dei costi iniziali di costruzione mentre riduce drasticamente le perdite quantificabili nel caso di terremoto. Questo evento viene comunque percepito come improbabile, anche se così non è nell’arco di vita di una costruzione, e il problema ignorato. A questo aspetto, di carattere culturale e relativo alle nuove costruzioni, si somma il problema delle costruzioni esistenti, per le quali un’azione di prevenzione completa e immediata non sarebbe economicamente sostenibile.
Le considerazioni precedenti hanno determinato una crescente attenzione per tutti gli studi orientati ad una valutazione più razionale del rischio sismico e, più in generale, della sua influenza sui costi attesi nell’arco di vita dell’edificio. Studi che prendono in esame sia le possibili perdite dirette (es. riparazione dei danni) che quelle indirette (es. interruzione delle funzioni), valutando i costi in termini di consumo di risorse e di impatto ambientale. Il mondo delle costruzioni si sta velocemente muovendo verso nuovi criteri per orientare le scelte nell’ambito delle nuove costruzioni e per individuare priorità e strategie di intervento per quello che riguarda il patrimonio esistente.
Per quanto riguarda le nuove costruzioni, le migliori prestazioni della costruzione in acciaio rispetto ad altre soluzioni, in termini di sostenibilità, è un fatto ormai riconosciuto. E’ interessante sottolineare che questo primato è confermato anche nello specifico delle costruzioni in zona sismica: ad esempio si riporta il confronto tra consumo di energia richiesto per due costruzioni con le stesse caratteristiche funzionali e di resistenza al sisma, la prima realizzata con una struttura in c.a. ed elementi di completamento tradizionali e la seconda con struttura in acciaio ed elementi di completamento prefabbricati con connessioni a secco (Figura 20).
Più articolate e complesse le considerazioni relative alle costruzioni esistenti, per le quali sono in fase di studio metodi di valutazione del rischio finalizzati ad una classificazione sismica analoga a quella energetica, ormai ampiamente diffusa. La valutazione del rischio passa attraversa una stima dei danni mediamente attesi nel ciclo di vita, tenendo conto della probabilità che un evento sismico di un’assegnata intensità si verifichi durante la vita utile della costruzione (pericolosità), delle specifiche caratteristiche di resistenza della costruzione (vulnerabilità), dei costi diretti e indiretti da sostenere nel caso di danneggiamento (esposizione). Il quadro complessivo può essere sintetizzato in termini di costo annuo atteso per metro quadro e convertito, in un’interpretazione orientata alla sostenibilità ambientale, in consumo di energia atteso per anno, per metro quadro. Si può ottenere in definitiva una grandezza omogenea a quella utilizzata per la classificazione energetica dalla quale far scaturire un’analoga classificazione sismica. Anche in questo caso, a parità di altre condizioni (pericolosità sismica e destinazione d’uso), il costo atteso per perdite causate dal sisma risulta solitamente inferiore nel caso di una costruzione in acciaio rispetto ad altri sistemi costruttivi. Si riportano ad esempio alcuni risultati di uno studio di confronto tra edifici in c.a. e edifici in acciaio progettati con diversi livelli di capacità resistente nei confronti del sisma; i costi di riparazione sono espressi in equivalente consumo di energia e la situazione si riferisce ad un terremoto con periodo medio di ritorno di 100 anni (Figura 21). Si rileva quindi che le generali considerazioni sulle migliori caratteristiche di sostenibilità ambientale delle costruzioni in acciaio conservano la loro validità anche nello specifico del comportamento nei confronti delle azioni sismiche.
05. Progettazione di elementi non strutturali in zona sismica: scaffalature
Gli elementi non strutturali possono essere definiti come quegli elementi “senza funzione strutturale” il cui danneggiamento può però provocare danni a persone e devono quindi essere verificati, insieme ai loro collegamenti alla struttura, per l’azione sismica corrispondente a ciascuno degli stati limite considerati.
06. I terremoti non sono tutti uguali
Le scelte strutturali in zona sismica sono strettamente connesse alle caratteristiche del terremoto di progetto previsto nel luogo in cui si costruisce. E’ quindi utile definire dei parametri che permettano di descrivere terremoti sostanzialmente diversi in termini di risposta strutturale e correlare questi parametri con informazioni deducibili dal luogo di costruzione.
Analizzare un terremoto
Un terremoto è descritto da una storia di accelerazione del terreno (Figura 22) e le informazioni di interesse possono essere scomposte, in termini qualitativi, in un fattore di scala, che descrive l’intensità dell’evento, e nei suoi contenuti in frequenza, che descrivono la variabilità del moto e producono effetti differenti su costruzioni con periodi di vibrazione diversi.
Ai fini del progetto è utile descrivere questi aspetti tramite gli spettri di risposta elastici che forniscono direttamente il massimo della risposta prevista in un sistema con periodo proprio di vibrazione T. In questo caso l’intensità può essere associata al valore di accelerazione corrispondente al periodo T=0, e corrispondente alla massima accelerazione del terreno, mentre i contenuti in frequenza influenzano la forma dello spettro e i massimi valori attesi al variare del periodo proprio dell’edificio.
Una volta decisi alcuni aspetti di carattere generale che riguardano la misura della sicurezza, come la vita utile della costruzione e la probabilità di subire un terremoto maggiore di quello considerato nel dimensionamento, parametri che influenzano l’azione di progetto dipendono dal luogo e sono sostanzialmente tre: la posizione geografica del luogo in cui si costruisce, le caratteristiche meccaniche degli strati superficiali del terreno e le caratteristiche morfologiche del terreno.
In Figura 23 sono riportati i valori di accelerazione del terreno attesi sul territorio italiano (probabilità di superamento del 10% in 50 anni). E’ evidente come nel territorio nazionale esistano situazioni fortemente diversificate e in alcune aree l’azione sismica influenza molto poco le scelte strutturali e i costi di costruzione mentre in altre aree l’accelerazione è piuttosto grande e condiziona fortemente le scelte progettuali.
Una volta inquadrato il problema in termini geografici, diventa importante la localizzazione di dettaglio e le caratteristiche di deformabilità del terreno. In generale, terreni più deformabili determinano azioni sismiche più intense, soprattutto nel caso di edifici con periodo di vibrazione lungo. Quanto detto risulta evidente dalla sovrapposizione degli spettri di progetto per le 5 classi di terreno considerate dalla normativa (Figura 24). Anche in questo caso le situazioni di progetto possono cambiare significativamente da caso a caso e costruzioni vicine ma fondate su terreni di diversa natura possono essere interessate da azioni sismiche molto differenti.
L’ultimo aspetto riguarda la morfologia superficiale del terreno e la situazione peggiora passando da una costruzione su terreno pianeggiante ad una su pendio o su cresta, come descritto dagli spettri di Figura 25.
Esempi d'intervento
01. Interventi sull'esistente
La progettazione degli interventi di adeguamento e/o miglioramento sismico su edifici esistenti, spesso realizzati senza alcun riferimento a normative sismiche o facendo riferimento a norme obsolete, pone ogni volta nuove problematiche peculiari dello specifico manufatto, richiedendo interventi specifici difficilmente standardizzabili.
Per queste ragioni sono state raccolti ed illustrati, nella presente sezione, alcuni esempi di interventi di adeguamento e/o miglioramento strutturale eseguiti su edifici esistenti in muratura e c.a., con l’impiego di elementi in acciaio, che si rivela spesso essere un materiale particolarmente adatto alla risoluzione di questa classe di problematiche.
Edifici esistenti in muratura
Edifici esistenti con telaio in cemento armato
02. Interventi ex novo
Le recenti normative richiedono per la progettazione di nuove costruzioni in zona sismica elevate prestazioni strutturali in termini di rigidezza, resistenza e duttilità.
In un simile contesto, l’acciaio si impone come un materiale capace di soddisfare i requisiti di sicurezza strutturale garantendo al tempo stesso elevata durabilità e flessibilità architettonica con costi spesso contenuti.
In questa sezione sono illustrate alcune nuove realizzazioni di opere strutturali ed infrastrutturali in zona sismica al fine di dare evidenza delle potenzialità offerte dall’impiego di profili in acciaio.
I terremoti del passato
Raccolta terremoti del passato
1908 - Messina
TIPOLOGIA: Vulcanico
EPICENTRO: Messina
MAGNITUDO: 8 Richter
INTENSITA’: 10 Mercalli
LOCALITA’ COLPITE: Messina, Reggio Calabria, Villa San Giovanni Palmi
FONTI: archivio istituto nazionale geofisica e vulcanologia, archivio vigili del fuoco, www.cronologia.it, www.cannitello.it, www.rkm.com, www.lecosebelledellavita.com , www.tianoviaggi.it, www.corazym.org, www.guidasicilia.it
1920 - Garfagnana e Lunigiana
Tipologia: Terremoto crostale
Epicentro: Alpi Apuane
Magnitudo: 6.5 Richter
Intensità: X° Mercalli
Località colpite: Castelnuovo Garfagnana, Barga, Aulla, Fivizzano, Castelvecchi, Monterchi, San Donnino, Sassalbo, Villacollemandina
Fonti: INGV
1976 - Friuli
Tipologia: Terremoto crostale
Epicentro: Osoppo e Gemona del Friuli
Magnitudo: 6.4 Richter
Intensità: X° Mercalli
Località colpite:
Amaro, Artegna, Attimisi, Avilla, Bordano, Buia, Casacco, Castelnovo, Cavasso Nuovo, Cavazzo Carnico, Chiusaforte, Cividale, Colloredo,Cornino, Faedis, Fanna, Forgaria, Frisanco, Gemona, Lusevera, Magnano in Riviera, Maiano, Meduno, Mels, Moggio, Montenars, Nimis, Osoppo, Pinzano, Pontebba, Ragogna, Resia, San Daniele, Sequals, Spilimbergo, Susans, Taipana, Tarcento, Travesio, Udine, Venzone
Fonti: INGV
1980 - Irpinia
Tipologia: Tettonico
Epicentro: Monti Marzano, Carpineta, Cervialto
Magnitudo: 6,9 Richter
Intensità: X Mercalli
Località colpite: Campania e Lucania
Fonti:
Archivio Prof. Ing. Aurelio Ghersi; Archivio Prof. Ing. Ortolani; Archivio Ing. Ronconi; Archivio Istituto nazionale Geofisica e Vulcanologia; Archivio Vigili del Fuoco
1990 - Santa Lucia
Tipologia: Terremoto crostale
Epicentro: Augusta
Magnitudo: 5.3 Richter
Intensità: VII / VIII Mercalli
Località colpite: Augusta, Carlentini, Priolo, Melilli, Ragusa e provincia, Siracusa, provincia di Catania
Fonti: INGV, Servizio Sismico Regione Toscana
1997 - Umbria e Marche
Tipologia: Terremoto crostale
Epicentro: Colfiorito, Foligno
Magnitudo: 5.8 Richter
Intensità: IX° Mercalli
Località colpite: Piana di Colfiorito (Foligno), Verchiano, Foligno, Sellano, Nocera Umbra, Serravalle di Chienti, Assisi, Sorifa, Fabriano, Gualdo Tadino.
Fonti: INGV, Servizio Sismico Regione Toscana
2002 - Santa Venerina
Tipologia: Vulcanico
Epicentro: Isola di Stromboli
Magnitudo: 3.9 Richter
Intensità: VI° Mercalli
Località colpite: Nord Est della Sicilia, Isole Eolie, Versante Sud-Occidentale della Calabria, Milo, Santa Venerina, Zafferana Etnea
Fonti: Regione Toscana, INGV, Archivio prof. A. Ghersi
2002 - Molise
Tipologia: Terremoto crostale
Epicentro: 5-10 km da S. Giuliano di Puglia
Magnitudo: 5.9 Richter
Intensità: VIII Mercalli
Località colpite: Santa Croce di Magliano, S. Giuliano di Puglia, Larino, Provincia di Campobasso
Fonti: INGV
2009 - L'Aquila
Tipologia: Terremoto crostale
Epicentro: L’Aquila
Magnitudo: 5.9 Richter
Intensità: VIII/IX Mercalli
Località colpite: L’Aquila, località limitrofe della provincia
Fonti: INGV
Il scossa principale del terremoto dell’Aquila del 2009 si è verificata il 6 Aprile alle ore 3.32 con epicentro alle coordinate geografiche 42°20′51.36″N 13°22′48.4″E e magnitudo 5.9. Ad evento concluso il bilancio definitivo è stato di 309 vittime, oltre 1500 feriti e oltre 10 miliardi di euro di danni stimati.
Il terremoto dell’Aquila è ricordato, oltre per gli ingenti danni in termini di vite umane, danni economici diretti e indiretti e per le conseguenze sociali, anche per tutte le vicende, giudiziarie e non, del periodo post-sisma.
A rendere molto particolare la fase di ricostruzione dell’Aquila è stata inoltre la realizzazione del progetto C.A.S.E. (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili), art. 2 del decreto n. 39 del 28 aprile, convertito in legge il 24 giugno 2009, il cui scopo era quello di fornire, in breve tempo, alloggi provvisori ma di media qualità. Tali edifici poggiano su basamenti sorretti da colonne su cui sono installati isolatori sismici che, in caso di scossa, isolano le piattaforme dal terreno. Alcuni di essi sono inoltre realizzati in carpenteria metallica.
E’ inoltre importante ricordare l’ingente sforzo per la messa in sicurezza degli edifici danneggiati del centro storico de l’Aquila che ha portato alla realizzazione di strutture provvisorie, in particolar modo in acciaio o in legno, di particolare interesse dal punto di vista tecnico.
2012 - Emilia Romagna e Lombardia
Tipologia: Terremoto crostale
Epicentro: 20 Maggio: Finale Emilia (MO)
29 Maggio: Tra Mirandola, Medolla e San Felice sul Panaro (MO)
Magnitudo: 20 Maggio: 5.9; 29 Maggio: 5.8
Intensità: VIII EMS
Località colpite: Province di Ferrara, Modena, Mantova, Bologna e Rovigo
Fonti: INGV, ReLUIS
Il terremoto dell’Emilia, Lombardia e Veneto del 2012 è un evento sismico costituito da una serie di scosse localizzate prevalentemente nelle province di Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia, Bologna e Rovigo con un numero totale di vittime pari a 27.
Le principali scosse sono state registrate il 20 maggio 2012 alle ore 04:03:52, M=5.9, con epicentro nel territorio comunale di Finale Emilia (MO), con ipocentro a una profondità di 6,3 km e il 29 maggio 2012 alle ore 09:00:03, M=5,8, con epicentro nella zona compresa fra Mirandola, Medolla e San Felice sul Panaro.
Il sisma ha dunque colpito una zona ad altissima densità di insediamenti industriali, evidenziando non solo il problema del rischio connesso ai lavoratori in luoghi di lavoro non sufficientemente sicuri, ma anche le conseguenze socio-economiche associate all’interruzione delle attività produttive.
Per permettere una quanto più rapida ripresa delle attività produttive, assicurando al tempo stesso adeguati livelli di sicurezza dei lavoratori, il Governo Italiano ha varato il 6 Giugno 2012, il decreto n. 74, successivamente convertito con modiche dal Parlamento Italiano nella legge n. 122 del 1 Agosto 2012. In questa legge sono perseguiti due obiettivi principali: il primo, a breve termine, consiste nella ripresa delle attività produttive a seguito della realizzazione di interventi di “prima fase” che, sulla base di criteri semplificati di verifica, permettessero l’eliminazione delle principali fonti di vulnerabilità sismica della struttura ospitante l’attività produttiva; il secondo, a medio-lungo termine, consiste nell’esecuzione di verifiche di vulnerabilità sismica e negli eventuali interventi di rinforzo/miglioramento sismico necessari a assicurare un livello di sicurezza adeguato per un’intensità dell’azione sismica pari al 60% di quella prevista per una nuova costruzione.
Dato l’elevato numero di costruzioni da verificare e considerando che molte di esse non hanno subito danni significativi a seguito del sisma, la legge del 1 Agosto 2012 introduce un grande elemento di novità: gli insediamenti che sono stati interessati da un’azione sismica di intensità superiore al 70% di quella prevista dalle NTC08 per una nuova costruzione e che hanno dimostrato un comportamento sostanzialmente in campo elastico, sono escluse dall’obbligo di verifica. Il terremoto è dunque utilizzato, nelle zone in cui è stato caratterizzato da una sufficiente intensità, come un elemento di “collaudo” in situ.
Superbonus per interventi antisismici
Decreto rilancio
D.L. n°34 19/05/2020
Il 17 luglio 2020 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 77, di conversione con modifiche del D.L. 19/05/2020, n. 34 (c.d. decreto Rilancio), recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Diventano dunque definitive, fra le altre novità introdotte alla Camera, quelle relative al superbonus al 110%.
Contesto storico-normativo italiano
Dovendo sostenere ingenti spese ed essendoci sempre meno risorse pubbliche e private a disposizione, risulta sempre più necessario fare chiarezza sia sulla pericolosità sismica del territorio nazionale e dello stato del nostro patrimonio edilizio, sia di identificarne un livello minimo di sicurezza da conferirgli e quindi sostanzialmente di pervenire ad una “classificazione” sismica.
È stata quindi introdotta la prima normativa sismica nazionale, la Legge 2 febbraio 1974 n. 64, che imponeva la classificazione sismica di tutti i comuni. Purtroppo, essendo la sismica una materia concorrente, ha avuto necessità di provvedimenti regionali, attuati fra l’81 e l’84, quando ormai circa 80% del nostro patrimonio era stato realizzato in assenza di criteri antisismici.
Premesso che le NTC 2018 ammettono per un edificio il suo danneggiamento qualora venga raggiunto lo stato limite della salvaguardia della vita (SLV), in occasioni dei vari terremoti si è riscontrato che gli edifici si sono danneggiati profondamente anche per azioni sismiche molto più basse, risultando quindi più vulnerabili. Sono state inoltre riscontrate ingenti perdite economiche, soprattutto a seguito del sisma del 2012 avvenuto in Emilia-Romagna, da ricondurre non solo al danneggiamento degli elementi strutturali, ma anche e soprattutto di quelli non strutturali.
Queste sono sinteticamente le premesse che hanno condotto alla classificazione sismica da parte dello Stato.
Sismabonus - classificazione del rischio sismico
La Legge di Bilancio 2017 (Legge 11/12/2016 n. 232) ha preparato il terreno, con le modifiche all’articolo 16, all’applicazione del sismabonus principalmente sui seguenti aspetti:
- Concessione di una finestra più ampia per la detrazione di imposta, pari a 5 anni (dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021), rispetto a quella annuale proposta dal bonus ristrutturazione con il DPR 917/86, noto come TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Tale finestra temporale rendeva molto difficile eseguire interventi strutturali ed usufruire dei bonus fiscali;
- Estensione della detrazione agli edifici ricadenti nella zona sismica 3, oltre a quelli ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2);
- Promozione dei bonus fiscali anche per le seconde case e per gli insediamenti produttivi;
- La possibilità di spalmare il credito di imposta è ridotta da 10 a 5 anni;
- Inserimento nella detrazione delle spese effettuate per la classificazione e la verifica sismica degli immobili in certe condizioni;
- Introduzione della cessione del credito di imposta per i condomini.
Al fine di promuovere una certa “premialità” verso interventi edilizi che incrementassero la sicurezza sismica delle strutture, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha realizzato un documento sulla classificazione del rischio sismico, attraverso il D.M. 28/02/2017 n.58 e il D.M. 07/03/2017 n.65, che attribuisce una lettera all’edificio a seguito di un’analisi strutturale individuando 8 classi di rischio sismico per gli edifici, dalla peggiore (G) alla migliore (A+). È importante sottolineare che questi decreti sono tuttora in vigore.
Una volta stabilita per l’edificio la classe di rischio allo stato di fatto, è possibile ottenere i seguenti bonus sulle detrazioni fiscali:
- Bonus del 70% se, a fronte degli interventi realizzati, la classe di rischio viene migliorata di 1 volta;
- Bonus 80% se la classe di rischio viene incrementata di 2 o più lettere.
È inoltre importante notare quanto segue:
- Per interventi eseguiti sulle parti comuni di edifici condominiali, tali bonus vengono portati rispettivamente al 75% e all’85%;
- Queste detrazioni devono essere calcolate su un importo massimo di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare, molto vantaggioso dunque per condomini con numerose unità abitative, meno ad esempio per grandi stabilimenti che costituiscono un’unica unità immobiliare.
Ecosismabonus - interventi congiunti
La Legge di Bilancio 2018 ha inserito un’ulteriore agevolazione, per favorire il rinnovamento del patrimonio edilizio nazionale, promuovendo interventi congiunti di riqualificazione energetica e miglioramento antisismico (c.d. ecosismabonus). Sale in questo modo il massimale di spesa per le detrazioni, da 96.000 a 136.000 euro per unità immobiliare.
L’Agenzia delle Entrate ha elaborato e progressivamente aggiornato una guida per il sismabonus (ultimo aggiornamento disponibile luglio 2019), al fine di fare chiarezza sulle diverse tematiche, fra cui la misura e la ripartizione della detrazione, i benefici fiscali con la riduzione del rischio sismico, le figure che possono avere accesso alle detrazioni e le prerogative, gli interventi condominiali, la cessione del credito e l’acquisto di case antisismiche.
In merito a quest’ultimo tema, dopo che il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici si è espresso a favore della demolizione-ricostruzione giudicandola una strategia efficace di riduzione del rischio sismico su costruzioni non adeguate alle norme tecniche, è stata introdotta una detrazione di imposta anche per l’acquisto di case anti-sismiche, ossia per quegli interventi atti alla riduzione del rischio sismico effettuati nei Comuni che si trovino in zona sismica 1, successivamente estesa anche alle zone 2 e 3 con il Decreto Legge n. 34/2019, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, usufruendo di una detrazione pari al 75% per la riduzione di una classe di rischio e pari all’85% per due o più classi.
I beneficiari di queste agevolazioni possono decidere, in luogo della detrazione, di cedere il credito corrispondente alle imprese esecutrici dei lavori o ad altri soggetti privati.
Superbonus
Tutto quanto esposto in precedenza è tuttora in vigore assieme, a partire dal 1° luglio 2020, al superbonus promosso dal “Decreto Rilancio” (D.L. 19/05/2020 n.34, convertito con la legge 17/07/2020 n.77).
In quale maniera il Decreto Rilancio si affianca al sismabonus?
Teniamo a ricordare prima di tutto che il Decreto Rilancio nasce per far fronte alla crisi legata alla pandemia – denominato infatti Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 – per rilanciare i vari settori maggiormente colpiti, fra cui quello delle costruzioni.
All’art. 119 del decreto vengono disposte alcune importanti modifiche in merito alla misura dei bonus fiscali sia per una serie di interventi edilizi fra cui quelli di natura strutturale. Di seguito se ne riporta uno stralcio:
OMISSIS…
4. Per gli interventi di cui ai commi da 1-bis a 1-septies dell’articolo 16 del D.L. 04/06/2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 03/08/2013, n. 90, l’aliquota delle detrazioni spettanti è elevata al 110 per cento per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021. Per gli interventi di cui al primo periodo, in caso di cessione del corrispondente credito ad un’impresa di assicurazione e di contestuale stipulazione di una polizza che copre il rischio di eventi calamitosi, la detrazione prevista nell’articolo 15, comma 1, lettera f-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22/12/1986, n. 917, spetta nella misura del 90 per cento. Le disposizioni del primo e del secondo periodo non si applicano agli edifici ubicati nella zona sismica 4 di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20/03/2003, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 08/05/2003.
4-bis. La detrazione spettante ai sensi del comma 4 del presente articolo è riconosciuta anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici, a condizione che sia eseguita congiuntamente a uno degli interventi di cui ai commi da 1-bis a 1-septies dell’articolo 16 del D.L. 04/6/2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 03/08/2013, n. 90, nel rispetto dei limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente per i medesimi interventi.
…OMISSIS
Quali sono questi interventi richiamati dal decreto?
Il Decreto Rilancio fa riferimento agli interventi di cui all’art 16 del D.L. 63/2013 – Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale – di seguito riportati:
1-bis. Per le spese sostenute dal 1º gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 per gli interventi di cui all’articolo 16-bis, comma 1, lettera i), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le cui procedure autorizzatorie sono iniziate dopo la data di entrata in vigore della presente disposizione, su edifici ubicati nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, pubblicata nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003, riferite a costruzioni adibite ad abitazione e ad attività produttive, spetta una detrazione dall’imposta lorda nella misura del 50 per cento, fino ad un ammontare complessivo delle stesse spese non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare per ciascun anno. La detrazione è ripartita in cinque quote annuali di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi…OMISSIS
L’articolo 1-bis cita a sua volta un altro articolo (16-bis, comma 1, lettera i) di cui al DPR 917/1986 – Testo Unico delle Imposte sui Redditi:
OMISSIS…
1. Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi:
…OMISSIS…
i) relativi all’adozione di misure antisismiche con particolare riguardo all’esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche e all’esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari;
…OMISSIS
1-ter. A decorrere dal 1º gennaio 2017 e fino al 31 dicembre 2021, le disposizioni del comma 1-bis si applicano anche agli edifici ubicati nella zona sismica 3 di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, pubblicata nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003.
1-quater. Qualora dalla realizzazione degli interventi di cui ai commi 1-bis e 1-ter derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore, la detrazione dall’imposta spetta nella misura del 70 per cento della spesa sostenuta. Ove dall’intervento derivi il passaggio a due classi di rischio inferiori, la detrazione spetta nella misura dell’80 per cento. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro il 28 febbraio 2017, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, sono stabilite le linee guida per la classificazione di rischio sismico delle costruzioni nonché le modalità per l’attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi effettuati.
1-quinquies. Qualora gli interventi di cui al comma 1-quater siano realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni dall’imposta di cui al primo e al secondo periodo del medesimo comma 1-quater spettano, rispettivamente, nella misura del 75 per cento e dell’85 per cento. Le predette detrazioni si applicano su un ammontare delle spese non superiore a euro 96.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio. Per tali interventi, a decorrere dal 1º gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari. Le modalità di attuazione del presente comma sono definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
1-sexies. A decorrere dal 1º gennaio 2017, tra le spese detraibili per la realizzazione degli interventi di cui ai commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies rientrano anche le spese effettuate per la classificazione e verifica sismica degli immobili.
1-sexies.1. Le detrazioni di cui ai commi da 1-bis a1-sexies sono usufruibili anche dagli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing e che siano costituiti e operanti alla data del 31 dicembre 2013, per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica, nonché dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci.
1-septies. Qualora gli interventi di cui al comma 1-quater siano realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3 ai sensi dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28/04/2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell’11 maggio 2006, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, allo scopo di ridurne il rischio sismico, anche con variazione volumetrica rispetto all’edificio preesistente, ove le norme urbanistiche vigenti consentano tale aumento, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano, entro diciotto mesi dalla data di conclusione dei lavori, alla successiva alienazione dell’immobile, le detrazioni dall’imposta di cui al primo e al secondo periodo del medesimo comma 1-quater spettano all’acquirente delle unità immobiliari, rispettivamente nella misura del 75% e dell’85% del prezzo della singola unità immobiliare, risultante nell’atto pubblico di compravendita e, comunque, entro un ammontare massimo di spesa pari a 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare. I soggetti beneficiari di cui al periodo precedente possono optare, in luogo della detrazione, per la cessione del corrispondente credito alle imprese che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito. Rimane esclusa la cessione a istituti di credito e intermediari finanziari.
A seguire, alcune note di dettaglio.
Da notare che inizialmente il bonus ristrutturazione previsto dal DPR 917/1986 è stato potenziato con la Legge di bilancio 2017 per andare verso la premialità e, nel caso in cui si fosse ottenuto un miglioramento di una o più classi, diventava sismabonus (70-80%), altrimenti la detrazione rimaneva del 50%.
Con l’avvento del superbonus, per tutti questi interventi l’aliquota di detrazione fiscale delle spese sostenute è del 110%.
La detrazione da indicare nella dichiarazione dei redditi è da ripartire tra gli aventi diritto in 5 quote annuali di pari importo e per le spese sostenute nel 2022 in 4 quote annuali di pari importo, “entro i limiti di capienza dell’imposta annua derivante dalla dichiarazione dei redditi” come indicato dall’Agenzia delle Entrate. Con limiti di capienza si intende il limite massimo entro il quale la detrazione del 110% può essere applicata per ottenere il rimborso delle imposte pagate oppure, a seconda della situazione individuale del contribuente, le imposte da pagare al netto della detrazione stessa. In linea generale la detrazione in questione non può superare l’imposta che il contribuente ha già versato o che dovrà versare per effetto della dichiarazione dei redditi.
Esiste la possibilità, nel caso ad esempio che non si disponga di una capienza fiscale tale da poter usufruire pienamente del bonus fiscale, di cedere il credito a terzi (altri contribuenti, Banche, Posta, ecc.) compresa l’impresa di costruzioni che eseguirà i lavori la quale lo trasformerà in sconto in fattura fino al limite dell’importo dei lavori stessi; opzioni che possono essere effettuate anche attraverso gli Stati Avanzamento Lavori, con al massimo due SAL in corso d’opera ed uno finale.
Dal momento che il superbonus si applica, così come specificato nella Circolare 24 del 08/08/2020 dell’Agenzia delle Entrate, ai soli edifici ad uso residenziale, una prima conseguenza deducibile è che per questi non sia più necessaria una classificazione degli edifici esistenti dal punto di vista sismico ai fini delle detrazioni fiscali.
Per maggiori approfondimenti in merito al superbonus, è possibile consultare la guida al superbonus e la Circolare n. 24 dell’Agenzia delle Entrate:
Comma 4
Il superbonus vale per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per portare in detrazione gli interventi eseguiti. I tempi risultano estremamente ridotti dovendo chiudere tutto l’iter di intervento e spendere tutti i soldi che si intendono portare in detrazione entro il 2021.
Il Superbonus 110% è stato prorogato con tempistiche differenti.
-Per gli interventi su condomini e mini condomini in mono proprietà (fino a 4 unità immobiliari) e su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del DPR 380/2001:
- al 110% fino al 31 dicembre 2023 (fino al 31 dicembre 2025 solo per aree terremotate)
- al 70% per il 2024
- al 65% per il 2025
-Al 110% fino al 31 dicembre 2022 per gli interventi effettuati dalle persone fisiche su edifici unifamiliari, a condizione che alla data del 30 settembre 2022 sia stato realizzato il 30% dei lavori;
-Al 110% fino al 31 dicembre 2023 per gli interventi effettuati da IACP e Cooperative a proprietà indivisa che, al 30 giugno 2023 abbiano effettuato almeno il 60% dell’intervento complessivo;
-Al 110% fino al 30 giugno 2022 per l’installazione di impianti fotovoltaici.
La Legge di Bilancio prevede la proroga della cessione del credito e dello sconto in fattura fino al 2025.
Nel caso in cui si faccia una stipula di una polizza per eventi calamitosi, tra cui il sisma, è possibile detrarne la spesa fino al 90%.
È anche importante notare che le disposizioni del Decreto Rilancio non si applicano alle zone 4, di cui all’Ordinanza del Presidenze del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20/03/2003 la quale tuttavia non è l’ultima versione, dal momento che quest’ultima è stata aggiornata con l’OPCM 3519 del 28/04/2006 (dalla quale ad esempio il territorio di Milano ricade in zona 3). Questa clausola potrebbe comportare diverse incomprensioni con l’Agenzia delle Entrate.
Comma 4-bis
Può essere portata in detrazione la realizzazione di sistemi di monitoraggio continuo ai fini antisismici.
Comma 11
È necessario fare particolare attenzione al fatto che il decreto rilancio, trattandosi di un provvedimento di particolare favore, debba avere particolari controlli, fra cui l’acquisizione del visto di conformità apposto da parte di fiscalisti (commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro, centri di assistenza fiscale), documentazione all’interno della quale deve essere contenuta anche un’asseverazione da parte del tecnico, che a sua volta deve contenere la congruità delle spese sostenute in funzione degli interventi che sono stati agevolati ed una polizza assicurativa. Questa polizza deve coprire il danno erariale nei confronti del fisco, danno patrimoniale che molte volte nelle polizze risulta essere moto più basso come massimale rispetto alla responsabilità professionale.
È importante far notare che l’ecosismabonus della legge finanziaria del 2018 non rientra nel superbonus perché introdotta a suo tempo quale alternativa agli interventi richiamati invece dal Decreto Rilancio.
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