Progettazione di strutture in acciaio in caso di incendio

Progettazione di strutture in acciaio in caso di incendio

Progettazione di strutture in acciaio in caso di incendio

Sicurezza antincendio

FAQ - Approfondimenti sulla prevenzione incendi

Articoli tecnico-scientifici di riferimento

Progettazione di strutture in acciaio in caso di incendio

Negli ultimi 20 anni è particolarmente aumentata l’attenzione alla sicurezza in caso di incendio: questo ha portato a un notevole sviluppo della progettazione nel medesimo campo dell'ingegneria ed una notevole evoluzione del quadro normativo, sia a livello comunitario sia a livello nazionale. I criteri generali della sicurezza stabiliti nel 1988 dalla Commissione Europea sono stati sviluppati attraverso procedure messe a punto nell'ambito degli Eurocodici, ormai disponibili nella versione definitiva approvata da tutti i paesi europei. Come negli altri paesi membri, anche in Italia il nuovo approccio normativo europeo è stato un riferimento per le norme nazionali che hanno subito un rinnovamento. Dall’agosto del 2015 infatti, con l’emanazione del Nuovo Codice di Prevenzione Incendi (D.M. 03/08/2015) si assiste, in Italia, innanzitutto ad una omogeneizzazione del corpus normativo, reso più uniforme e meno discrezionale del passato. Il Nuovo Codice, inoltre, va ad allinearsi con gli standard europei, lasciando molta più libertà di scelta al progettista e consentendo l’applicazione di metodi progettuali avanzati (approccio prestazionale), già molto usati negli altri Paesi europei.

Sicurezza antincendio

Al fine di limitare i rischi derivanti dagli incendi, le costruzioni devono garantire la resistenza e la stabilità degli elementi portanti e limitare la propagazione del fuoco e dei fumi secondo quanto previsto dalle normative vigenti. Tale obiettivo è perseguibile per i nuovi edifici attraverso una specifica progettazione e realizzazione, mentre per gli edifici esistenti attraverso la valutazione e l’adeguamento degli stessi. I principali obiettivi della sicurezza antincendio sono volti soprattutto a permettere l’evacuazione delle persone e a rendere possibili le operazioni di soccorso.

In molte parti del mondo l’acciaio strutturale è la prima scelta di architetti e ingegneri per la realizzazione della struttura portante degli edifici, sia mono che pluripiano. Questo è dovuto ai numerosi vantaggi offerti da questo materiale: la rapidità delle operazioni di costruzione, la possibilità di coprire luci elevate, la leggerezza dei carichi trasmessi in fondazione, la sostenibilità del materiale ed i costi di costruzione.
A questi, nel nostro paese se ne aggiunge un altro molto importante ai fini della sicurezza. Infatti, la scelta della struttura in acciaio e di schemi statici che consentono un’adeguata deformabilità della struttura rappresenta il modo più efficace per difenderci da quella che è la più gravosa delle azioni per gli edifici del nostro paese, ossia il terremoto.

Eppure le strutture in acciaio a volte sono considerate una soluzione poco efficace per il raggiungimento della sicurezza in caso di incendio.
Tuttavia, i risultati di numerose ricerche, le nuove normative per la progettazione e le soluzioni ormai correntemente adottate per la realizzazione di edifici tendono invece a dimostrare che esse possono essere progettate per soddisfare qualunque livello di sicurezza antincendio necessario.

Oggi, infatti, questo risultato può essere ottenuto con maggiore facilità, attraverso l’applicazione di modellazioni avanzate, sia dal punto di vista della fluidodinamica dell’incendio, che dal punto di vista strutturale.
I criteri di calcolo introdotti nelle attuali normative vedono l’affermazione di una nuova disciplina: l’Ingegneria dell’Incendio.
La sua applicazione consente l’analisi della sicurezza di qualsiasi soluzione strutturale ed il raggiungimento di un più affidabile concetto di sicurezza in caso di incendio, analizzando il fenomeno dell’incendio in termini scientifici e non più esclusivamente di conformità normativa. Uno degli aspetti principali di questo approccio è che esso contempla la possibilità di modellare, attraverso metodologie di calcolo avanzate, l’intera struttura, consentendo di studiarne il mantenimento della capacità portante in caso d’incendio e, per i livelli di prestazione I e II di resistenza al fuoco, la reale condizione di collasso.
Allo scopo di migliorare le prestazioni dell’acciaio, molto spesso si passa alla soluzione di strutture composte acciaio-calcestruzzo. Infatti, un sistema strutturale “composto” sfrutta al meglio le prestazioni di entrambi i materiali ed in particolare, l’unione delle caratteristiche intrinseche di ciascuno di questi materiali consente di definire i principali vantaggi delle strutture composte:

  • ottime prestazioni statiche in termini di resistenza, rigidezza e duttilità delle membrature composte;
  • riduzione delle problematiche di instabilità locale e globale tipiche delle strutture di solo acciaio;
  • ottime prestazioni in caso di incendio, grazie alla bassa conducibilità termica del calcestruzzo che “protegge” gli elementi di acciaio dal riscaldamento, che consentono spesso di soddisfare i requisiti di resistenza al fuoco senza ricorrere a protezioni aggiuntive;
  • velocità di costruzione.

In linea generale, l’attuale quadro normativo italiano riguardante la valutazione della sicurezza antincendio contempla due differenti approcci di progettazione e/o verifica: un approccio di tipo prescrittivo e un un approccio di tipo prestazionale.
Con l’emanazione del D.M. 03/08/2015 infatti si è provveduto da un lato alla semplificazione e razionalizzazione del corpus legislativo in materia di Prevenzione Incendi, dall’altro alla formalizzazione dell’uso dell’ “approccio prestazionale” come metodologia “alternativa” a quella prescrittiva, senza fare ricorso all’istituto della deroga.

01. La prevenzione incendi

Quadro normativo

All’articolo 13 del Decreto Legislativo 08/03/2006 n. 139 (aggiornato con il D.L. 29/05/2017, n. 97), si legge che la prevenzione incendi è la “funzione di preminente interesse pubblico diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente attraverso la promozione, lo studio, la predisposizione e la sperimentazione di norme, misure, provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad evitare l’insorgenza di un incendio o a limitarne le conseguenze. Ferma restando la competenza di altre amministrazioni, enti ed organismi, la prevenzione incendi si esplica in ogni ambito caratterizzato dell’esposizione al rischio di incendio e, in ragione della sua rilevanza interdisciplinare, anche nei settori della sicurezza nei luoghi di lavoro, del controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, dell’energia, della protezione da radiazioni ionizzanti, dei prodotti da costruzione”.

Appare chiaro quindi come, in caso di incendio, l’incolumità delle persone e la tutela dei beni e dell’ambiente devono poter essere garantiti sul territorio nazionale in maniera uniforme e per questo la normativa fissa precisi criteri da adottare nell’interesse di tutta la collettività.

Accanto a norme, misure e provvedimenti, sono stati studiati accorgimenti e modalità di azione intesi a prevenire, segnalare ed a ridurre la probabilità di insorgenza di un incendio e/o comunque a limitarne le conseguenze per le persone e per l’ambiente. I metodi di prevenzione incendi, quindi, rivolgono particolare attenzione ai fattori che influiscono sulle cause dell’insorgere dell’incendio.

La prevenzione incendi è direttamente legata ad una corretta valutazione del rischio incendio, che consiste essenzialmente nell’identificare i potenziali pericoli e, sicuramente non è trascurabile procedere al controllo degli ambienti, al controllo e manutenzione dei presidi antincendio, alla predisposizione del piano di emergenza, all’informazione e formazione dei lavoratori (con riferimento agli ambienti di lavoro).

Tra le misure atte ad una corretta prevenzione incendi possiamo considerare:

  • corretta destinazione d’uso dei locali;
  • limitazione del carico d’incendio;
  • corretta progettazione della resistenza al fuoco delle strutture;
  • esecuzione di impianti tecnologici a regola d’arte;
  • manutenzione degli impianti tecnologici;
  • rispetto dei divieti e delle condizioni di esercizio;
  • formazione ed informazione del personale sui comportamenti da tenere per prevenire gli incendi;
  • impiego di materiali più difficilmente infiammabili;
  • adozione di dispositivi di sicurezza;
  • rispetto dell’ordine e della pulizia;
  • segnaletica di sicurezza.

E sono proprio queste elencate poc’anzi, in via esemplificativa e sintetica, tutte le indicazioni che sono contenute nelle normative di prevenzione incendi.

Un caposaldo in materia è il Regolamento di prevenzione incendi (DPR 151/2011) che distingue le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi in tre categorie (A, B e C) a seconda della pericolosità.
In particolare, il Regolamento di prevenzione incendi (D.P.R. 151/2011), in combinazione con il D.M. 07/08/2012 e le successive disposizioni emanate dal CNVVF, stabilisce:

  • quali sono le attività soggette ai controlli da parte dei Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco (stabilimenti, impianti, officine, laboratori, rivendite, depositi, teatri, alberghi, autorimesse, aziende, uffici, edifici, ecc.);
  • i procedimenti di prevenzione incendi (segnalazione certificata di inizio attività – SCIA, attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio, valutazione del progetto, deroghe, ecc.);
  • la modulistica e la documentazione richiesta a corredo delle istanze e delle segnalazioni.

Per le disposizioni relative alle modalità di presentazione delle istanze concernenti i procedimenti di prevenzione incendi e alla documentazione da allegare per la progettazione antincendio si deve fare riferimento in particolare al D.M. 07/08/2012 Ricordiamo che, gli insediamenti civili, commerciali, artigianali e industriali sono soggetti a normative specifiche di prevenzione incendi e per le attività in cui è più alto il rischio di incidenti gravi, sono previste verifiche ispettive, sopralluoghi e pareri sui progetti antincendio.

Altro caposaldo in materia è il Codice di Prevenzione Incendi (D.M. 03/08/2015) che mira a semplificare e razionalizzare l’attuale corpo normativo relativo alla prevenzione degli incendi attraverso l’introduzione di un testo unico, organico e sistematico di disposizioni di prevenzione incendi applicabili ad attività soggette ai controlli di prevenzione incendi mediante l’utilizzo di un nuovo approccio metodologico. Ai principi generali espressi in tale codice, si affiancano norme specifiche che si applicano a seconda della destinazione d’uso dell’edificio (autorimesse, uffici, scuole, alberghi, ecc.). Tali normative sono consultabili nella sezione La Normativa.

È evidente che, in tale ambito l’edificio riveste un ruolo fondamentale per la salvaguardia degli occupanti. In particolare, il Codice di Prevenzione Incendi richiede alla struttura il superamento di un livello di prestazione, la cui attribuzione scaturisce direttamente da una procedura guidata dalla norma stessa.
I livelli di prestazione sono strettamente collegati al fatto che le costruzioni devono essere progettate e costruite in modo tale che nel caso di sviluppo di un incendio:

Alla struttura è strettamente connessa la Protezione Passiva che consiste nelle misure che, in caso di incendio, fanno in modo che esso abbia difficoltà a propagarsi: quindi si tratta dell’utilizzo di prodotti incombustibili o poco combustibili, di materiali posti a protezione di elementi strutturali, di compartimentazioni resistenti al fuoco, ecc. La protezione passiva è intrinseca alla struttura e per esplicare il suo contributo in caso d’incendio non richiede né l’azione di un uomo né l’azionamento di un impianto. Tra gli elementi di protezione passiva si possono quindi annoverare: barriere antincendio (isolamento, distanze di sicurezza esterne ed interne, muri tagliafuoco); strutture con resistenza al fuoco commisurata ai carichi d’incendio specifici di progetto; materiali classificati ai fini della reazione al fuoco; sistemi di ventilazione; sistema di vie d’uscita commisurate al massimo affollamento ipotizzabile, ecc.

In particolare, la resistenza al fuoco delle strutture rappresenta una delle fondamentali strategie di protezione passiva da perseguire per garantire un adeguato livello di sicurezza della costruzione in condizioni di incendio e riguarda: la capacità portante in caso di incendio e la capacità di compartimentazione, che permette di suddividere un edificio in zone isolate rispetto agli effetti di un incendio, al fine di ridurre il rischio specifico di propagazione dell’incendio stesso.

La resistenza al fuoco (o capacità portante) rappresenta l’intervallo di tempo, espresso in minuti, di esposizione dell’elemento strutturale ad un incendio, durante il quale l’elemento costruttivo considerato conserva i requisiti progettuali di stabilità meccanica.
Qualora l’elemento strutturale fungesse anche da elemento per “compartimentare” (ad esempio un solaio) si può affermare che, in soluzione conforme o secondo l’approccio prescrittivo, l’elemento deve conservare nel tempo: la stabilità (R); la tenuta ai prodotti della combustione (E); l’isolamento termico (I) e l’irraggiamento (W).
Pertanto con il simbolo REIW si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato tempo la stabilità, la tenuta, l’isolamento termico e la possibilità di irraggiamento. L’irraggiamento è definito come la capacità di un elemento costruttivo o strutturale di limitare, per un certo periodo di tempo, l’irraggiamento termico da parte della superficie non esposta in condizioni di incendio normalizzate.

Il D.M. 03/08/2015 introduce nelle misure riferite alla progettazione della resistenza al fuoco e della compartimentazione anche altre due caratteristiche degli elementi di compartimentazione: con la lettera “M” l’azione meccanica ovvero il limitare la possibilità di perdita di compartimentazione in muri o pareto per effetto di azioni meccaniche accidentali e con la lettera “S” la tenuta di fumo ovvero il contenimento di fumi e gas freddi.
Quindi in relazione ai requisiti degli elementi strutturali e/o di compartimentazione essi vengono classificati da un numero che esprime i minuti per i quali conservano le caratteristiche in funzione delle lettere R, E, I e/o anche, se richiesto W, M, S.

Tra le misure di protezione è importante annoverare anche quelle di Protezione Attiva ovvero tutti quei dispositivi che, in caso di incendio, svolgono un ruolo attivo nell’estinzione dello stesso ovvero estintori, idranti, rilevatori, sprinkler, evacuatori di fumo e calore, ecc. La protezione attiva ipotizza l’intervento che può avvenire con o senza l’azione umana. L’uso degli estintori o dell’impianto ad idranti presuppone, ad esempio, l’intervento umano, mentre l’azionamento di un impianto automatico (ad esempio impianto sprinkler o sistema di rilevazione fumi) non prevede tale l’intervento, ma, si attiva, rilevando automaticamente presenza di temperature elevate ovvero di particolare concentrazione di fumo nell’ambiente.

Tra gli impianti di protezione attiva più comuni, si ricordano:

Per gli impianti di protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi si applica il D.M. 20/12/2012, se sono applicabili le normative di prevenzione incendi tradizionali diverse dal Codice di PI, quest’ultimo altrimenti.

Il fenomeno fisico

L’incendio è la combustione sufficientemente rapida e non controllata che si sviluppa senza limitazioni nello spazio e nel tempo. La combustione è una reazione chimica che avviene fra due elementi diversi (combustibile e comburente) con sviluppo di calore, luce, gas, fumo ed eventualmente produzione di ceneri.

Perché si abbia la combustione è necessaria la presenza di tre elementi contemporaneamente ovvero il fenomeno può essere rappresentato dal cosiddetto “triangolo del fuoco”:
• il combustibile (solido, liquido, gassoso);
• il comburente (l’aria, contenente ossigeno, o altre sostanze che liberano ossigeno);
• l’energia d’innesco (calore, temperatura).

 

Il triangolo del fuoco

Il triangolo del fuoco

Per lo spegnimento di un incendio infatti si utilizza una combinazione delle suddette operazioni (ad es. usando un estintore a CO2 si ha un’azione di riduzione dell’ossigeno e un’azione di raffreddamento).
In un ambiente confinato, come spesso sono i compartimenti delle strutture, un incendio si sviluppa attraverso una successione di fasi, partendo da una fase iniziale dove è richiesta una sorgente d’ignizione affinché sia avviata una combustione, la quale si propaga in maniera più o meno veloce in funzione della tipologia del materiale presente, fino al raggiungere il flashover, ovvero quella fase in cui l’incendio da uno stato di incendio localizzato si propaga velocemente a tutto il volume del compartimento, passando alla fase cosiddetta di incendio generalizzato. Ciò accade quando l’intensità del fuoco è tale da non rimanere più circostanziata, ma da coinvolgere tutto il materiale combustibile presente nella stanza. Di solito, l’incendio generalizzato avviene una volta in cui i fumi della stanza raggiungono i 500-600°C. La radiazione del calore dallo strato dei fumi, in questo stadio, è tale da causare l’estensione dell’incendio a tutti i materiali combustibili.

Curva di incendio naturale tipo

Curva di incendio naturale tipo

Dopo la fase di incendio generalizzato, si assistente ad una estinzione dello stesso ed un conseguente raffreddamento del compartimento.

La severità dell’incendio dipende principalmente dai seguenti fattori:

  • quantità dei materiali combustibili e loro distribuzione (carico di incendio);
  • qualità dei materiali con riferimento alla loro velocità di combustione;
  • caratteristiche di ventilazione degli ambienti, ossia aperture presenti nel compartimento e loro distribuzione;
  • geometria del compartimento;
  • proprietà termiche delle pareti del compartimento

In base alle caratteristiche elencate poc’anzi è possibile distinguere incendi:

  • governati dal combustibile, quando l’incendio si sviluppa in presenza di una quantità di aria/ossigeno superiore a quella stechiometrica;
  • governati dalla ventilazione, quando l’incendio si sviluppa in presenza di una quantità di aria/ossigeno inferiore a quella stechiometrica.

Si evince quindi come nell’evoluzione di un incendio risultano basilari sia la struttura (compartimento) che il materiale in essa contenuto (carico d’incendio o materiale combustibile). Infatti per evitare e/o ritardare la fase di incendio generalizzato si potrebbe, ad esempio, limitare arredamenti combustibili e/o usare rivestimenti delle superfici che danno un contributo irrisorio allo sviluppo dell’incendio.
Tuttavia, nelle attività soggette al controllo dei VVF, sia la struttura, come descritto in precedenza, che i materiali utilizzati, devono avere particolari requisiti, valutati secondo le indicazioni delle norme tecniche di prevenzione incendi e comprovati attraverso prove di laboratorio.

Prove di laboratorio

La sicurezza antincendio dei prodotti da costruzioni è definita attraverso l’EUROCLASSE di appartenenza, sulla base della caratterizzazione introdotta con la risoluzione della Commissione (2000/147/CEE) dell’8 febbraio 2000, finalizzata a creare una piattaforma comune per il confronto delle proprietà antincendio dei materiali da costruzione.
Il sistema Europeo di Classificazione della prestazione al fuoco dei prodotti da costruzione contempla differenti euroclassi di carattere generale in ordine alla reazione al fuoco ed alla resistenza al fuoco.

La reazione al fuoco di un materiale rappresenta il comportamento al fuoco del materiale stesso che, per effetto della sua decomposizione, può alimentare o meno il fuoco al quale è esposto, partecipando così all’incendio. È un parametro specificatamente riferito ai materiali come tali, che assume particolare rilevanza nelle costruzioni, per la caratterizzazione dei materiali di rifinitura e rivestimento, delle pannellature, dei controsoffitti, delle decorazioni e simili, e si estende anche agli articoli di arredamento, ai tendaggi e ai tessuti in genere.

La verifica dei requisiti minimi di reazione al fuoco va effettuata rispettando:

  • per i materiali da costruzione il D.M. 10/03/2005 (con le modifiche apportate dal D.M. 25/10/2007) o il Codice di P.I.;
  • per gli altri materiali il D.M. 26/06/1984 (con le modifiche apportate dal D.M. 03/09/2001) o il Codice di P.I.

La reazione al fuoco di un materiale viene effettuata su basi sperimentali, mediante prove su campioni in laboratorio. In relazione a tali prove, secondo le disposizioni del D.M. Interno 26/06/1984, i materiali assegnati alle classi 0-1-2-3-4-5, a partire da quelli di classe 0 che sono classificati come non combustibili, con le classi da 1 a 5 all’aumentare della classe aumenta la partecipazione dei materiali alla combustione.
Questi metodi vengono definiti come test di “reazione al fuoco” ed hanno lo scopo di valutare il contributo dei prodotti e dei materiali nelle fasi iniziali di un incendio in termini di:
– Infiammabilità
– Propagazione della fiamma
– Rilascio di calore
– Produzione di fumi
– Presenza di particelle infiammate/faville

Normalmente i test di reazione all’incendio sono eseguiti su scala piccola o intermedia.
Le prove vengono realizzate mediante uno strumento normalizzato costituente una sorgente di calore, detto comunemente “epiradiateur”. In ambito europeo è stata definita una prova di reazione al fuoco, SBI (Single Burning Item), corrispondente alla norma EN 13501-1, che definisce, in ordine crescente, i seguenti scenari di incendio:

  • attacco puntuale da piccola fiamma;
  • attacco da un oggetto isolato infiammato in un angolo;
  • combustione generalizzata (prova di bomba calorimetrica e prova di non combustibilità).
SBI (Single Burning Item)

SBI (Single Burning Item)

Le prove di laboratorio per la verifica della reazione al fuoco sono regolate dal D.M. Interno del 10/03/2005 e, in ambito nazionale, possono essere eseguite presso il Laboratorio del Ministero dell’Interno di Capannelle a Roma o presso i Laboratori Autorizzati, che sono:

  • CATAS, Udine;
  • CSI, Milano;
  • ISIRIM, Terni;
  • Istituto Giordano, Rimini;
  • Istituto Masini, Milano;
  • Istituto Sperimentale Ferrovie Dello Stato, Roma;
  • Itc CNR, Milano;
  • Ivalsa, Trento;
  • LA.PI, Prato;
  • Lsf, Como.

La resistenza al fuoco, invece, è un parametro tipicamente riferito alle strutture e, come detto in precedenza, rappresenta la capacità di un sistema composto da un materiale o da più materiali di resistere per un determinato tempo ad un incendio, che nel caso di prove di resistenza al fuoco standard, è rappresentato dalla curva di incendio standard (ISO 834). I test di resistenza al fuoco sono generalmente eseguiti su elementi in scala reale.

Forni di prova

Forni di prova

Le proprietà che sono valutate sono R (capacità portante), E (tenuta), I (isolamento) oppure solo la EI o solo la R se si tratta rispettivamente di elementi solo di separazione o solo portanti.
Ad esempio la prova su una trave in acciaio, protetta o non protetta, viene condotta in un forno normalizzato dove viene riprodotta la curva di incendio ISO 834 fino al raggiungimento della temperatura critica, corrispondente ad eccessiva deformazione o crisi dell’elemento. Oltre che per la verifica della stabilità in caso di incendio, esse possono essere condotte per verificare le prestazioni di tenuta ai fumi e di isolamento di un prodotto da costruzione (ad esempio di una parete o di un solaio).

Andamento delle deformazioni in una trave protetta sottoposta all'Incendio standard

Andamento delle deformazioni in una trave protetta sottoposta all'Incendio standard

Le prove di laboratorio per la verifica della resistenza al fuoco, che rilasciano certificazioni e che sono quindi autorizzati a farlo in Italia sono:

  • CSI, Milano;
  • Istituto Giordano, Rimini;
  • Ivalsa, Trento;
  • LA.PI., Prato.

In alternativa, test a scopo di ricerca o laddove non occorre alcuna certificazione possono essere seguite presso il Laboratorio del Ministero dell’Interno di Capannelle a Roma.

Il progetto della sicurezza

l requisito di Sicurezza in caso di Incendio viene raggiunto mediante un insieme integrato di misure di tipo tecnico, strutturale ed organizzativo che permettono di soddisfare gli obiettivi fissati in accordo tra proprietari, autorità VVF e progettisti.

Possono essere individuati tre tipi di approccio, utilizzabili insieme o separatamente:

Approccio Strutturale: la sicurezza viene ottenuta mediante la combinazione di opportune scelte di compartimentazione e di resistenza al fuoco strutturale. Questo approccio è adatto soprattutto nei casi in cui il progetto dell’edificio permette un’opportuna compartimentazione, ad esempio mediante l’impiego di solai e muri resistenti al fuoco. In questo approccio è ammesso che le condizioni di flashover possano verificarsi prima che inizi l’intervento per lo spegnimento. I requisiti di resistenza al fuoco degli elementi strutturali e di compartimentazione generalmente vengono determinati facendo riferimento ad intervalli di tempo multipli di 15 min, 15, 30, 60, 90, 120 minuti, corrispondenti alla curva di incendio standard ISO 834. Procedure di calcolo più recenti permettono di valutare la resistenza al fuoco anche nei confronti dell’incendio naturale, ossia di una curva temperatura-tempo che rappresenta il più probabile caso di incendio che può verificarsi nel compartimento in oggetto. Ovviamente la sicurezza deve essere garantita per un tempo che tiene conto sia dei tempi necessari per l’evacuazione degli occupanti, sia del tempo necessario per l’intervento delle squadre di soccorso.

Approccio strutturale

Approccio strutturale

Il precedente approccio spesso viene integrato mediante l’adozione di misure di prevenzione che mirano ad evitare che, anche se un incendio viene innescato, possano verificarsi le condizioni di flashover. È questo il modo più sicuro per evitare che si verifichi la fase più pericolosa dell’incendio e per rendere inutili elevate prestazioni di resistenza al fuoco della struttura. A questa tipologia appartengono i seguenti approcci.

Approccio basato sul Monitoraggio: basato su sistemi di rilevamento automatico di fumi e/o calore e trasmissione automatica dell’allarme ad un apposita squadra VVF di intervento. L’obiettivo di questo approccio è fare in modo che le operazioni di spegnimento dell’incendio abbiano successo prima che si verifichi il flashover. La curva c è il risultato di questo approccio. Tale approccio è utile soprattutto quando non sono realizzate adeguate compartimentazioni e nei casi di ridotti carichi di incendio e di disponibilità sicura di squadre di pronto intervento.

Approccio basato sul Monitoraggio.

Approccio basato sul Monitoraggio.

Approccio basato sull’Estinzione: basato su sistemi di spegnimento automatico, come Sprinkler, ed è sempre collegato ad un sistema automatico di allarme. Anche questo approccio deve essere progettato per evitare che si verifichino le condizioni di flashover. Esso viene usato in casi in cui il carico di incendio è elevato. La curva c è il risultato di questo approccio.

Approccio basato sull'Estinzione.

Approccio basato sull'Estinzione.

Efficacia delle misure di sicurezza in caso di incendio.

Efficacia delle misure di sicurezza in caso di incendio.

02. Approccio prescrittivo

L’approccio prescrittivo è un approccio di tipo deterministico, molto applicato in Italia, che si concretizza nell’emanazione di norme estremamente prescrittive e nel ricorso da parte del progettista a strumenti di calcolo molto semplici e convenzionali. Tale approccio consiste in una verifica anche per singoli elementi della struttura con riferimento ad una curva nominale di incendio a temperatura strettamente crescente (in genere, per le strutture usuali, la ISO 834, detta curva nominale “standard”) per un periodo limitato di tempo (prescritto dalla norma verticale specifica in funzione dell’attività).

Vantaggi e applicazione

Curve di incendio

Curve di incendio

Il vantaggio maggiore di tale approccio risiede nella sua estrema semplicità, nella garanzia di una sufficiente omogeneità di applicazione e nel riscontro di accettabili criteri di uniformità da parte degli organi di controllo. Mentre il limite più evidente consiste nella rigidità, talvolta eccessiva, delle prescrizioni normative e nelle procedure di calcolo da adottare, che possono portare talvolta a soluzioni solo apparentemente sicure.
Il D.M. 03/08/2015, riferimento normativo italiano nell’ambito della prevenzione incendi, consente la classificazione degli elementi strutturali, alla luce del metodo prescrittivo, in base:
– ai risultati di prove sperimentali (al punto S.2.13);
– ai risultati di calcoli (al punto S.2.14);
– a confronti con tabelle (al punto S.2.15).

Per quanto concerne la classificazione in base ai risultati delle prove sperimentali si precisa che le prove di resistenza al fuoco hanno l’obiettivo di valutare il comportamento al fuoco dei prodotti e degli elementi costruttivi, sotto specifiche condizioni di esposizione e attraverso il rispetto di misurabili criteri prestazionali. Una volta eseguita la specifica prova al fuoco, il laboratorio autorizzato rilascia un rapporto di classificazione, redatto ai sensi della norma EN 13501-2, 3 e 4,, che diventa il documento di riferimento per il progettista. Infatti, qualora si voglia adottare un metodo di classificazione sperimentale è necessario far riferimento a questo documento, controllando che l’elemento strutturale che si sta progettando è sostanzialmente uguale sia in termini di geometria che di esposizione al fuoco, a quello testato; solo in questo caso ha validità la procedura.

I metodi di calcolo della resistenza al fuoco hanno l’obiettivo di consentire la progettazione di elementi costruttivi portanti, separanti o non separanti, resistenti al fuoco, anche prendendo in considerazione i collegamenti e le mutue interazioni con altri elementi, sotto specifiche condizioni di esposizione al fuoco e attraverso il rispetto di criteri prestazionali e l’adozione di particolari costruttivi. I metodi di calcolo da utilizzare ai fini del presente documento sono quelli contenuti negli Eurocodici:

  • EN 1991-1-2 “Azioni sulle strutture – Parte 1-2: Azioni generali –Azioni sulle strutture esposte al fuoco”;
  • EN 1992-1-2 “Progettazione delle strutture di calcestruzzo – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”;
  • EN 1993-1-2 “Progettazione delle strutture di acciaio – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”;
  • EN 1994-1-2 “Progettazione delle strutture miste acciaio calcestruzzo – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”;
  • EN 1995-1-2 “Progettazione delle strutture di legno – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”;
  • EN 1996-1-2 “Progettazione delle strutture di muratura – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”;
  • EN 1999-1-2 “Progettazione delle strutture di alluminio – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”;

I metodi di calcolo analitico possono necessitare della determinazione, al variare delle temperature, dei parametri termofisici dei sistemi protettivi eventualmente presenti sugli elementi costruttivi portanti. In questi casi i valori che assumono detti parametri vanno determinati esclusivamente attraverso le prove indicate nel paragrafo S.2.13 del D.M. 03/08/2015 e successive modifiche ed integrazioni.

Si ricorda che per le strutture in acciaio un utile strumento di verifica/progettazione è il nomogramma, redatto ai sensi della EN 1993-1-2. Si tratta in sostanza di una verifica tabellare per le strutture in acciaio. Si definisce innanzitutto il “coefficiente di utilizzazione”.

Il “coefficiente di utilizzazione” è indispensabile per poter definire la temperatura critica dell’elemento in acciaio che è la temperatura per la quale si verifica il collasso di un elemento strutturale con uniforme distribuzione di temperatura.

Per poter ricavare la resistenza al fuoco dell’elemento bisogna poi calcolare il fattore di sezione dell’elemento   , dove:
– Am superficie esposta al fuoco per unità di lunghezza
– V volume di acciaio per unità di lunghezza

Qualora il requisito di resistenza ricavato non fosse sufficiente, è possibile progettare un protettivo ed in particolare, fissando la conducibilità termica del protettivo λp è possibile ricavare lo spessore di protettivo dp necessario per garantire la resistenza al fuoco richiesta, attraverso la formula .

Infine, la normativa consente la classificazione attraverso l’uso di tabelle. I valori contenuti nelle tabelle sono il risultato di campagne sperimentali e di elaborazioni numeriche e si riferiscono alle tipologie costruttive e ai materiali di maggior impiego. Detti valori, pur essendo cautelativi, non consentono estrapolazioni o interpolazioni tra gli stessi ovvero modifiche delle condizioni di utilizzo. Inoltre, l’uso delle tabelle è strettamente limitato alla classificazione di elementi costruttivi per i quali è richiesta la resistenza al fuoco nei confronti della curva temperatura-tempo standard e delle altre azioni meccaniche previste in caso di incendio.

Attraverso tali tabelle è possibile classificare:
– Murature non portanti di blocchi;
– Murature portanti di blocchi;
– Solette piene e solai alleggeriti;
– Travi, pilastri e pareti in calcestruzzo armato ordinario e precompresso.

Anche per le strutture composte acciaio-calcestruzzo, l’Eurocodice EN 1994-1-2, 2005 contiene metodi di verifica analitici e tabellari (rientranti nel metodo analitico) che riguardano requisiti geometrici e di resistenza, differenti a seconda della tipologia del rivestimento (ad esempio totale o parziale) e dell’elemento strutturale.

Si precisa che nella tabella al link sopra Formula è il rapporto tra f i, d, t che è la sollecitazione di progetto al tempo t di esposizione all’incendio Rd ed è la resistenza di progetto a temperatura ambiente.

03. Approccio prestazionale

Con l’emanazione delle Norme Tecniche di Prevenzione Incendi (D.M. 03/08/2015, entrate in vigore il 18/11/2015), spesso indicate anche con “Codice di Prevenzione Incendi”, si è provveduto da un lato alla semplificazione e razionalizzazione del corpus legislativo in materia di Prevenzione Incendi, dall’altro alla liberalizzazione dell’uso dell’“approccio prestazionale”, introducendo un futuro in cui il sistema normativo di tipo verticale lascerà il posto ad un insieme di soluzioni tecniche flessibili ed aderenti alle specifiche esigenze delle diverse attività, finalizzato a raggiungere elevati e realistici livelli di sicurezza antincendio.

L'approccio di tipo ingegneristico

L’approccio di tipo ingegneristico (Fire Safety Engineering – FSE), è applicato già da tempo in vari paesi europei, permette una più coerente aderenza delle misure di sicurezza antincendio al rischio specifico della costruzione. Ciò si ottiene eseguendo un’analisi della sicurezza di tipo prestazionale. Questo approccio, basato non sull’obbligo di adozione di misure tecniche prescrittive, ma sul raggiungimento dei risultati coerenti con il livello di prestazione fissato, è uno strumento importante per la progettazione, in quanto determina una più accurata verifica dei livelli di sicurezza prefissati e consente una maggiore libertà nelle scelte progettuali possibili. Seguendo questa strada, le norme tecniche vigenti, in particolare le Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M.II.TT 17/01/2018) e gli Eurocodici strutturali (Parti 1-2), dedicati alla sicurezza strutturale in caso d’incendio, hanno introdotto la possibilità di eseguire procedure di calcolo avanzato per valutare la stabilità di una struttura in caso di incendio, stabilendo determinate indicazioni per supportarne l’utilizzo. L’applicazione di questo approccio comprende l’opportuna valutazione:

  • del fenomeno dello sviluppo dell’incendio, con il conseguente moto ed evacuazione dei fumi e la valutazione dei campi di temperature o flussi termici radianti;
  • dell’efficacia dei sistemi di rilevazione, di allarme e di estinzione;
  • delle effettive prestazioni della struttura portante e di compartimentazione alle alte temperature.

I principali vantaggi dell’applicazione di questo approccio sono costituiti:

  • dalla possibilità di una valutazione globale della sicurezza e del comportamento dell’intera struttura in condizioni di incendio, a differenza dell’approccio tradizionale, basato sulla resistenza al fuoco dei singoli elementi strutturali;
  • dalla possibilità di dimensionare le prestazioni di protezione e prevenzione dell’edificio sulla base dell’effettivo livello di rischio in caso di incendio, giungendo a soluzioni strutturali più affidabili e che hanno già intrinseca capacità di resistenza al fuoco, evitando protezioni passive “posticce” che spesso richiedono periodiche operazioni di manutenzione e/o di sostituzione.

L’applicazione dell’approccio ingegneristico richiede l’analisi e la trattazione di una serie di fenomeni che riguardano sia le fasi dello sviluppo degli incendi che possono verificarsi nell’edificio oggetto dello studio, sia il conseguente comportamento della struttura portante durante l’evoluzione del fenomeno. Inoltre, l’FSE, a differenza dell’approccio prescrittivo, si basa su un’analisi dettagliata del comportamento strutturale mediante modelli di analisi avanzati, che tengono conto di scenari e modelli di incendio più realistici per la struttura in esame, di valutazioni di conseguenza più accurate dei reali campi termici negli elementi strutturali e delle non linearità del comportamento termo-meccanico delle strutture. L’applicazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza strutturale antincendio viene sviluppato seguendo i passi riportati nel seguente Layout

Schema riassuntivo di applicazione del metodo FSE

Schema riassuntivo di applicazione del metodo FSE

Analisi quantitativa del rischio, scenario di incendio

Nel processo di individuazione degli scenari di incendio di progetto, devono essere valutati tutti gli incendi realisticamente ipotizzabili, scegliendo i più gravosi e ragionevolmente credibili per lo sviluppo e la propagazione dell’incendio e per gli effetti sulla struttura.
In particolare, quando si fanno le verifiche di resistenza al fuoco delle strutture, questa analisi deve essere indirizzata verso i casi che determinano la più pericolosa sollecitazione strutturale. È opportuno condividere questi scenari con il competente Comando VVF, dal momento che un’errata individuazione compromette l’intero processo progettuale successivo, con il rischio di notevole spreco di risorse e di tempo.
Definito il compartimento, si devono considerare tutti i parametri che possono influite sullo sviluppo dell’incendio, ovvero:

  • Carico di incendio, che rappresenta il potenziale termico di tutti i materiali infiammabili che compongono uno spazio, corretto in base alla partecipazione di detti materiali al processo di combustione, secondo la definizione normativa (D.M. 09/03/2007 oppure Codice di P.I.);
  • Rilascio termico dell’incendio – Curva RHR che definisce il tasso di calore rilasciato (RHR) durante l’incendio. Uno stesso carico di incendio, bruciando molto velocemente o lentamente senza fiamme, dà luogo a curve della temperatura dei gas completamente differenti. La curva RHR è una curva di potenza termica in funzione del tempo.

Un generico incendio inizia in una piccola zona e poi si propaga durante una successiva fase di sviluppo. A questo punto possono presentarsi due situazioni, a seconda che durante il processo di propagazione ci sia o meno sufficiente ossigeno per sostenere la combustione. In un primo caso, una volta che l’incendio ha raggiunto il massimo sviluppo senza alcuna limitazione di ossigeno, la RHR è limitata dal carico di incendio disponibile (incendio controllato dal combustibile). Oppure, se la misura delle aperture nel compartimento è troppo piccola per permettere l’ingresso di una quantità sufficiente di aria, l’ossigeno disponibile limita la RHR e l’incendio è controllato dalla ventilazione. Una formulazione della curva RHR è fornita nel D.M. 03/08/2015, oppure si può fare riferimento alle RHR ottenute sperimentalmente per le varie tipologie di materiali, presenti nella letteratura tecnica (ad esempio in SFPE Handbook of Fire Protection Engineering).

Figura 1: Curve RHR; (a) D.M. 03/08/2015, (b) sperimentale (SFPE Handbook of Fire Protection Engineering)

Figura 1: Curve RHR; (a) D.M. 03/08/2015, (b) sperimentale (SFPE Handbook of Fire Protection Engineering)

Il D.M. 03/08/2015, per alcune attività di cui è già stata emanata la RTV, come ad esempio per le autorimesse (D.M. 15/05/2020), definisce gli scenari di incendio da dover analizzare, in caso di applicazione dell’approccio prestazionale.
Per la selezione e l’individuazione degli scenari d’incendio di progetto risultano essere un utile riferimento per il progettista le seguenti normative: ISO 16732-1 “Fire safety engineering – Fire risk assessment”, che descrive l’applicazione alla valutazione del rischio di incendio delle metodologie proprie dell’analisi di rischio, come l’albero dei guasti e l’albero degli eventi; la NFPA 551 “Guide for the evaluation of fire risk assessment”, la ISO/TS 16733 “Fire safety engineering – Selection of design fire scenarios and design fires” e la NFPA 101 “Life Safety Code”.

  • Posizione dell’incendio all’interno del compartimento. Le posizioni del fuoco da considerare nel calcolo sono quelle che portano agli effetti più sfavorevoli per la struttura;
  • Condizioni di ventilazione. Le condizioni di ventilazione sono un fattore fondamentale per lo sviluppo dell’incendio. Le aperture che devono essere considerate nel calcolo comprendono finestre, porte e tutte le aperture che in caso di incendio possono effettivamente risultare aperte. Per le aperture vetrate si considera che, raggiunta una determinata temperatura dei gas, i vetri si rompono: tale temperatura di riferimento dipende dalle caratteristiche dei vetri impiegati. Normalmente la temperatura di rottura dei vetri ordinari è compresa tra 100 e 500°C, in funzione del tipo di vetro, delle modalità di posa in opera, dello spessore, delle dimensioni ecc. Per completezza la verifica dovrà essere condotta con condizioni di ventilazione diverse, che contemplino la possibile apertura o chiusura delle varie parti, per determinare le condizioni critiche all’interno del compartimento;
  • Caratteristiche delle pareti del compartimento. Le pareti del compartimento influiscono sullo sviluppo dell’incendio, in quanto scambiano calore con i gas caldi; pertanto, per la corretta definizione dello sviluppo dell’incendio, è necessario conoscere tutte le proprietà termiche delle pareti;
  • Misure attive di lotta all’incendio. La presenza di misure attive di prevenzione degli incendi influisce sulla sicurezza delle persone e sulla velocità di intervento da parte delle squadre di soccorso, per cui nel calcolo del carico di incendio sono inseriti dei coefficienti che permettono di tenere in conto questo fatto. La presenza di sistemi di spegnimento inoltre modifica la curva di rilascio termico relativa all’incendio di progetto; pertanto, in un’analisi completa non può essere trascurata, così come prescritto anche nel D.M. 03/08/2015 (Figura 1).

Una volta individuati gli scenari di incendio di progetto, deve essere condotta un’analisi strutturale dell’edificio che tenga conto delle azioni meccaniche con la combinazione dei carichi per la situazione eccezionale di incendio e le azioni termiche dovute all’incendio. Normalmente quando viene svolta una verifica strutturale con approccio prestazionale è richiesta la verifica in accordo al livello di prestazione fissato, ma in genere essa viene effettuata per tutta la durata dell’incendio, compresa la fase di raffreddamento. Una volta analizzati gli scenari di incendio, è necessario dimostrare che questi scenari sono rappresentativi dei fenomeni che si possono verificare nell’edificio e che comprendono quelli più critici per esso.

Sviluppo dell'incendio: curve di incendio naturali

Al contrario di quanto avviene per l’approccio prescrittivo, l’applicazione dell’approccio prestazionale prevede che vengano individuati gli scenari di incendio possibili all’interno del compartimento. Ai sensi del D.M. 03/08/2015 per “scenario di incendio” deve intendersi la “descrizione completa ed univoca dell’evoluzione dell’incendio in relazione ai suoi tre aspetti fondamentali: focolare, attività ed occupanti”.

Gli scenari di incendio rappresentano la schematizzazione degli eventi che possono ragionevolmente verificarsi. Le curve di incendio che si ottengono per i vari scenari presentano un andamento caratteristico, individuato dalle seguenti fasi (Figura 2):

  • fase di innesco: in questa fase le temperature sono molto basse e le fiamme sono molto ridotte. La durata della fase non è facilmente individuabile;
  • fase di accrescimento o pre-flashover: riguarda la fase di propagazione dell’incendio fino al flashover in cui le fiamme si sviluppano in tutto il compartimento. La durata di questa fase dipende principalmente dalle caratteristiche del compartimento e dei materiali combustibili;
  • flashover: è il momento di passaggio da un incendio localizzato ad uno generalizzato, quando la temperatura dei gas all’interno del compartimento è sufficientemente elevata. La sua durata dipende dalle condizioni di ventilazione e dal carico di incendio;
  • fase di pieno sviluppo o post-flashover: questa fase corrisponde a un fuoco generalizzato e la durata dipende dal carico di incendio e dalla ventilazione. In questa fase il tasso di combustione è relativamente stabile;
  • fase di spegnimento: le fiamme cominciano a ridursi fino a quando tutto il combustibile è completamente bruciato.
Figura 2: Curva di incendio naturale

Figura 2: Curva di incendio naturale

La corretta individuazione degli scenari di incendio costituisce la fase centrale nell’ambito del processo di progettazione prestazionale e pertanto è quanto mai opportuno che la loro definizione sia condivisa in fase preventiva da parte dell’organo di controllo VVF, per quanto detto prima.

Modelli di incendio

L’Eurocodice EN1991-1-2, ad esempio, individua i seguenti modelli:

  • modelli semplici, costituiti dagli incendi parametrici;
  • i modelli a zona, che, schematizzando il fenomeno in forme appropriate, permettono di prendere in considerazione tutti i principali parametri che influenzano l’incendio; programmi di calcolo che consentono di effettuare modellazioni di questo tipo sono, ad esempio, OZone (scaricabile gratuitamente al link http://sections.arcelormittal.com/download-center/design-software/fire-calculations.html) oppure CFAST (scaricabile gratuitamente al link https://pages.nist.gov/cfast/downloads.html);
  • i modelli di campo, piuttosto complessi, che consentono la trattazione completa del fenomeno anche nel caso di particolari geometrie dell’edificio (Figura 3; uno dei programmi di calcolo che consente di effettuare modellazioni di questo tipo è, ad esempio, FDS-SMV (scaricabile gratuitamente al link https://pages.nist.gov/fds-smv/downloads.html).

A questi modelli generali deve essere aggiunta la procedura di calcolo per la trattazione degli incendi localizzati, mediante la quale è possibile individuare il flusso termico sulle strutture in presenza di un incendio il cui sviluppo è di tipo pre-flashover (ad esempio i metodi di Hasemi ed Heskestad contemplati all’annesso C del EN 1991-1-2).

Figura 3: Esempio di analisi fluido-dinamica

Figura 3: Esempio di analisi fluido-dinamica

Determinazione delle azioni termiche sugli elementi strutturali: la risposta termica della struttura

Quando la struttura portante di un edificio si trova in condizioni di incendio è soggetta ad azioni sia di tipo meccanico che di tipo termico. Le azioni termiche sono dovute all’incremento della temperatura dei gas conseguente all’evoluzione dell’incendio e sono determinate dalle condizioni in cui avviene il trasferimento di calore sulle superfici degli elementi strutturali. Il risultato di questo fenomeno, detto risposta termica della struttura, in generale porta ad una dilatazione degli elementi e ad una riduzione delle loro proprietà meccaniche nelle zone in cui si verifica il riscaldamento, nonché a grandi spostamenti. I metodi di calcolo previsti dalle normative vigenti per la determinazione della risposta termica di una struttura di acciaio o composta acciaio-calcestruzzo possono essere distinti in:

  • modelli di calcolo semplificato;
  • modelli di calcolo avanzato.

Generalmente, quando si adotta un approccio di tipo prestazionale, si fa ricorso a metodi di calcolo avanzati, che richiedono la modellazione dell’intera struttura o di sottostrutture significative.

Analisi termiche

Analisi termiche

Determinazione della resistenza al fuoco: la risposta meccanica della struttura

Come già detto, in condizioni di incendio, la struttura portante di un edificio è soggetta ad azioni sia di tipo meccanico che di tipo termico. Le azioni meccaniche sono dovute alla presenza dei carichi permanenti e a quella degli altri carichi variabili che agiscono sulla struttura al momento della crisi determinata dall’incendio. A seconda degli schemi statici con cui la struttura è realizzata, la dilatazione termica che insorge per effetto dell’incendio può essere contrastata determinando così sforzi termici indotti non presenti nella struttura nelle condizioni di servizio in cui l’incendio non è presente. Questi sforzi, in combinazione con le azioni meccaniche, determinano uno stato di deformazione della struttura che, in alcuni casi, o in alcune parti, può portarla al collasso. L’analisi di questo fenomeno, detto risposta meccanica della struttura, ci consente di individuare il parametro che più interessa di una struttura in condizioni di incendio, ossia la sua resistenza al fuoco.

Deformata tipo di una struttura sotto incendio

Deformata tipo di una struttura sotto incendio

Calcolo delle vie di esodo

A differenza di quanto visto per le regole tecniche di tipo prescrittivo, nell’ingegneria antincendio si prendono in esame direttamente i tempi di evacuazione (D.M. 03/08/2015).

Criteri di calcolo delle vie di esodo

Criteri di calcolo delle vie di esodo

In particolare, viene posta la condizione che la durata dell’evacuazione completa di un edificio o di una parte di esso attraverso un sistema di vie di esodo deve essere inferiore al tempo massimo ammissibile, corrispondente alla durata critica dell’incendio (ASET – Available Safe Escape Time) che si ricava dalla modellazione dell’incendio nel rispetto di limiti di sostenibilità ambientale per visibilità ridotta dai fumi, dosi e concentrazioni di gas tossici e novici e/o calore prodotti. Nei metodi complessi viene imposta la condizione: ASET – RSET ≤ tmarg

Il tempo di evacuazione teorico (RSET – Required Safe Escape Time) rappresenta il tempo che impiegano le persone per allontanarsi in sicurezza fino al luogo sicuro.

Le valutazioni dei tempi caratteristici avviene tipicamente attraverso vari codici di simulazione attualmente disponibili in letteratura, in grado di caratterizzare sia il comportamento delle persone e sia i tempi di ritardo e di allarme. Parte di essi possono anche ricevere come dati di input i risultati ottenuti da codici per la fase descritta in precedenza della modellazione dell’incendio (livelli di temperatura, concentrazione di fumi, ecc.).

04. Protettivi antincendio per le strutture in acciaio e loro progettazione

La verifica dei requisiti di resistenza al fuoco delle strutture è resa obbligatoria al fine di garantire, in condizioni di incendio, la sicurezza degli  occupanti e delle squadre di soccorso nonché un limitato danneggiamento strutturale ove e quando richiesto. I continui aggiornamenti normativi testimoniano l’elevato impatto sociale del tema della sicurezza in condizioni d’incendio delle strutture di nuova progettazione e di quelle esistenti, sia a destinazione industriale e commerciale che ad uso civile.
Infatti, in caso di incendio, i materiali strutturali subiscono un degrado delle proprietà meccaniche (resistenza e rigidezza) per effetto delle alte temperature, con conseguente diminuzione di capacità portante rispetto alle condizioni ordinarie.
In particolare, per le strutture in acciaio, tale diminuzione di rigidezza e resistenza è particolarmente repentina e può causare notevoli deformazioni, a seconda anche dei carichi applicati e delle condizioni di vincolo. L’aumento delle temperature nell’elemento di acciaio dipende dall’intensità e dalla tipologia di incendio, nonché dall’area di acciaio direttamente esposta al fuoco. Le strutture non protette tendono ad avere scarso rendimento negli incendi, anche perché gli elementi in acciaio sono solitamente molto sottili e l’acciaio ha una conducibilità termica elevata rispetto alla maggior parte degli altri materiali strutturali.
Tuttavia, così come numerose prove sperimentali dimostrano, le strutture in acciaio, se ben progettate, possono resistere ad incendi anche di notevole intensità termica senza collassare, ma in molti casi vengono utilizzati sistemi di protezione passiva per proteggere la struttura dalle alte temperature.

Si descrivono nel seguito le tipologie di protezione passiva usate per le strutture in acciaio e le modalità di calcolo delle stesse.

I sistemi di protezione passiva

I sistemi di protezione passiva dal fuoco vengono spesso applicati alle strutture in acciaio per limitare l’incremento di temperatura raggiunta dall’acciaio durante un incendio, grazie alla loro ridotta conducibilità termica e/o funzionando come elementi di compartimentazione verticale e orizzontale, consentendo un conseguente aumento del tempo di resistenza al fuoco degli elementi strutturali.
L’adozione di sistemi di protezione passiva per le strutture di acciaio è spesso necessaria quando si eseguono le verifiche con l’approccio prescrittivo ai sensi delle regole tecniche emanate per le varie attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco. Applicando l’approccio prestazionale, invece, basato sulla definizione realistica del modello di incendio, relativo all’effettivo carico di incendio, e su una modellazione strutturale avanzata, capace di considerare anche la ridistribuzione delle sollecitazioni consentita dalla duttilità delle strutture metalliche, si possono valutare le prestazioni senza l’utilizzo di protettivi.
I più comuni sistemi di protezione passiva di elementi strutturali di acciaio sono riconducibili alle seguenti due famiglie principali: a) schermi o membrane; b) rivestimenti. Più nello specifico gli schermi (Figura 4) si dividono in base all’orientamento: membrane orizzontali o controsoffitti; membrane verticali o schermi. I rivestimenti (Figura 5), invece, vengono suddivisi in base alle tipologie applicative: intonaco a spruzzo; lastre in calcio-silicato (carter); vernici intumescenti.

Figura 4: membrane per la protezione passiva

Figura 4: membrane per la protezione passiva

Figura 5: rivestimenti per la protezione passiva

Figura 5: rivestimenti per la protezione passiva

Affinché un sistema protettivo possa essere impiegato per la protezione dal fuoco delle strutture, è necessario che esso sia “certificato” mediante una campagna di prove sperimentali, capace di verificarne l’efficacia in condizioni di incendio. Quest’ultima è fortemente dipendente dalle sue caratteristiche termiche alle alte temperature, oltre che, nel caso di profili di acciaio, dalle sue capacità di aderenza al profilo sotto carico, per la specifica durata di esposizione al fuoco, soprattutto se si tratta di vernici intumescenti.
A seguito della direttiva 89/106/CEE, aggiornata con il Regolamento (UE) n. 305/2011, sono state concordate e armonizzate tra i Paesi membri della Comunità Europea le metodologie di prova sperimentale, con i relativi metodi di valutazione dei risultati, per la qualificazione dei sistemi protettivi, al fine di poter determinare il loro contributo alla resistenza al fuoco degli elementi di acciaio.
I test vengono eseguiti in forno attraverso procedure standardizzate con curve di incendio di tipo nominale e dai risultati delle prove sperimentali vengono estrapolate tutte le informazioni necessarie per l’estensione dei risultati ai casi reali, contenute nei rapporti di valutazione emessi ai sensi della serie di norme EN 13381. In questa fase vengono calcolate anche le caratteristiche termiche del protettivo che consentono l’applicazione di modelli di calcolo avanzati per la valutazione della resistenza al fuoco di elementi strutturali protetti. Infatti, l’analisi termica di un elemento strutturale può essere condotta solo se si conoscono le caratteristiche termiche dei materiali che lo costituiscono, ivi compresi i protettivi, se presenti; tali caratteristiche devono essere note anche se si vuole effettuare un’analisi termica più semplificata della sezione, in accordo al metodo proposto nell’Eurocodice EN 1993-1-2.
È possibile trovare tutte le caratteristiche termiche del materiale protettivo nel “rapporto di valutazione”, inserire virgola predisposto e messo a disposizione dal produttore e parte integrante della documentazione necessaria alla certificazione delle proprietà del protettivo (su modello DIC.PROD) applicato sull’elemento strutturale e delle prestazioni del sistema composto dall’elemento strutturale e dal protettivo (su modello CERT.REI).

Edifici di nuova progettazione

Come è noto, la condizione di collasso dell’elemento strutturale si raggiunge quando la resistenza a caldo, che decresce con l’aumentare della temperatura, è uguale all’effetto corrispondente alle azioni (Figura 6). Una volta determinata la temperatura dell’elemento strutturale in acciaio, è necessario calcolare la temperatura critica, in corrispondenza della quale si verifica la condizione di collasso. Ciò è chiaramente applicabile solo a quegli elementi caratterizzati da una distribuzione uniforme della temperatura al loro interno, condizione che, per gli elementi in acciaio, risulta particolarmente veritiera, essendo da un lato le sezioni particolarmente sottili, dall’altro la conducibilità termica particolarmente elevata.

Figura 6: verifica di sicurezza nel caso di esposizione alla curva standard

Figura 6: verifica di sicurezza nel caso di esposizione alla curva standard

Pertanto, lo scopo dei materiali protettivi è proprio quello di abbattere la temperatura all’interno del profilo in acciaio (Figura 7), in modo da ridurne, complessivamente, la probabilità di collasso in caso di incendio. La Figura 7 mostra chiaramente che, nel caso di una colonna protetta ed esposta su quattro lati, a parità di tipologia di protettivo, all’aumentare del suo spessore, le temperature all’interno della sezione in acciaio si abbattono maggiormente.

Figura 7: risultati di una analisi FEM di una colonna protetta in acciaio

Figura 7: risultati di una analisi FEM di una colonna protetta in acciaio

Si riassumono nel seguito i passi da seguire per progettare un elemento in acciaio protetto da uno dei protettivi sopra elencati esclusivamente secondo l’approccio prescrittivo, come chiarito anche dalla nota DCPREV n. 9962 del 24/07/2020 emessa dal CNVVF.

Figura 8: progettazione di un protettivo

Figura 8: progettazione di un protettivo

La Figura 8 mostra che, ricorrendo ad una progettazione di tipo prescrittivo, l’iter progettuale è molto semplice ed immediato, in quanto basta attenersi alle indicazioni fornite nei rapporti di valutazione, forniti dal produttore; nel caso in cui non si rientra nel campo di diretta applicazione del risultato di prova, sarà necessario effettuare un calcolo analitico, verificando l’efficacia del protettivo.
Nell’ambito dell’approccio prescrittivo è possibile adottare, come strumento di progettazione del protettivo, il nomogramma; infatti, fissati l’elemento strutturale da proteggere (fattore di utilizzazione e fattore di sezione), la tipologia di protettivo e la resistenza al fuoco da garantire, è possibile ottenere lo spessore di protettivo necessario; si precisa che tale procedura non è valida per i protettivi reattivi quali vernici intumescenti.
Tuttavia, per le vernici intumescenti è possibile, avendo a disposizione i risultati delle prove di certificazione (forniti dal produttore nei rapporti di valutazione), calibrare una conducibilità termica equivalente del protettivo:

Tale conducibilità termica può essere sfruttata nei calcoli analitici per la modellazione dell’elemento protetto.

Ad oggi non è possibile adottare un approccio di tipo prestazionale, sebbene ci siano molte ricerche in corso in ambito universitario ed industriale, per cui è lecito sperare che, prima o poi, si troverà una metodologia che sarà applicabile con adeguato livello di sicurezza.

Figura 9: effetto del protettivo su una struttura

Figura 9: effetto del protettivo su una struttura

La Figura 9 mostra come, all’aumentare dello spessore di protettivo applicato alla struttura (in questo caso si tratta di una struttura in acciaio protetta con vernice intumescente), aumenta il tempo di collasso della stessa esposta all’incendio nominale, passando da 22 min (assenza di protettivo) a 79 min (con 1200 μm di vernice intumescente).

Edifici esistenti

Per la valutazione della vulnerabilità all’incendio degli edifici esistenti, per i quali non esiste al momento una definizione unificata dell’approccio e delle procedure da utilizzare, è possibile far riferimento ai metodi già previsti nei codici per gli edifici nuovi (metodi prescrittivo e prestazionale). La scelta del metodo di verifica influisce sul livello di conoscenza delle caratteristiche geometriche e delle proprietà termo-meccaniche dei materiali costituenti la struttura in esame. Quindi, c’è una forte correlazione tra il metodo di verifica e l’entità delle informazioni che è necessario ottenere dalla documentazione cartacea e digitale di progetto, certificazione e manutenzione, ovvero dai risultati di prove in situ e/o in laboratorio. A metodi prescrittivi può corrispondere un livello di approfondimento inferiore rispetto ai metodi prestazionali, sebbene ciò non sia vero per strutture in acciaio e composte acciaio calcestruzzo, per le quali è obbligatorio ricorrere ai metodi analitici di calcolo.
Per le analisi di valutazione della resistenza al fuoco, così come per le analisi di valutazione della capacità sismica, è necessario caratterizzare i materiali strutturali, ovvero l’acciaio da carpenteria metallica, il calcestruzzo che spesso coadiuva l’acciaio strutturale nei sistemi composti e non, e le armature generalmente presenti nel calcestruzzo stesso. In aggiunta, è necessario caratterizzare dal punto di vista termo-meccanico i materiali strutturali e definire la presenza e l’efficacia degli eventuali sistemi di protezione antincendio presenti, siano essi di tipo reattivo o passivo.
Le NTC 2018 e la Circolare consentono di svolgere un’analisi semplificata se si conoscono i dettagli strutturali: qualora essi fossero incompleti, è necessario integrarli con limitate verifiche in situ (per limitate si intende almeno il 15% degli elementi). Se invece sono a disposizione tutti i dettagli costruttivi, basta un rilievo visivo a campione per verificarne la compatibilità.
Nel caso di un’analisi avanzata è ovviamente necessario avere una conoscenza più completa della struttura. Se sono disponibili i dettagli strutturali in modo completo è sufficiente svolgere limitate verifiche in situ (per limitate si intende che la geometria e le caratteristiche dei collegamenti siano verificate per almeno il 15% degli elementi). In caso contrario è necessario svolgere estese verifiche in situ (per estese si intende un limite inferiore pari al 35% degli elementi).
Per le proprietà meccaniche dei materiali costruttivi si può fare riferimento alle specifiche originali di progetto e ai certificati di prova originali integrate con limitate prove in situ (1 provino di acciaio per piano dell’edificio, 1 campione di bullone o chiodo per piano dell’edificio, 1 prova distruttiva o non per il calcestruzzo). In assenza di certificazioni, è necessario svolgere estese prove in situ (2 provini di acciaio per piano dell’edificio, 2 campioni di bullone o chiodo per piano dell’edificio, 2 prova distruttive o non per il calcestruzzo).
Per le proprietà termo-meccaniche dei materiali strutturali si può fare riferimento a documenti di comprovata validità (ad esempio, gli Eurocodici strutturali), ovvero ai risultati di esaustive prove in situ e/o di laboratorio nel caso di materiali non classificabili all’interno di quelli standard.
Le percentuali di elementi da verificare ed il numero di provini da estrarre e sottoporre a prove di resistenza riportati hanno valore indicativo e vanno adattati ai singoli casi, tenendo conto di alcuni aspetti già contemplati dalle normative antisismiche. In particolare, nel controllo del raggiungimento delle percentuali di elementi indagati ai fini del rilievo dei dettagli costruttivi si può tener conto delle eventuali situazioni ripetitive. È, quindi, possibile estendere ad una più ampia percentuale i controlli effettuati su alcuni elementi strutturali facenti parte di una serie con evidenti caratteristiche di ripetibilità, per uguale geometria e ruolo nello schema strutturale.
Ai fini delle prove sui materiali costruttivi e sui protettivi è consentito sostituire alcune prove distruttive, non più del 50%, con un più ampio numero, almeno il triplo, di prove non distruttive, singole o combinate, tarate su quelle distruttive.
Per i protettivi (controsoffitti, schermi, intonaci a spruzzo, lastre antincendio, vernici intumescenti) è necessario verificare sia la congruenza con le indicazioni progettuali sia lo stato di conservazione, al fine di valutarne preliminarmente l’efficacia.

La tabella 1 mostra la corrispondenza tra il metodo di analisi e le informazioni necessarie sulla struttura esistente, ovvero geometria, dettagli costruttivi, proprietà dei materiali e proprietà dei sistemi di protezione.

Tabella 1: definizione della geometria e caratterizzazione dei materiali

Tabella 1: definizione della geometria e caratterizzazione dei materiali

In assenza di certificazioni dei materiali, si rende necessaria la completa caratterizzazione del protettivo, che varia per ciascuna tipologia.
In caso di sistemi protettivi antincendio in controsoffitti, schermi e lastre, è necessario eseguire:

  • misure di spessore (in situ);
  • caratterizzazione di densità, conducibilità, calore specifico (in situ e/o in laboratorio);
  • prove di resistenza al fuoco su campioni prelevati dalla struttura esistente (in laboratorio).

Talvolta i sistemi di protezione dal fuoco possono prevedere collegamenti e giunti; in tal caso, laddove è necessario, bisogna prevedere anche specifici test sulle singole parti o sull’intero sistema protettivo.

Per i sistemi isolanti costituiti da intonaci a spruzzo è necessario svolgere:

  • misure di spessore (in situ);
  • misure dell’adesione/coesione (in laboratorio ed in situ);
  • caratterizzazione di densità, conducibilità, calore specifico (in situ e/o in laboratorio);
  • caratterizzazione in forno di campioni prelevati dalla struttura esistente (in laboratorio);
  • prove di resistenza al fuoco su elementi strutturali prelevati dalla struttura esistente (in laboratorio).

Anche in questo caso è possibile prevedere la verifica di accessori di montaggio ed eventuali trattamenti di finitura applicati, in accordo alla norma UNI 10898-3.

Nel caso di vernici intumescenti, è necessario prevedere:

  • misure di spessore (in situ);
  • misure dell’adesione (in laboratorio ed in situ);
  • caratterizzazione in forno di campioni prelevati dalla struttura esistente con curve ISO834 e smouldering (in laboratorio);
  • prove di resistenza al fuoco su elementi strutturali prelevati dalla struttura esistente (in laboratorio);
  • valutazione della stickability.

Tra le prove elencate in precedenza, per le prime due si può far riferimento alla procedura di controllo e ai criteri di accettabilità della norma UNI 10898-1,tenendo comunque presente che tale norma riguarda la verifica della corretta posa in opera del prodotto a valle dell’installazione.
Si osserva che, per le prove in forno (che ovviamente devono essere svolte in laboratorio), sorge il problema del prelievo dei campioni, quando si tratta di elementi rappresentativi dal punto di vista strutturale.
È opportuno osservare che la vernice intumescente ha bisogno di essere accuratamente manutenuta nel tempo, attraverso controlli periodici e certificati che ne attestino il mantenimento dell’integrità. In tal caso, quindi, può essere necessario unicamente verificare che essa abbia mantenuto le sue caratteristiche di reattività (rigonfiando con le alte temperature) attraverso una prova in situ con appositi strumenti che consentano di concentrare il calore in una zona circoscritta. In tal senso, la redazione di un protocollo di prova (in situ o in laboratorio) sarebbe auspicabile.

Nel caso in cui si abbiano a disposizione tutte le certificazioni sui protettivi, è possibile utilizzare sia approcci semplificati (metodo tabellare, metodo analitico, metodo sperimentale), che metodi più sofisticati previsti dall’approccio prescrittivo. Se invece non si hanno a disposizione tali certificati, è necessario effettuare delle prove di caratterizzazione. La tabella 2 mostra un quadro sinottico delle tipologie di prove che possono essere condotte per la caratterizzazione di diverse tipologie di protezioni.

Tabella 2: tipologie di prove richieste per la caratterizzazione dei materiali

Tabella 2: tipologie di prove richieste per la caratterizzazione dei materiali

05. Riferimenti utili

Testi normativi

  • EN 1991-1-2 “Azioni sulle strutture – Parte 1-2: Azioni generali –Azioni sulle strutture esposte al fuoco”.
  • EN 1992-1-2 “Progettazione delle strutture di calcestruzzo – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”.
  • EN 1993-1-2 “Progettazione delle strutture di acciaio – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”.
  • EN 1994-1-2 “Progettazione delle strutture miste acciaio calcestruzzo – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”.
  • EN 1995-1-2 “Progettazione delle strutture di legno – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”.
  • EN 1996-1-2 “Progettazione delle strutture di muratura – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”.
  • EN 1999-1-2 “Progettazione delle strutture di alluminio – Parte 1-2: Regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”.
  • D.M. 03/08/2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.”
  • ISO/TR 13387: Fire safety engineering, 1999.
  • D.M.Int.16/02/2007 Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione, GU n. 74 del 29/03/2007 – Supplemento ordinario n. 87.
  • REGOLAMENTO (UE) N. 305/2011, Il CPR Regolamento Prodotti da Costruzione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011, fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione.D.M.Int. 09/05/2007 “Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio”, GU n. 117 del 22/05/2007.
  • ISO/DS 16732 “Fire safety engineering – Guidance on fire risk assessment”, 2010.
  • D.M.Int. 09/03/2007 Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, GU n. 74 of 29/03/2007.
  • EN 13381-1: 2005 “Metodi di verifica del contributo alla resistenza al fuoco di elementi strutturali. Parte 1: membrane protettive orizzontali”;
  • EN 13381-2: 2002 “Metodi di verifica del contributo alla resistenza al fuoco di elementi strutturali. Parte 2: membrane protettive verticali”;
  • EN 13381-4: 2013 “Metodi di verifica del contributo alla resistenza al fuoco di elementi strutturali. Parte 4: rivestimenti protettivi applicati su strutture in acciaio”.
  • EN 13381-8: 2013 “Metodi di verifica del contributo alla resistenza al fuoco di elementi strutturali. Parte 8: rivestimenti reattivi applicati su strutture in acciaio”.
  • EN 13381-9: 2016 “Metodi di verifica del contributo alla resistenza al fuoco di elementi strutturali. Parte 9: sistemi di protezione al fuoco applicati a travi di acciaio con anima forata”.
  • EN 13381-10: 2020 “Metodi di verifica del contributo alla resistenza al fuoco di elementi strutturali. Parte 10: protezione applicata alle barre di acciaio massiccio in tensione”.
  • UNI 10898 03/10/2007 “Sistemi protettivi antincendio. Modalità di controllo dell’applicazione. Parte 3: Sistemi isolanti spruzzati”.
  • UNI 10898 01/05/2012 “Sistemi protettivi antincendio. Modalità di controllo dell’applicazione. Parte 1: Sistemi intumescenti”.

FAQ - Approfondimenti sulla prevenzione incendi

Le Frequently Asked Question sono presentate in ordine cronologico di pubblicazione.

01. Marzo 2023

44) Le azioni iperstatiche che nascono a causa delle dilatazioni termiche impedite possono essere trascurate?

Se stiamo applicando un approccio di tipo prescrittivo con curva di incendio nominale, possiamo trascurare tali azioni; nel caso in cui applichiamo un approccio di tipo prestazionale, dobbiamo opportunamente tenerne conto, durante tutto il transitorio termico.

43) In cosa si differenziano i modellI di incendio localizzato di Heskestad e di Hasemi?

La definizione dell’azione termica usando incendi localizzati è trattata dall’Appendice C dell’EN 1991-1-2. Questa Appendice fornisce un metodo, basato sul lavoro di Heskestad, per il calcolo della lunghezza della fiamma e delle temperature lungo l’asse dell’incendio quando la fiamma non impatta il soffitto.
Inoltre, è anche presente il modello Hasemi, che permette di determinare il flusso termico all’altezza del soffitto per fiamma impattante. Le correlazioni sono funzione, in particolare, della curva di rilascio termico (RHR) e del diametro dell’incendio, nonché altri parametri.

02. Febbraio 2023

42) Nella valutazione della resistenza al fuoco di un'autorimessa dotata di sistemi sprinkler, quali scenari di incendio è necessario considerare?

Gli scenari di incendio possono far riferimento alle medesime curve RHR, ma ridotte fino al 50% della potenza termica indicata, mantenendo l’analogo andamento temporale, si può trascurare, inoltre, l’effetto di propagazione ad altri veicoli.

41) Quando si utilizza il modo condizionale nel Codice di P.I., come deve comportarsi il progettista?

Nel rimandare al punto G.1.25 per una comprensione più ampia del linguaggio del Codice di P.I., quando si usano i verbi “dovere” e gli avverbi “generalmente” e “di norma”, si descrivono indicazioni non obbligatorie che consentono al progettista di scegliere modalità tecniche diverse da quella indicata nel contesto esaminato; tali modalità diverse devono essere analizzate e descritte nella documentazione progettuale.

40) Adeguate prestazioni di resistenza al fuoco di una struttura sono garanzia anche nei confronti dell'azione accidentale esplosione?

No, sono due azioni dinamiche che generano sollecitazioni completamente differenti, vengono modellate in maniera diversa e richiedono l’utilizzo di modelli di calcolo sofisticati. Pertanto ottime prestazioni di resistenza al fuoco di una struttura non danno alcuna garanzia nei confronti dell’esplosione, ma è necessario condurre una valutazione strutturale specifica.

03. Novembre 2022

39) E' posssibile progettare sistemi di protezione attiva nell'ambito della FSE?

Si, attraverso la valutazione delle dinamiche evolutive dei fumi è possibile individuare gli input necessari per la progettazione dei sistemi di evacuazione di fumo e calore. Inoltre, attraverso simulazioni fluidodinamiche avanzate, è possibile anche modellare direttamente questi sistemi per comprendere il loro effetto sull’evoluzione dell’incendio.

38) Dalla modellazione dell'incendio nell'ambito dell'applicazione dell'approccio ingegneristico (FSE) è possibile ottenere informazioni sui tempi di esodo?

Si, è possibile calcolare esattamente i tempi disponibili per evacuare un edificio, monitorando lungo le vie di fuga i parametri vitali. Si definiscono poi i valori caratteristici di ASET (Available Safe Escape Time) da confrontare con il tempo necessario all’esodo (RSET = Required Safe Escape Time)

37) Tutte le attività hanno bisogno del parere di conformità da parte del comando dei VVF?

No, Le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi vengono distinte in tre categorie per le quali è prevista una disciplina differenziata in relazione al rischio. Attività a basso rischio (categoria A) si elimina il parere preventivo ed è sufficiente presentare la SCIA. Attività a medio (CATEGORIA B) ed elevato (CATEGORIA C) rischio : è necessaria la valutazione di conformità dei progetti ai criteri di sicurezza antincendio da ottenere entro 60 giorni, per poi procedere con la SCIA per inizio attività. I controlli successivi sono definiti in base al rischio: Controlli mirati a e campione per basso e medio rischio. Controlli a tutte le attività ad alto rischio.

36) Cosa si intende per effettive condizioni d'uso finali quando si parla di prodotti con prestazioni di reazione al fuoco?

In estrema sintesi si evidenzia che le condizioni di posa e di esposizione di un prodotto da costruzione con prestazioni di reazione al fuoco devono essere sostanzialmente le medesime indicate in un rapporto di classificazione. Ad esempio un prodotto classificato per utilizzo a pavimento non può essere installato a parete o soffitto, oppure un prodotto non può essere posato in opera in modalità difformi da quelle indicate nel rapporto di classificazione.

35) Quando viene utilizzato il modo condizionale nel Codice di P.I., l'indicazione fornita in che modo va intesa?

Come chiarito al punto G.1.25 comma 3 del Codice di PI, “si descrivono indicazioni non obbligatorie che consentono al progettista di scegliere modalità tecniche diverse da quella indicata nel contesto esaminato; tali modalità diverse devono essere analizzate e descritte nella documentazione progettuale”.

34) Esiste una normativa di riferimento per la progettazione strutturale antincendio di ponti in acciaio e composti acciaio-cls?

Al momento in Italia non esiste alcuna normativa, né linea guida su questo argomento, ma tuttavia ci sono attività di ricerca che stanno sviluppando questa problematica.

33) Con riferimento all'applicazione della FSE, esiste un modello di incendio localizzato che consente il calcolo della temperartura lungo le colonne?

LOCAFI è un metodo per determinare la temperatura di una colonna soggetta a un incendio localizzato o più incendi localizzati ed il concetto chiave consiste nel discretizzare l’incendio in una fiamma virtuale solida, che, in un’approssimazione semplificata, è costituita da cilindri e corone circolari, mentre in una modellazione avanzata è costituita da una forma liscia. Per i dettagli consultare il seguente link. (https://www.promozioneacciaio.it/cms/it7321-approccio-ingegneristico-per-la-sicurezza-strutturale-antincendio-incendi-localizzati-e-il-metodo-locafi.asp)

04. Agosto 2022

32) Con riferimento al Codice di PI, che differenza c'è tra le definizioni del punto G.1.8 relative alla compartimentazione e quelle specifiche riportate in S.3?

Le definizioni del punto G.1.8 sono generali nell’ambito dell’applicazione del Codice di PI, mentre quelle di S.3 sono relative alle soluzioni progettuali conformi che soddisfano le prestazioni richieste.

31) Con riferimento al Codice di PI, che differenza c'è tra filtro e filtro a prova di fumo?

Il filtro è un compartimento antincendio di classe minima pari a 30, con carico d’incendio specifico qf<50 MJ/mq, senza sostanze pericolose e privo di lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio e con porte E30-Sa, mentre il filtro a prova di fumo è un filtro avente anche i requisiti di compartimento a prova di fumo e in cui è sufficiente avere porte almeno EI 30.

30) Nell'ambito della RTV sulle autorimesse, è possibile adottare scenari differenti da quelli indicati?

Certo, è possibile farlo, infatti il progettista è tenuto ad individuare gli scenari che meglo descrivono i potenziali incendi reali, basando gli input termici, sempre su documenti di comprovata validità nazionale o internazionale.

29) E' possibile ricorrere ad una modellazione avanzata delle proprietà termiche delle vernici intumescenti per la protezione al fuoco delle strutture in acciaio?

E’ possibile farlo, utilizzando gli approcci proposti nella UNI EN 13381-8, ammesso che la curva di incendio in questione sia la curva standard ISO834, in quanto i test sperimentali sono condotti con tali curva.

05. Giugno 2022

28) La distanza di separazione di cui al cap. S.3 del Codice di P.I. può essere sempre valutata con la procedura tabellare?

In realtà, qualora i varchi da cui esce la fiamma siano più alti di 3 m, la procedura tabellare porterebbe a soluzioni meno conservative rispetto a quella analitica, da cui deriva; ciò è dovuto al fatto che le tabelle S.3-10 e S.3-11 sono state ricavate ponendo df pari a 2 m. Pertanto, per altezze dei varchi superiori a 3 m (e quindi df superiore a 2 m), è necessario valutare la distanza di separazione con la procedura tabellare.

27) E' necessario progettare la sicurezza antincendio delle facciate di edifici civili con il Codice di P.I.?

Sì, è previsto dai ptt. S.1.7, S.3.5.6 e S.3.7.3; inoltre, dal prossimo 7 luglio, sarà applicabile la nuova RTV V.13.

06. Maggio 2022

26) Per la reazione al fuoco è possibile adottare soluzioni alternative senza ricorrere alla FSE?

Sì, ad esempio, è possibile testare le prestazioni dei prodotti ai sensi dell’art. 10 del D.M. 26/06/1984, secondo le procedure di prova più idonee.

25) La nuova RTV V.13 si applica agli edifici di civile abitazione?

Al momento non è cogente per gli edifici di civile abitazione con altezza antincendi superiore a 24 m, in quanto gli stessi non rientrano nel campo di applicazione del Codice di P.I.; ad oggi si può fare riferimento a tale RTV oppure alla Linea Guida sulle facciate di cui alla nota DCPREV n. 5093 del 15/04/2013.

07. Gennaio 2022

24) Per attività soggette ai controlli del CNVVF per le quali si applica il D.M. 03-08-2015 e s.m.i. (Codice di PI) che rientrano in categoria A è possibile ricorrere a soluzioni alternative in assenza di progetto da presentare al Comando VV.F. competente per territorio?

Certamente è possibile ricorrere alle soluzioni alternative, ma è necessario presentare istanza di deroga, in quanto le soluzioni alternative devono essere sempre valutate dal Comando VV.F. competente per territorio (cfr. punto G.2.6.5.2 del D.M. 03-08-2015 e s.m.i.).

23) Quando è necessario considerare le distribuzioni localizzate ai fini della resistenza al fuoco?

Ogni volta che sono presenti, secondo le indicazioni di cui al punto S.2.5 del D.M. 03-08-2015 e s.m.i. (soluzione conforme) o punto 2 dell’allegato al D.M. 09-03-2007 (approccio prescrittivo) oppure secondo i metodi della FSE quando si ricorre alle soluzioni alternative (D.M. 03-08-2015 e s.m.i.) o approccio prestazionale per altre attività (D.M. 09-05-2007) per determinare il cimento termico sugli elementi che devono possedere prestazioni di resistenza al fuoco.

08. Dicembre 2021

22) Per ottenere una curva di incendio naturale è sempre necessario eseguire analisi termo-fluido dinamiche?

No, le curve di incendio naturali, possono essere ottenute in maniera semplicata attraverso il modello degli incendi parametrici. I modelli di incendio parametrici forniscono un semplice strumento per la modellazione dell’incendio nella fase post-flashover assumendo che la temperatura nel compartimento sia uniforme. Una versione di questo metodo di calcolo è riportato nell’appendice A di EN 1991-1-2.

21) E' sempre obbligatorio ricorrere ai criteri di attribuzione generalmente accettati per individuare il livello di prestazione di resistenza al fuoco di un'opera da costruzione? No, è possibile utilizzare i metodi di progettazione della sicurezza antin

No, è possibile utilizzare i metodi di progettazione della sicurezza antincendio di cui al pt. G.2.7 per verificare il livello di prestazione attribuito al fine di dimostrare il raggiungimento dei pertinenti obiettivi di sicurezza antincendio.

20) Le analisi su singoli elementi possono essere condotte con metodi semplificati, utilizzando incendi naturali come sollecitazione termica?

Di norma le analisi su singoli elementi si utilizzano in soluzione conforme, utilizzando curve nominali come sollecitazione termica, in quanto, in caso di incendi naturali, vanno valutate le sollecitazioni indirette S.2.8.1, salvo i casi in cui è riconoscibile a priori che esse sono trascurabili o favorevoli.

09. Novembre 2021

19) E' vero che la zincatura ha un effetto benefico sulla resistenza al fuoco delle strutture in acciaio?

Si, in particolare la zincatura abbatte l’emissività dell’acciaio e la nuova versione dell’EN1993-1-2 (ancora non approvata) prevede l’uso di un valore di emissività dell’acciao pari a 0.35 per temperature fino a 500°C e di 0.7 per valori di temperatura maggiori di 500°C.

10. Ottobre 2021

18) Ricorrendo all'approccio prestazionale per valutare le prestazioni di resistenza al fuoco di una struttura con livello di prestazione III, la durata dell'incendio può essere pari alla classe di resistenza al fuoco?

No, la classe è definita solo rispetto a un incendio nominale e rappresenta una durata convenzionale che si utilizza solo nell’approccio prescrittivo tradizionale o nelle soluzioni conformi del Codice di P.I. per valutare le prestazioni di resistenza al fuoco. Considerare una durata di un incendio naturale pari alla classe di un compartimento è un errore concettuale molto grave.

17) La durata minima di un incendio naturale nell'approccio ingegneristico finalizzato a valutare le prestazioni di resistenza al fuoco di una struttura è sempre definita secondo quanto previsto al punto M.2.5 del D.M. 03-08-2015 e s.m.i.?

No, dipende dal livello di prestazione e deve essere adeguata in funzione delle rispettive soluzioni alternative. A tal fine si veda quanto chiarito dal CNVVF con la DCPREV 9962 del 24 luglio 2020.

16) E' importante considerare gli incendi localizzati per valutare le prestazioni di resistenza al fuoco di una struttura oppure si può sempre semplificare considerando l'incendio generalizzato?

Gli incendi localizzati vanno sempre considerati quando ci sono distribuzioni non uniformi di materiale combustibile, sia in soluzione conforme che alternativa; gli effetti possono essere localmente più gravosi rispetto a quelli valutati in condizioni generalizzate, per cui qualsiasi assunzione deve essere giustificata e dimostrata. Si veda anche quanto chiarito dal CNVVF con la DCPREV 9962 del 24 luglio 2020.

11. Giugno 2021

15) E' necessario, per le strutture sanitarie, presentare l’attestazione di rinnovo periodico di cui all’art 5 del DPR 151/2011?

Come chiarito nella DCPREV 6413 del 30/04/2021, non è necessario farlo, in quanto la presentazione della SCIA parziale riferita alla fase successiva di adeguamento alla normativa tecnica di prevenzione incendi, di fatti assorbe all’obbligo del rinnovo della scia precedente. È possibile al seguente link scaricare la DCPREV 6413.

14) E' già scaduta la possibilità di adeguare dal punto di vista antincendio le strutture ricettive?

No, il DL Milleproroghe 2021, convertito con Legge 26 febbraio 2021, all’articolo 2 comma 4-octies, ha prorogato al 31 dicembre 2022 il termine per l’adeguamento antincendio di strutture ricettive esistenti con oltre 25 posti letto. Come nel precedente decreto, la proroga è subordinata alla presentazione della Scia parziale, questa volta entro il 30 giugno 2021. Tale Scia dovrà attestare il rispetto di almeno quattro delle seguenti prescrizioni, come disciplinate dalle specifiche regole tecniche:
• resistenza al fuoco delle strutture;
• reazione al fuoco dei materiali;
• compartimentazioni; corridoi;
• scale; ascensori e montacarichi; impianti idrici antincendio;
• vie d’uscita ad uso esclusivo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali;
• vie d’uscita ad uso promiscuo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali; locali adibiti a deposito.

13) Sono presenti linee guida per il calcolo delle prestazioni di ingegneria antincendio?

Si, il CNI ha emanato ha aggiornato il documento contenente le Linea guida per le prestazioni di ingegneria antincendio ed ha elaborato anche il software applicativo per il calcolo automatico del “valore di riferimento”. È possibile scaricare il materiale dal presente link.

12. Aprile 2021

12) Nelle analisi termo-meccaniche avanzate con curve di incendio naturali è possibile modellare la presenza di protettivi passivi?

No, ai sensi della circolare DCPREV 9962 del 24 luglio 2020 non è più possibile in quanto:
– I protettivi sono certificati sperimentalmente con curve ISO834;
– Non è noto il comportamento dei protettivi in fase di raffreddamento.

11) La selezione degli scenari d’incendio di progetto è fortemente influenzata dall’obiettivo che il professionista intende raggiungere in fase di progetto/verifica?

Vero, in funzione dell’obiettivo che il professionista deve raggiungere (ad es. resistenza al fuoco, salvaguardia della vita…) è possibile selezionare gli scenari di incendio più gravosi per quell’obiettivo.

10) Con una modellazione avanzata della struttura, nell’ambito di un approccio prestazionale, è possibile tener conto delle sovra-resistenze della struttura (es. effetto catena) attraverso un’analisi in grandi spostamenti?

Sì, la norma richiede analisi avanzate in un approccio prestazionale, consentendo di considerare le eventuali sovra-resistenze, dimostrate e quantificate opportunamente.

9) Nell’ambito dell’approccio prestazionale, la valutazione della resistenza al fuoco di una struttura può essere effettuata estrapolando sottostrutture significative e tenendo opportunamente in conto delle condizioni al contorno?

Si, la normativa consente analisi di “sottostrutture significative” che possano rappresentare il comportamento dell’intera struttura, riducendo notevolmente l’onere computazionale. È necessario però ripristinare adeguatamente le condizioni al contorno.

13. Febbraio 2021

8) La verifica di resistenza al fuoco delle strutture in acciaio in ambito prestazionale può essere effettuata anche con il metodo del nomogramma?

No, il metodo del nomogramma è basato sulla curva nominale ISO834, pertanto si può usare solo in ambito prescrittivo. Per approfondimenti consultare la sezione NOMOGRAMMA

7) Nell’ambito dell’approccio prestazionale, dopo aver selezionato gli scenari di incendio di progetto è necessario che essi siano “vidimati” dal funzionario dei VVF?

No, nell’ambito del D.M. 3/8/2015, il progettista può non sottoporre ai VVF gli scenari di incendio di progetto, sebbene una condivisioni di tali informazioni con l’organo competente possa sempre utile ai fini della corretta progettazione.

6) Nell’individuazione degli scenari di incendio di progetto per le autorimesse basta considerare solo quelli del D.M. 3/8/2015?

No, quegli scenari vanno contestualizzati nel caso da analizzare e, se necessario, integrati in base al giudizio esperto del progettista.

5) Per la verifica di resistenza al fuoco delle strutture in acciaio in ambito prescrittivo con metodo analitico è necessario prevedere l’uso di modelli numerici particolari?

E’ possibile fare riferimento al metodo semplificato del nomogramma (vedi NOMOGRAMMA), basato sul “metodo della temperatura critica” implementato nell’EN 1993-1-2.

4) Per la verifica di resistenza al fuoco delle strutture con approccio di tipo prestazionale è possibile effettuare anche analisi per singoli elementi?

No, con questo tipo di approccio è possibile valutare la resistenza al fuoco dell’intera struttura o di sottostrutture significative, in modo da non trascurare gli effetti delle dilatazioni termiche impedite. Per approfondimenti consultareil link APPROCCIO PRESTAZIONALE .

3) Nell’ambito del D.M. 3/8/2015 la verifica di resistenza al fuoco delle strutture con approccio prestazionale (soluzione alternativa) viene effettuata anche con la curva ISO834?

No, a differenza delle norme precedenti è possibile effettuare verifiche strutturali solo con le curve di incendio naturali, derivanti dagli scenari di incendio di progetto.

2) Nell’ambito dell’attuale quadro normativo italiano l’approccio prestazionale alla progettazione antincendio può essere usato indipendentemente dalla “deroga”?

Sì, come “metodo alternativo” a quello “conforme” sotto la responsabilità del progettista. Per approfondimenti consultare il seguente link: LA NORMATIVA .

1) In base al D.M. 03-08-2015, le prestazioni di resistenza al fuoco dei prodotti e degli elementi costruttivi possono essere determinate in base a confronti con tabelle, calcoli, prove sperimentali. Per quanto riguarda le prove sperimentali è sempre possibile estendere il certificato di prova?

È possibile farlo nell’ambito di quanto previsto nel rapporto di prova, tuttavia in caso di variazioni del prodotto o dell’elemento costruttivo classificato, non previste dal campo di diretta applicazione del risultato di prova, il produttore è tenuto a predisporre un fascicolo tecnico.

Normativa

Per visualizzare un compendio delle normative relative alla sicurezza incendio visitare il presente link

Articoli tecnico-scientifici di riferimento

01. Articoli tecnici

A questo link è possibile visualizzare un elenco di articoli e pubblicazioni tecniche

Contenuti a cura della Commissione per la Sicurezza delle Costruzioni in Acciaio in Caso di Incendio